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KENIA: DREAM. In prima linea contro HIV, Tubercolosi e Malaria in Kenya. Insieme è possibile combatterli.

Benjamin, medico del Centro Clinico per la Cura dell’AIDS dell’Ospedale di Chaaria (Kenya), racconta il programma “DREAM”  finanziato dall’Aics e realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio

Camicia bianca, maniche rimboccate e il sorriso rassicurante di un medico giovane, ma con tanta esperienza e abituato a spiegare ai pazienti che l’AIDS è un brutto mostro, ma combatterlo è possibile. Basta avere gli strumenti. Gli occhi del dottor Benjamin Welu brillano di orgoglio e speranza, mentre accoglie i pazienti all’ingresso del Centro Clinico per la Cura dell’AIDS dell’Ospedale di Chaaria, nella regione orientale del Kenya. Il centro è gestito dal programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con la Congregazione del Cottolengo.

La data di nascita professionale di Benjamin coincide con quella del programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio in Kenya. Un percorso lungo 14 anni, che ha permesso di fare prevenzione e fornire cure gratuite a migliaia di pazienti in un totale di 8 strutture sanitarie. Un percorso che non accenna ad arrestarsi grazie agli accordi tra la Comunità di Sant’Egidio, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, AIDS Stiftung e Kindermissionswerk che finanziano il programma.

È il 2005 quando Benjamin, appena uscito dall’università, entra a far parte di DREAM, che proprio in quel momento avviava le attività. Qui decide di fare ancora formazione e di iniziare a lottare contro quella che è ancora una piaga per il suo Paese: l’AIDS. Fin dall’inizio si occupa di cura e terapia dell’HIV, della tubercolosi e di coordinamento del programma. Viene rapidamente promosso e diventa coordinatore clinico. Lui, assieme a molti altri medici e personale sanitario, continua a crescere professionalmente e contribuisce a far crescere DREAM, che da una sola struttura arriva a gestire 8 cliniche con oltre 8 mila pazienti. Oggi Benjamin si occupa di formazione e aggiornamento professionale, ma stavolta a insegnare è lui, e coordina le attività cliniche in tutta la regione orientale del Kenya. E non si ferma qui: è già pronto per un master per affrontare le nuove sfide della gestione dei pazienti sieropositivi.

Per Benjamin, il centro di salute di Chaaria è una delle sue tante case. “Qui abbiamo circa 600 pazienti e portiamo avanti molte attività – spiega mentre si aggira tra le solide mura di una struttura che impressiona per l’ordine e l’impeccabile pulizia – Facciamo terapia e test dell’HIV, curiamo le infezioni opportunistiche legate all’AIDS, garantiamo la terapia antiretrovirale ad adulti, minori e donne in gravidanza. Tutte le cure sono gratuite”.

L’impegno di Benjamin e dei suoi colleghi non si limita alle strutture sanitarie in cui opera. “ Non tutti possono arrivare in ospedale, quindi è l’ospedale che arriva da loro: le nostre strumentazioni ci permettono di fare telemedicina, effettuiamo visite a domicilio, attività psicosociali, programmi contro la malnutrizione. La lotta all’AIDS è anche questo: essere vicini alla comunità”.

C’è una parola che Benjamin continua a ripetere: “retention”. Significa far sì che i pazienti siano aderenti alla terapia e che non abbandonino il programma di cura. I gruppi seguiti con più attenzione sono gli adolescenti e le giovani donne che subiscono maggiormente il peso dello stigma e della discriminazione quando scoprono di essere sieropositivi. Sono previste sessioni di counselling individuale o di gruppo, visite domiciliari, sessioni di educazione sanitaria, sms o telefonate ai pazienti non aderenti per riportarli nel programma. Queste azioni vengono portate avanti da expert client, persone con HIV o HIV/TB adeguatamente formate, in grado di stabilire un rapporto di fiducia più immediato ed efficace con i pazienti.

Tanto è stato fatto in questi 14 anni e tanto ancora si può fare. Il sogno di Benjamin è garantire a tutti i pazienti un alto tasso di soppressione virale, vale a dire impedire la trasmissione del virus. Attualmente il Kenya è all’88 per cento, l’obiettivo è arrivare al 90 per cento nel 2020 e al 95 per cento nel 2022. Per il giovane medico bisogna ampliare i servizi per garantire le cure anche per le malattie non trasmissibili e espandere l’assistenza anche ad altre regioni del Kenya, vista da forte richiesta e la necessità di raggiungere anche chi vive nelle baraccopoli in città e in altre zone non coperte. Senza dimenticare le cure palliative per i pazienti malati di cancro. Una lista dei desideri molto lunga. Così come la lista dei risultati concreti raggiunti fino ad oggi.

* Referente comunicazione del progetto

 

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