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Il Ministro della Salute del Mozambico Dott. Armindo Tiago durante una conferenza stampa sul coronavirus. Credits Ministero della Sanita’

Mozambico: il temuto impatto della pandemia

In Mozambico ci sono alcuni fattori che mitigano le aspettative più nefaste, ma il nuovo Coronavirus potrebbe avere un impatto pesante su un sistema già fragile, aggravato dalle condizioni di vulnerabilità della popolazione.


In un momento storico denso e complicato come quello che stiamo attraversando, dove i sistemi sanitari dei paesi più avanzati lottano per non collassare di fronte a un nemico invisibile, dove i paesi europei e non solo dichiarano, uno dopo l’altro, quarantene e lockdown, pur in presenza di solide strutture di governance riconosciute, dall’Africa ci si prepara alla lotta impari contro il coronavirus.
Infatti, se la possibilità di accedere a servizi sanitari di qualità può fare la differenza tra la vita e la morte, se i sistemi di protezione sociale si rivelano preziosissimi per tamponare le difficoltà che derivano e deriveranno dal blocco delle attività economiche, cosa potrebbe comportare una pandemia in Mozambico, dove tutte queste garanzie sono estremamente limitate?

 

Una locandina affissa all interno di un condominio spiega le misure raccomandate in prevenzione al coronavirus. Credits Martina Bolognesi

 

Ci sono fattori che mitigano le più tragiche aspettative: le temperature medie più alte che nella fascia di latitudine in cui il Coronavirus ha avuto maggior espansione e l’età media giovanissima della popolazione mozambicana (45% sotto i 14 anni, 50% sotto i 17 anni) dovrebbero giocare positivamente rispetto alle situazioni osservate in Europa e negli USA. Ma ciò che preoccupa è che il Covid-19 sembra attaccare con più aggressività gli individui con gravi patologie pregresse o con un sistema immunitario fragile. Pertanto la prospettiva è preoccupante per un paese dove il 12,6% degli adulti tra i 15 e i 49 anni convive con Hiv-Aids, la prima causa di morte in Mozambico, ma anche dove sono ancora diffuse (sebbene in recessione) la tubercolosi, la malaria, recentemente di nuovo il colera. A queste si aggiungono le patologie legate alla povertà (insicurezza alimentare, denutrizione, malattie legate a scarse condizioni igieniche) e ai disastri naturali. Il Mozambico infatti è uno dei paesi più vessati dagli effetti del cambiamento climatico (siccità, inondazioni, cicloni), cosa che lo espone periodicamente alle malattie legate all’accesso a fonti idriche non sicure (basti pensare all’esplosione del colera seguita ai due cicloni tropicali che hanno devastato le regioni centrali e settentrionali del Paese nel 2019). Infine, le malattie non trasmissibili (cancro, diabete, ipertensione), in Mozambico come in altri paesi di basso reddito, hanno registrato negli ultimi anni una crescita dei tassi di morbilità e mortalità.
Una seconda sfida riguarda la capacità del sistema sanitario nazionale di fronteggiare gli effetti del virus, una volta che inizi a diffondersi in maniera significativa. Nonostante l’aspettativa di vita sia decisamente migliorata negli ultimi anni, arrivando a 57,6 anni con un balzo in avanti di quasi 10 anni nelle ultime tre decadi, la popolazione può affidarsi ad un sistema sanitario deficitario sotto molti punti di vista, a detta del ministro della Sanità stesso in un recente incontro con alcuni capi missione. Le sfide principali sono da ricondursi alla scarsa disponibilità di risorse interne, infrastrutture inadeguate e carenza di risorse umane qualificate in numero adeguato alla popolazione servita.

Nel 2014, uno studio ha stimato che il 90% dei mozambicani vive a più di un’ora di distanza a piedi dal più vicino centro di assistenza sanitaria di base. Secondo un ulteriore studio recentemente divulgato dall’Istituto nazionale della sanità, in Mozambico ci sarebbe meno di un’unità sanitaria (per l’esattezza, 0,57) ogni 10.000 abitanti; il 19% delle 1.643 unità sanitarie in questione non avrebbe energia elettrica e il 12% non avrebbe neppure accesso all’acqua. Ci sarebbero in media 5 letti di ospedale e 6 professionisti sanitari ogni 10.000 abitanti.
Risulta dunque difficile poter parlare di capacità di reazione sistemica in caso di pandemia, in un contesto dove, pur in presenza di adeguate politiche in materia di salute pubblica, la loro efficacia è seriamente compromessa dalla combinazione di infrastrutture, numero e formazione generale del personale, risorse allocate dal budget statale e rese disponibili dalla comunità dei partner internazionali. Come sottolineato nei recenti incontri di coordinamento , nel caso di un’ eventuale espansione del COVID-19 nelle forme aggressive osservate negli altri paesi, risulterà particolarmente complesso attuare le misure preventive di base applicate nei paesi europei, come il distanziamento sociale, difficile da praticare per chi vive nei sovraffollati insediamenti informali alle periferie delle città (condizione che riguarderebbe l’80% della popolazione urbana in Mozambico), o per coloro che ogni giorno sono costretti ad affidarsi agli stipati mezzi pubblici, o ancora per le famiglie che abitano i campi di accoglienza predisposti dal governo e dalle agenzie delle Nazioni Unite in seguito alle piogge torrenziali che hanno inondato a fine 2019 diverse aree nel nord del Paese, alcune delle quali già devastate dai cicloni di marzo e aprile passati. È anche impensabile mettere in pratica forme di lavoro smart, per coloro che sopravvivono vendendo frutta, ortaggi, e utensili di uso comune sulle strade delle città.

 

Controlli della temperatura agli aeroporti internazionali. Credits Francis Kokoroko

 

Il Ministero della Sanità, anche grazie al supporto dei partner internazionali, tra cui l’Italia, ha fronteggiato le epidemie in modo sempre più efficace nel recente passato, ma è evidente dall’esperienza europea di questa prima parte dell’anno che sarà necessario un rinforzo senza precedenti per affrontare il Coronavirus, viste l’estensione globale, la velocità di propagazione del virus e l’estrema facilità di trasmissione.
Nel momento in cui questo articolo viene scritto (26 marzo), in Mozambico sono stati registrati solo pochissimi (5) casi di Covid-19 – a fronte di una settantina di tamponi effettuati. Secondo il ministero della Sanità, il Paese attualmente avrebbe la capacità di diagnosticare 2mila casi in totale, ma il Governo starebbe studiando con i partner di cooperazione la possibilità di acquisire nuovi tamponi e reagenti. Il Governo stima che necessiterà di circa 700 milioni di dollari (su vari settori), per poter fronteggiare l’emergenza Coronavirus, un budget che andrebbe in larga parte utilizzato per costruire nuovi ospedali e fornire mitigazione degli effetti sui settori economici e sulle famiglie, ma le tempistiche dell’epidemia esigono forse approcci meno convenzionali e più creativi. Un primo piano di contingenza sanitario da 28 milioni di dollari è allo studio di una commissione tecnica di epidemiologi ed altri esperti prima di essere lanciato e se possibile finanziato.
La nostra sede, oltre ad aver adottato le misure preventive raccomandate dalla sede centrale e a seguire da vicino e in stretto contatto con l’Ambasciata l’evolversi della situazione, si è resa immediatamente disponibile insieme agli altri partner del Prosaude, il fondo comune donatori per il sostegno al settore sanitario del Mozambico, a lavorare al Piano di Contingenza e a consentire che una parte delle risorse già destinate al normale funzionamento del settore siano destinate a sostenere il Governo nella sua attuazione.

 

Una veduta aerea del quartiere informale Chamanculo alla perferia di Maputo. Nell area vivono circa 26.000 persone. Credits Martina Bolognesi

 

In un momento in cui a livello globale ogni Paese si sta letteralmente richiudendo in sé stesso, concentrandosi sulle proprie inedite crisi, ci sentiamo di poter dire che non lasceremo il Mozambico da solo a fronteggiare questa nuova minaccia.

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