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Impegno italiano nella Beirut sconvolta dall’esplosione che prova a rinascere

Dalla prima emergenza al progetto di interventi per salvaguardare uno storico patrimonio architettonico e renderlo volano di sviluppo sostenibile.

Il 4 agosto 2020 alle ore 18.08 è una data che rappresenta un nuovo doloroso spartiacque della storia recente del Libano. Quel giorno al porto di Beirut esplodono, per ragioni ancora sconosciute, 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio stoccate da anni nell’hangar n. 12. La devastante deflagrazione ha causato morte e distruzione di proporzioni inimmaginabili: oltre 7.000 feriti, più di 200 morti e centinaia di migliaia di sfollati.

Gran parte del porto di Beirut, cruciale per le importazioni da cui il Paese dipende per l’80%, è stata distrutta, i quartieri limitrofi sono stati duramente colpiti e sono stati rasi al suolo o danneggiati molti edifici storici, che si erano miracolosamente salvati dai lunghi anni di guerra civile (1975-1990) e dalla speculazione edilizia della ricostruzione. L’esplosione ha anche distrutto parte delle riserve di grano e di medicinali stoccate nei silos e negli hangar del porto e gravemente danneggiato gli ospedali presenti nei quartieri colpiti, già in gravi difficoltà per la gestione della pandemia di Covid-19.

La stima complessiva dei danni ammonta a più di 4 miliardi di dollari. Il dato è fornito dalla Banca Mondiale nel suo rapporto, realizzato in collaborazione con le Nazioni Unite, l’Unione Europea e le istituzioni libanesi. A questa cifra va sommata quella relativa alla perdita stimata per l’economia tra i 3 miliardi e i 3 miliardi e mezzo di dollari, riconducibili in gran parte alle centinaia di attività commerciali distrutte, alla paralisi del mercato immobiliare e del settore edilizio e all’azzeramento della stagione turistica. Tra i settori più colpiti quello alimentare, dei trasporti e dei beni culturali. Per quest’anno e il prossimo si stima che per la ricostruzione dei beni pubblici saranno necessari più di 2 miliardi di dollari.

Di fronte a questa emergenza la sede di Beirut dell’Agenzia italiana per la coooperazione allo sviluppo (Aics) ha rafforzato e rimodulato il suo impegno nel Paese. La risposta immediata si è concretizzata in finanziamenti complessivi per circa 3,2 milioni di Euro erogati alla Croce Rossa libanese, al Comitato Internazionale della Croce Rossa e dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari per attività in risposta alla duplice emergenza, quella del post esplosione e quella dell’epidemia di Covid-19. Contemporaneamente, si distribuiva una parte dei 2.303 pacchi alimentari, finanziati dalla Cooperazione Italiana per circa 650.000 Euro nell’ambito di un’iniziativa del ministero degli Affari sociali, alle vittime dell’esplosione più bisognose di sostegno immediato.

La Croce Rossa libanese al lavoro nel cratere della esplosione

Nei giorni immediatamente successivi all’esplosione l’Aics di Beirut ha avuto modo di apprezzare, attraverso la mobilitazione volontaria di gruppi di giovani e di cooperative, anche i risultati raggiunti dai progetti sviluppati nel corso degli anni. Quarantotto ore dopo il disastro i giovani dei “Consigli municipali dei ragazzi/ragazze” di Rashaya e Ajaltoun, nati da un progetto realizzato con il dicastero degli Affari sociali libanese, sono arrivati nella capitale per aiutare i più disagiati a ripulire le case piene di detriti. Dalla cooperativa ortofrutticola di Ka, risultato di un progetto promosso dalla “Fondazione Giovanni Paolo II” e finanziato dalla Cooperazione Italiana, sono partiti camion carichi di frutta e verdura distribuiti gratuitamente a chi nell’esplosione aveva perso tutto. Intanto dall’Italia sono arrivati nel Paese dei Cedri medici, esperti, container di aiuti sanitari e un intero ospedale da campo a disposizione della popolazione.

Dopo la prima emergenza Aics continua nel suo impegno, anche attraverso la ricognizione di tutte le iniziative in corso per riorientare gli aiuti e garantire la tempestività della risposta ai bisogni. A novembre ha bandito una Call for Proposals di 2 milioni di Euro per progetti realizzati da organizzazioni della società civile in risposta alle conseguenze umanitarie, economiche e sociali dell’esplosione.

I giovani dei Consigli Municipali al lavoro per ripulire Beirut

Si stanno studiando e analizzando scenari di intervento ed elaborando progetti particolarmente significativi per quanto riguarda il recupero del patrimonio storico e culturale di Beirut, seriamente danneggiato dalla deflagrazione. Sul tavolo la riparazione dei danni subiti dal Museo Soursok, la splendida villa in stile liberty libanese che al centro della capitale ospita il Museo comunale di arte contemporanea. Ma anche la riabilitazione dell’area urbana annessa all`antica stazione ferroviaria ad oggi in grave stato di abbandono, con l’obiettivo di renderla uno spazio aperto alla cittadinanza, e il recupero di alcuni edifici storici danneggiati dall’onda d’urto.

Una serie di progetti sul patrimonio culturale quindi, uno dei settori prioritari della nostra presenza in Libano dove la grande esperienza dei tecnici e delle imprese italiane ha permesso di realizzare molti e significativi interventi. In un paese come quello dei Cedri, la difesa del patrimonio culturale ha molti significati: la difesa di un’eredità di tutta l’umanità e la costruzione di possibilità di sviluppo equo e sostenibile, ma soprattutto  la difesa della testimonianza e della possibilità futura di un Paese unito.

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