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Alla ricerca dell’equilibrio tra pianeta e umanità

Continuare a indagare sul futuro del pianeta. Come giornalisti di Oltremare il nostro obiettivo è analizzare mega-trend, comprendere l’evoluzione storico-culturale di ogni angolo del pianeta, narrare il cambiamento globale, e non più solamente climatico, sempre più rapido e tortuoso. Raccontandolo attraverso scenari, storie e interviste. Spesso cambiando angolo e paradigma narrativo, riportando idee e pensieri illuminanti di personalità eccellenti da ogni parte del globo.

Come il lavoro dell’economista di Oxford, Kate Raworth, che da anni si batte per trovare un modello economico alternativo a quello neoclassico. “Per trasformare la nostra economia dobbiamo ridefinire la sua narrativa e i suoi simboli, tenendo conto sia i confini planetari che quelli sociali”, spiega la Raworth in un’intervista all’autore.

 

 

Nel modello (v. immagine) proposto dalla Raworth nel suo libro Economia della Ciambella (ed. Ambiente, 2017) l’equilibrio economico e sociale si trova al centro di un diagramma a forma di ciambella, dove da un lato ci sono i nove confini planetari proposti dal professore dello Stockholm Resilience Center, Johan Rockström (di cui tre, cambiamenti climatici, ciclo dell’azoto e perdita di biodiversità, già superati) che definiscono “uno spazio operativo sicuro per l’umanità”. Dall’altro si trovano gli indicatori di benessere umano, che vanno soddisfatti senza intaccare in maniera negativa il capitale naturale, ovvero liberta, diritto al cibo, all’acqua, equità sociale e di genere, lavoro, istruzione, sanità. Lo sviluppo sostenibile si trova nello spazio dove questi due limiti si combinano e dove si definisce una zona in cui sia i diritti umani di base sia la sostenibilità ambientale sono rispettati, riconoscendo anche l’esistenza di complesse interazioni dinamiche tra i diversi confini e al loro interno.

Fare sviluppo oggi richiede una complessa conoscenza di queste interazioni, anche partendo dal luogo simbolo dell’umanità, le città, regno assoluto dell’antropizzazione de-naturalizzante, ma anche luogo centrale per la sfida dell’inclusione. Ed è di queste interazioni che su Oltremare cerchiamo di raccontare la storia e le implicazioni attraverso le tante penne che partecipano ad Oltremare.

Come il contributo di Umberto de Giovannangeli che riflette sulla necessità di un ripensamento sulla città, sul rapporto centro-periferia e sulla crescente pressione ambientale dei centri urbani soprattutto nei Paesi dei Sud del mondo, Asia, Africa, dove lo spopolamento delle zone rurali ha determinato un maggiore affollamento nelle città-megalopoli. E nei mesi a venire Oltremare dedicherà grande attenzione a questo tema, analizzando esempi virtuosi di “città nuove”, progetti di cooperazione successo in ambito urbano, dalla tutela ambientale a quella del patrimonio-storico culturale come fonte di lavoro e d’identità. Con reportage da Medellin a L’Havana, da Mogadiscio a Beirut.

Riguardo il tema ambientale, che riveste un peso sempre crescente nel lavoro di tutte le agenzie per lo sviluppo internazionali, si darà attenzione crescente alle risorse naturali, a partire dall’acqua, raccontata questo mese attraverso un’intervista a Benedito Braga, Presidente del Consiglio Mondiale dell’Acqua. Che presenta dati preoccupanti: “attualmente 1,8 miliardi di persone bevono acqua contaminata da feci, rischiando di contrarre colera, dissenteria, tifo e polio. L’acqua impura e la mancanza d’igiene causano 842,000 morti ogni anno”. Mentre numerosi progressi sono stati fatti negli ultimi tempi, rimane urgente aumentare l’impegno dei governi e fomentare l’innovazione. “Serve investire almeno €90 miliardi di dollari ogni anno per raggiungere gli Obiettivi ONU”, continua Braga.

Sui temi sociali, grande rilievo ricopre ancora il tema dell’uguaglianza di genere, raccontato da Gianfranco Belgrano con una serie di ritratti delle donne dei campi di accoglienza in Niger. Come quello di Khadija, che “ha un’età indefinita. Potrebbe avere 20 come 40 anni, ha figli, è analfabeta. Il caso ha voluto che, dopo essere nata nella zona del lago Ciad, insieme alla sua comunità si sia spostata sempre più a ovest, in direzione di Diffa, verso il Niger. Nomadi, in fuga dalla siccità e dalle violenze. Come quelle di Boko Haram, una realtà qui molto vicina”. Il pezzo racconta del progetto a Diffa della ONG Coopi finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che porta assistenza a rifugiati e sfollati, in particolare donne, nella regione del lago Ciad

Infine il tema della pace. Uno sviluppo sostenibile può avvenire solo in una situazione di cooperazione e di armonia, dove gli uomini possano costruire serenamente il proprio futuro. Eppure il pezzo di Vincenzo Giardina racconta una delle tante ferite ancora aperte dalla guerra, portandoci in Somalia. Lo fa illustrando il progetto del memoriale realizzato a Mogadiscio per raccontare le 512 vittime dell’ultimo attentato figlio della guerra civile del 14 ottobre 2017, realizzato da Omar Degan, un architetto italo-somalo nato a Torino 27 anni fa. Una scacchiera di bianco e grigio chiaro che si allunga delineando un percorso nella luce. 512 rettangoli, uno per ciascuna vittima dell’attentato.

Non resta che augurarvi buona lettura a nome di tutti i colleghi che nei prossimi mesi si alterneranno nelle pagine del magazine online, cercando di collegare tutti i punti di questo puzzle planetario, lavorando con l’obiettivo di lungo termine di raggiungere un giorno quell’equilibrio descritto nel suo libro da Kate Raworth.

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