Niger, un approccio integrato per combattere la violenza di genere

In Niger, il Paese con il più alto tasso di natalità (6,2 bambini per donna) e di prevalenza di matrimoni precoci al mondo (76% delle ragazze si sposano prima dei 18 anni, e 28% prima dei 15 anni), le violenze basate sul genere (Vbg) sono un fenomeno fin troppo comune. Secondo uno studio del 2021 indetto dal ministero della Promozione della donna e della Protezione dell’infanzia, oltre il 38% delle donne nigerine è sopravvissute alla violenza.

Per affrontare questo problema, la strategia messa in campo dal governo e dai partner di sviluppo combina la protezione delle persone sopravvissute alla violenza, la sensibilizzazione delle comunità – a partire dalle donne stesse – sui diritti delle donne, e l’empowerment socio-economico di queste ultime. Tale approccio è sposato dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo Ssviluppo (Aics) nell’ambito del programma “Iniziativa di emergenza a favore delle popolazioni vulnerabili delle regioni di Tahoua e Tillabéry”. In queste regioni, la gestione delle problematiche legate alla violenza di genere è complicata dall’intensificarsi degli episodi di violenza armata e dall’aumento della popolazione sfollata che ha messo a dura prova il sistema sanitario. Secondo una valutazione dei bisogni condotta dalle Organizzazioni della società civile (Osc) di progetto, esistono pochi servizi specializzati nel trattamento sanitario, nelle cure psicosociali e nell’appoggio giuridico alle sopravvissute alla Vbg; il personale medico non è in possesso degli strumenti (kit Pep e altre forniture mediche), né delle competenze per assistere i casi di violenza di genere. Ciò si aggiunge a problemi preesistenti quale la stigmatizzazione delle Vbg e la normalizzazione (radicata nella superstruttura religioso-tradizionale) dei matrimoni precoci e forzati, l’omertà da parte delle sopravvissute stesse, la prevalenza di sistemi extragiudiziali di risoluzione del problema (spesso incarnata in strutture patriarcali quali il capo villaggio o il consiglio degli anziani). Tutto ciò scoraggia le donne sopravvissute alla Vbg a rivolgersi ai centri di salute per chiedere aiuto.

In questo difficile contesto, l’Osc Intersosinsieme a Cisp e Cbm – interviene attraverso una serie di azioni per rafforzare le capacità degli agenti di salute, assistere ai bisogni delle sopravvissute e sensibilizzare le comunità. Il meccanismo di risposta più efficace si è rivelato essere la riabilitazione di spazi sicuri e conviviali, che permettono alle sopravvissute di accedere con sicurezza all’informazione e di sviluppare una rete di supporto per contrastare i meccanismi di esclusione e stigmatizzazione che spesso fanno seguito alle Vbg. “Grazie al lavoro di sensibilizzazione delle comunità e delle donne sopravvissute alla violenza, vediamo che le donne cominciano a prendere coscienza del problema e denunciare i casi di violenza” spiega l’agente di salute Fati Youra Saga. Si tratta di un importante lavoro di squadra, “insieme possiamo salvare delle vite”.

In parallelo, il progetto “Donne in Azione”, implementato da Acra in partenariato con Cisv Onlus e Mooriben, risponde all’aumentata richiesta di accesso al cibo, rafforzando la ownership delle donne nei processi di produzione alimentare. “L’approccio integrato” spiega la nutrizionista di progetto “permette di aumentare l’autonomia delle donne e, al contempo, garantire un’adeguata nutrizione al proprio nucleo famigliare”. Tra le attività, il progetto prevede la distribuzione di kit agricoli composti da materiale per la produzione, sementi e bestiame per 400 donne vulnerabili. Come testimonia una beneficiaria anonima di progetto, “grazie ai kit agricoli distribuiti, possiamo godere dei frutti del nostro lavoro in campagna, in particolare durante le stagioni più difficili”.

Attraverso queste iniziative, la Cooperazione italiana sta aiutando le comunità target e oltre 12.000 donne nella prevenzione delle Vbg, l’assistenza diretta a sopravvissute alla violenze ed il supporto all’empowerment socio-economica di donne vulnerabili.

Crediti: Intersos
Campagna di sensibilizzazione. Crediti: Intersos
Distribuzione di kit agricoli. Crediti: Acra

Online la versione in francese e in arabo delle linee guida sull’Uguaglianza di genere e l’empowerment di donne, ragazze e bambine

Sono online le “Linee guida sull’uguaglianza di genere e l’empowerment di donne, ragazze e bambine” tradotte in francese e arabo.

Come la versione inglese, pubblicata a marzo 2022, così la traduzione lingue in francese e arabo si inserisce nell’ambito delle attività dell’Agenzia italiana per la cooperazione alo sviluppo (Aics) tese a rafforzare la condivisione e la diffusione dei contenuti delle linee guida sia a livello internazionale, con gli altri donatori e con le organizzazioni multilaterali, sia a livello locale, con la popolazione beneficiaria, oltre che con le autorità, comunità e organizzazioni locali che svolgono un ruolo fondamentale nella realizzazione dei progetti.

Il 18 ottobre alla Luiss la presentazione del libro fotografico frutto del progetto The African Youth

Nell'ambito della ventesima edizione della rassegna Ottobre Africano il prossimo 18 ottobre, dalle 17:30, l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) parteciperà presso l'università Luiss di Roma alla presentazione del libro The African Youth, opera dei professionisti dell’associazione culturale Akronos.

The African Youth è un progetto multimediale promosso da Aics e da Enel Foundation che racconta il ruolo chiave dei giovani africani nell’ambito dell’empowerment sociale, educativo ed economico delle comunità africane fino ad arrivare all’impiego delle nuove tecnologie e al ruolo - sempre più centrale - delle donne in ambito economico, politico e sociale con un focus specifico dedicato al clima e all’energia.

Il libro che verrà presentato alla Luiss contiene le immagini del fotografo Riccardo Venturi e i testi del giornalista Lorenzo Colantoni. Oltre al libro, The African Youth comprende una serie di video reportage prodotto da Venturi e Colantoni, insieme ad Arianna Massimi, e già pubblicati su La Repubblica e Internazionale .

Il progetto è il terzo capitolo della serie The African Century, dedicata i fattori di sviluppo che, se attivati, potrebbero garantire il superamento progressivo delle molte barriere sociali e di genere che hanno limitato la crescita del continente africano fino ad oggi. I due capitoli precedenti si focalizzazno rispettivamente sull’energia e l’agricoltura.

L'evento del 18 ottobre si aprirà con un aperitivo di benvenuto e la proiezione del trailer video del progetto. Porteranno i loro saluti il prorettore all’internazionalizzazione della Luiss, Raffaele Marchetti e la vice presidente Associazione Le Réseau, Mehret Tewolde.

Dopodiché, i tre autori di Akronis presenteranno il loro libro fotografico con la moderazione di Emilio Ciarlo, responsabile della Comunicazione e dei rapporti istituzionali di Aics, che stimolerà la discussione. Il panel che seguirà vedrà gli interventi dell'esperto di relazioni internazionali, Jean Léonard Touadi e di Susanna Owsu Twumwah, communication officer& migration and diaspora expert.

I saluti finali saranno affidati, oltre che allo stesso Ciarlo, a Pamela Mkhize, capo delle soulizioni figitali per l'African di Enel Green Power, da Anco Marzio Lenardon, presidente di Export Trading & Cooperation, e dalla vice direttrice di Enel Foundation, Laura Giovannini

A seguire sarà proiettato il cortometraggio Il Moro diretto da Daphne di Cinto. L'intero evento si terrà in italiano e in inglese ed è possibile registrarsi a questo link per partecipare.

Albania, con la “fionda della gentilezza” la cooperazione contrasta la violenza di genere

Il 25 novembre 1960, Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, tre attiviste per i diritti umani, sono state uccise a bastonate e gettate in fondo a un dirupo dalla polizia segreta di Rafael Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana. Dal 1981, gli attivisti per i diritti delle donne hanno osservato il 25 novembre come giornata contro la violenza di genere. Il 20 dicembre 1993, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne con la risoluzione 48/104. Il 7 febbraio 2000, l'Assemblea Generale ha adottato la risoluzione 54/134, che ha designato ufficialmente il 25 novembre come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Con questa risoluzione, governi, organizzazioni internazionali e non governative sono state invitate a unirsi per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema, ogni anno, in questo giorno.

Ora, seguite le date. 1960, tre brutali omicidi. 1981, la società civile inizia a protestare. 1993, le Nazioni Unite adottano una dichiarazione. 2000, le Nazioni Unite adottano una risoluzione. Il 25 novembre 2022, la comunità internazionale di tutto il mondo celebra una nuova Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Ripensate al 25 novembre 1960. Osservate la data sul vostro cellulare. Andiamo, fa gelare il sangue. Ogni singolo giorno dovrebbe essere dichiarato Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.

Di cosa disponiamo realmente per eliminare la violenza?

Certamente la magistratura e le forze di polizia hanno un ruolo importante. E il lavoro che stanno svolgendo in molti Paesi – purtroppo non in tutti – è insostituibile, dal primo intervento alla protezione delle vittime. Le leggi sono diventate più severe. Ma tutto questo interviene dopo la violenza. È necessaria la prevenzione, un cambiamento culturale radicale e sostenibile che si basi su un principio molto semplice: le donne non sono il problema, sono gli uomini il problema.

Può la gentilezza sconfiggere la violenza?

Sembra una domanda ingenua, infantile. No? Riuscite a vederlo il sorriso inquietante sul volto di qualche maschio violento? Io sì. Se guardiamo i telegiornali, sembrerebbe impossibile. La violenza è il marchio della globalizzazione. Ogni campagna di sensibilizzazione rischia di essere trasformata dai dati in uno spettacolo inutile.

Si può sconfiggere la violenza senza l'intervento di una forza più grande? No. Anche Davide aveva almeno una fionda contro Golia. Le leggi, le magistrature e le forze di polizia sono un deterrente serio. Eppure, il gigante della violenza è ancora lì. Appena Golia è sconfitto, un nuovo Golia prende il suo posto. Anno dopo anno, la violenza contro le donne continua a essere un'emergenza mondiale.

Allo stesso tempo, la gentilezza è ancora viva. È la gentilezza dei tanti operatori che lavorano ogni giorno per prevenire gli abusi, prendersi cura delle vittime e contribuire incessantemente al reinserimento sociale ed economico delle donne abusate. È un rifugio di speranza invincibile, da cui prendere esempio. La recente iniziativa di tante donne nel mondo di tagliarsi una ciocca di capelli, in protesta pacifica per l'uccisione di Masha Amini, è un sasso gentile contro la violenza dei poliziotti iraniani. Basta questo? No, non basta. Ma è la strada da seguire. Un impegno per tutti i giorni, non per una volta ogni anno.

La sostenibilità della gentilezza dipende dalla scelta individuale di ognuno. Il ragazzo gentile Davide deve crescere, più alto e più forte di Golia. Uno più uno, persona dopo persona, le comunità possono isolare la violenza e affermare il rispetto dei diritti umani, la convivenza e il dialogo fra singoli e fra Paesi. Ogni iniziativa di cooperazione è un investimento in gentilezza. Più siamo, più cresce il numero delle persone che voltano le spalle alla violenza e all'indifferenza, più si avvicinerà il giorno in cui non dovremo celebrare la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Solo quel giorno il sacrificio di Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal non sarà stato vano. Sembra impossibile. Ma non c'è altra strada percorribile. È l'unica vera fionda che abbiamo: la sostenibilità della gentilezza.

 

Questo articolo, a firma di Ernesto Spinelli, responsabile comunicazione dell’Aics nei Balcani Occidentali è stato pubblicato sul quotidiano albanese Albanian Daily News il 25 novembre 2022 per la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle Dodnne con il titolo he "Slingshot of kindness".

Locandina parte della campagna "I'll be with you" promossa da Aics nei Balcani Occidentali

Locandina parte della campagna "I'll be with you" lanciata a settembre da Aics nei Balcani Occidentali. La campagna mira a promuovere l’impegno italiano di cooperazione nella lotta alla violenza di genere e l’empowerment femminile in tutti i settori della società. In 15 di anni di attività la Cooperazione italiana ha dato sostegno a 3 rifugi contro i maltrattamenti, con 10.000 donne aiutate e 2.500 reinserite con corsi di formazione, nuovi lavori e microimprese.

Aics sostiene la salute dei pazienti ematologici palestinesi con il progetto Haemo Pal

È arrivato in Italia in questi giorni il primo gruppo di personale medico e paramedico palestinese che prenderà parte ai tirocini, previsti dal progetto Haemo Pal, presso tre centri ematologici d'eccellenza per la diagnosi e cura delle malattie congenite della coagulazione (Mec) e delle emoglobinopatie. Haemo Pal è un progetto di cooperazione e solidarietà internazionale di supporto al ministero della Salute palestinese, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) ed eseguito dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso il coordinamento del Centro Nazionale Sangue (Cns).

Si tratta di un progetto triennale del valore di circa 1,8 milioni euro che, oltre alla formazione sanitaria, porterà alla definizione di protocolli diagnostico-terapeutici, all’implementazione di una cartella clinica elettronica per la gestione clinica delle patologie, nonché all’istituzione di un registro nazionale delle malattie ematologiche congenite. Il progetto finanziato da Aics prevede anche il coinvolgimento degli Enti territoriali attraverso la fornitura, da parte delle Regioni italiane, di concentrati di fattori della coagulazione derivati dalla lavorazione del plasma italiano, per un valore commerciale di circa 10,5 milioni di euro e della strumentazione necessaria per l’allestimento dei laboratori dei centri ematologici.

I tre centri italiani individuati per la formazione sono il Centro Mec e coagulopatie dell'Azienda Ospedaliero - Universitaria Policlinico S. Orsola - Malpighi di Bologna, il Centro hub Emofilia e malattie emorragiche congenite dell'Azienda Ospedaliero - Sanitaria di Parma e la S.S.D. Microcitemia, anemie congenite e dismetabolismo del ferro dell'Ente Ospedaliero Ospedali Galliera di Genova.

L’attività formativa coinvolgerà un team di due professionisti, un medico ematologo e un infermiere presso il centro di Bologna e di Genova mentre per il Centro di Parma, al team si aggiungerà anche un tecnico di laboratorio. Il tirocinio fa parte del programma di formazione e di capacity building previsto dal progetto Haemo Pal e ne completa la prima parte, svolta in Palestina nel 2021. Nei prossimi mesi arriverà in Italia per la formazione anche un secondo gruppo di personale medico palestinese.

L’institution building dopo l’Afghanistan, a Diplomacy una tavola rotonda con Aics

Che futuro ci dobbiamo attendere per l’institution building nei Paesi in via di sviluppo, alla luce dello scacco subito dalla comunità internazionale in Afghanistan con la presa di Kabul da parte dei Talebani lo scorso anno? A questa domanda ha provato a rispondere la tavola rotonda intitolata The Future of Institution Building after the Afghan Setback, organizzata all’interno del Festival della Diplomazia – Diplomacy 2022 in corso a Roma, e a cui ha partecipato anche l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).

Emilio Ciarlo, responsabile per le Relazioni esterne e per la comunicazione di Aics, è intervenuto ragionando sui motivi del fallimento del processo di institution building in Afghanistan e su cosa il recente passato ci insegna per progettare il futuro.

L’intervento internazionale è stato troppo poco e troppo tardi, ma soprattutto sbagliato nei modi e nei sistemi. In ogni caso l’Afghanistan è un esempio che ci permette di riflettere su cosa è andato male e su cosa si può migliorare” ha detto Ciarlo. Venendo alle cause dello scacco afghano, secondo il dirigente Aics, questo è stato causato dalla scelta di puntare sulla soluzione di una stabilizzazione militare, unita al problema della corruzione e alle debolezze intrinseche dello Stato.

La tavola rotonda è proseguita con il prezioso contributo dell’ambasciatrice d’Italia per l’Afghanistan, Natalia Quintavalle, collegata da Doha, in Qatar, da dove ora opera la delegazione italiana. Dal suo osservatorio Quintavalle ha illustrato le criticità dell’azione della comunità internazionale nel Paese mediorientale e da dove si può ripartire. La discussione ha accolto poi le opinioni di diversi tra esperti, diplomatici, militari e attivisti, che hanno portato il loro punto di vista sul delicato tema del modello su cui basare le azioni di institution building.

Da parte sua, Ciarlo, ricordando che un modello universale di sviluppo non esiste, ha sottolineato però che questo deve sempre essere calibrato su valori universali, condivisi da tutti i Paesi delle Nazioni Unite. Inoltre, “i tempi dell’institution building non sono quelli di un ciclo politico di una nazione, sono molto più lunghi”, ha osservato. Ciarlo si è poi augurato che la Cooperazione Italiana – che al momento opera da Islamabad, in Pakistan – possa ritornare al più presto con i propri progetti in Afghanistan.

Aics lancia in Kenya un’iniziativa da 1 milione di euro contro la siccità

Nella mattinata del 30 novembre l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e la Contea di West Pokot, in Kenya, hanno dato ufficialmente il via all’iniziativa "Ripristino ambientale nel bacino fluviale del fiume Wei Wei nella torre d’acqua di Cherangani". La cerimonia di lancio si è svolta nel villaggio di Tamkal alla presenza di Giovanni Grandi, titolare della sede Aics di Nairobi, e Robert Komolle, vice governatore della Contea di West Pokot.

Le aree aride e semi aride del Kenya sono profondamente colpite dalla siccità e dagli effetti del cambiamento climatico. La Cooperazione italiana in collaborazione con le autorità nazionali e l’Autorità di sviluppo della Kerio Valley (Kvda) è storicamente impegnata in programmi volti a promuovere l’agricoltura sostenibile e l’irrigazione nell’area semi arida di Sigor: tra il 1986 e il 2019, circa 700 ettari di perimetri irrigui sono stati realizzati attraverso tre diverse iniziative di cooperazione, sia a credito che a dono.

Con un finanziamento di 1 milione di euro, questa nuova iniziativa intende intervenire per il ripristino ambientale delle aree più degradate che si estendono tra il Monte Korellach e il fiume WeiWei attraverso l’introduzione di tecniche di conservazione dei terreni e delle acque, incluse pratiche agricole rigenerative. L’iniziativa è realizzata attraverso Ars Progetti, società di consulenza italiana specializzata nel settore dell’agricoltura, con il supporto del governo della Contea di West Pokot.

Le attività previste includono l’introduzione di strutture di controllo dell’erosione dei suoli, la riabilitazione di calanchi (solchi di erosione), l’introduzione di terrazzamenti e pratiche per la riforestazione. A queste si accompagnano il supporto alle comunità rurali residenti nell’area tramite la promozione di attività generatrici di reddito e il miglioramento dell’accesso all’acqua potabile.

Come ha affermato Giovanni Grandi, titolare di Aics Nairobi, “questa iniziativa rappresenta un passo avanti nella cooperazione tra Italia e Kenya verso la sostenibilità e la resilienza contro il cambiamento climatico. Con oltre 30 anni di esperienza e iniziative nel settore del ripristino ambientale a West Pokot, siamo sicuri che questo contributo migliorerà la situazione socio-economica nella Contea’’.

Da parte sua Robert Komolle, vice Ggvernatore della Contea di West Pokot, ha accolto con entusiasmo la nuova iniziativa, ricordando il rapporto di lunga data con l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e sottolineando che “il governo della Contea di West Pokot continuerà a sostenere gli sforzi di sviluppo della Torre d’Acqua di Cherangani, fondamentali per un futuro sicuro e migliore per le comunità residenti nei pressi del fiume Wei Wei”.

Il titolare di Sede di Aics Nairobi Giovanni Grandi e S.E. Robert Komolle, Deputy Governor of West Pokot County durante l’evento di lancio dell’iniziativa “Ripristino ambientale nel bacino fluviale del fiume Wei Wei nella torre d’acqua di Cherangani” finanziata da Aics © Martina Bolognesi
Il Titolare di Sede di Aics Nairobi Giovanni Grandi e l’On. Litole Lucky Jemutai, West Pokot County Executive Committee Member for Water, Environment, Natural Resources And Climate Change con alcuni membri della comunità di Sigor. © Martina Bolognesi
Uno dei calanchi causati dall’erosione dell’acqua a Sigor, West Pokot. © Martina Bolognesi

Oltremare podcast – Migranti: cambiare la narrazione, una sfida ardua raccontata dall’esperta Tana Anglana

Il linguaggio con cui si comunica nel mondo dell’informazione è importante e una migliore narrazione, anche della migrazione, aiuterebbe a rendere più coese le nostre società.

Sul sito www.narrativechange.org si può scoprire il Kit di strumenti (le 12 chiavi) utile per riformulare la narrazione e riequilibrare così il dibattito pubblico sulla migrazione. Riportando al centro i valori della diversità e dell’inclusione.

Parte da qui Tana Anglana, esperta di comunicazione e membro del Consiglio nazionale della cooperazione allo sviluppo, che ci fornisce alcuni spunti utili per chi si occupa di migrazioni. Uno fra tutti: “Non chiedeteci soltanto da dove veniamo, ma chiedeteci dove stiamo andando”.

Segui i nostri podcast

     

Aics presenta a Diplomacy gli esisti dell’esperienza dei Cooperation Lab

Al Festival della Diplomazia in corso a Roma l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) ha dedicato il pomeriggio del 24 ottobre alla presentazione degli esiti della sperimentazione dei suoi Cooperation Lab, un’esperienza multistakeholder per favorire il processo di programmazione partecipativa della Cooperazione italiana. I Cooperation Lab sono nati nel dicembre 2020 all’interno del progetto Sviluppa, finanziato dall’Agenzia per la coesione territoriale, che si pone l’obiettivo di potenziare la capacità organizzativa della cooperazione. Tra gli strumenti in via di implementazione c’è anche la piattaforma Sistake.

Come ha affermato il direttore Aics, Luca Maestripieri, in apertura dell’incontro che si è tenuto alla Centrale Montemartini, “i tavoli tematici dei Cooperation Lab hanno permesso un dialogo strutturato tra i diversi attori per intercettare al meglio le necessità dei Paesi partner. Essi sono uno strumento operativo per favorire una partecipazione multiattoriale alla Cooperazione italiana”. L’obiettivo finale è instaurare un dialogo per individuare meglio le esigenze dei Paesi in cui Aics opera e le risposte da fornire. Queste sono tematiche centrali, ha continuato il direttore, “perché il concetto di partenariato è fondamentale nell’Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile”.

Maestripieri ha poi ricordato che l’Aics e la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) sono entrambe impegnate a coordinare rispettivamente due tavoli indetti dallo stesso ministero degli Esteri su co-progettazione e co-programmazione. “Questo è un punto di partenza non di arrivo”, ha detto.

Al panel, moderato da Emilio Ciarlo, responsabile per le relazioni esterne e la comunicazione di Aics, ha partecipato anche Gianluca Cecchet, coordinatore di Cooperation Lab. Cecchet ha spiegato che il tentativo è stato quello di coinvolgere, tematicamente, tanti attori diversi, tra cui i privati, con il supporto delle sedi estere dell’Agenzia. “Abbiamo cercato di far dialogare questi soggetti e la risposta è stata interessante" ha detto. Questa riposta è poi stata messa a sistema e fornirà ora una base su cui lavorare per perfezionare questo strumento, ha spiegato ancora Cecchet.

Del framework legislativo in cui si possono inserire i Cooperation Lab ha parlato invece l’avvocato Dario De Blasi, consulente dell’Agenzia, esponendo le criticità e le possibili soluzioni individuate. Infine, Antonio Ragonesi, membro del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo e capo dell’Area relazioni internazionali dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) ha parlato dei partenariati territoriali e ha proposto questa esperienza come modello di cooperazione tra soggetti di diversa dimensione.

Sudan, azioni e testimonianze contro le violenze di genere

Violenza di genere in Sudan, come in molti altri Paesi africani, significa violenza domestica, violenza sessuale, violenza psicologica, mutilazioni genitali femminili, matrimonio precoce.

Con le sue parole, Rehab, giovane donna di Gedaref ultima di quattro sorelle, ci parla della sua difficile infanzia: “You bring the shame on our family” ("Hai portato la vergogna nella nostra famiglia") è l’accusa che la nonna le ha rivolto quando a 8 anni Rehab - con il supporto della mamma - non fu “tahara (purificata)” come si usa dire in Sudan. Rehab oggi lavora per una Organizzazione della società civile (Osc) internazionale ed è venuta a Khartoum per seguire un corso organizzato da Aics Khartoum, nell’ambito del programma Werise! finanziato dall’ Unione Europea. “Cerco di fare capire alle donne, mie coetanee, che mutilare le bambine è una violenza contro l’anima, contro l’infanzia, una tortura”.

“Accadde quando avevo 8 anni. Allora mi trovavo in Arabia Saudita e prima di tornare in Sudan per le vacanze sono stata purificata (tahira in arabo). Non c’era altra possibilità. Le mie tre sorelle, mia madre, mia nonna lo avevano giaà fatto. Io non volevo essere diversa. Oggi non lo farei alle mie figlie”, ci confessa Awadia, quasi nascondendosi dietro la tazza di caffè che stringe tra le mani.

Secondo lo studio svolto da Unfpa nel 2020, in Sudan le percentuali di mutilazioni genitali femminili (Fgm) e di matrimoni precoci sono allarmanti: l’87% delle donne sopra i 14 anni e il 17% al di sotto degli 8 anni sono state mutilate, con una maggiore incidenza nel Nord Kordofan (97.7%), East e Nord Darfur (97.3%). Nella capitale Khartoum circa l’87.5% della popolazione femminile è mutilata. “Avevo 11 anni. È arrivato un uomo nel villaggio e aveva con sé un coltello con una lama che luccicava come un pezzo di specchio. Mi presero da parte e tolto una parte di me. Ero la più grande e non potevo piangere perché avrei gettato la vergogna sulla mia famiglia”, con queste parole ci racconta la sua storia Fatima.

Queste le storie raccolte nei momenti liberi del workshop rivolto a 13 organizzazioni della societa civile sudanese impegnate nella “Campagna dei 16 giorni contro le violenze di genere” (Gbv, Gender Based Violence), con la partecipazione di ostetriche, ginecologi, pediatri, medici di famiglia, chirurghi.

Gli argomenti trattati sono stati molti e i partecipanti, all’inizio esitanti nel portare alla luce le loro proprie esperienze, hanno quindi iniziato a interagire in maniera attiva. “La violenza di genere è un problema diffuso in molte società. Sinergia unione d’intenti e coordinamento tra comunità internazionale e locale sono elementi chiave per il successo nella prevenzione e nella lotta contro le Gbv” afferma Costanza Matafù, esperta gender presso la sede Aics di Khartoum. Nello svolgimento del corso abbiamo introdotto il glossario di genere e spiegato il vocabolario, cercando di andare oltre la vergogna associata a determinate parole cariche di significati negativi, ha sottolineato l’esperta.

Come per le mutilazioni genitali femminili anche i matrimoni precoci sono percepiti come una delle principali forme di violenza di genere. Il 38% delle donne in Sudan viene fatta sposare in età giovanissima, spesso ancora bambine: “Senza un uomo, la donna non ha un’opinione, sposarsi ti dà la libertà e non vieni trattata come baira (termine dispregiativo per la donna non sposata). Sposarsi significa anche non dover più essere un peso economico per la tua famiglia di origine, essere protette, cosi si esprime una giovane donna del Blue Nile”.

“E poi? Il Sudan ha vietato le mutilazioni genitali femminili con una pena punibile fino a tre anni di carcere, oltre al pagamento di una multa: l’approvazione dell’emendamento al codice penale risale allo scorso 2 maggio 2020 ed è frutto di un lungo ma inarrestabile processo sociale e politico, oltre che del lavoro incessante delle organizzazioni internazionali e dei Governi per l’affermazione dei diritti delle donne”, afferma Akram Abdel Gayoum, esperto sudanese di in Gender Based Violence della sede Aics di Khartoum.

Il titolare di sede Michele Morana ha quindi concluso le giornate formative con un saluto rivolto ai partecipanti. Il messaggio che ha voluto trasmettere è stato di apprezzamento per l’impegno profuso e la partecipazione mostrata nel rendere il workshop vivo ed intenso, e di incoraggiamento per tutte quelle donne – madri, insegnanti, studentesse, professioniste, esperte nel lavoro sociale – che ogni giorno vivono sulla loro pelle discriminazioni e talvolta violenze, con un auspicio che la  causa della lotta contro violenza di genere diventi sempre più patrimonio universale.