Tempo di bilanci per le pagine esteri del panorama mediatico italiano grazie al rapporto “Illuminare le periferie", promosso da Cospe, Osservatorio di Pavia, Usigrai, Fnsi in collaborazione con Rai per la Sostenibilità e Carta di Roma, Zona e con il sostegno dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).
Se ne è parlato ieri, a Villa Altieri durante l’incontro “Osservatorio esteri”. Secondo la rilevazione dell’Osservatorio di Pavia, i notiziari del prime time nel 2022 hanno dedicato agli esteri 17.533 notizie (il 41,5% di tutte le notizie), raggiungendo la percentuale più elevata dei 10 anni di indagine (10 punti percentuale in più rispetto al 2021), tuttavia vediamo che la pagina estera si è focalizzata su un unico evento: la guerra in Ucraina. A differenza di altre crisi internazionali, uscite dal radar dei media nell’arco di poche settimane, la guerra in Ucraina persiste in agenda. Dal 2012 ad oggi però la copertura degli esteri è in costante e graduale aumento. Certo i fattori contingenti sono stati pandemia e la guerra in Ucraina, ma “un cambiamento strutturale dei notiziari che contempli una pagina estera più corposa - si dice nel rapporto - è un’ipotesi plausibile.
Nel 2022 le categorie tematiche più rilevanti sono Politica (38%), Guerre/Conflitti (32%), Soft news (13%), Cronaca (12%), Immigrazione (3%), Covid-19 (2%), Terrorismo (1%). La quantità di esteri nei notiziari dei tre network (Rai, Mediaset e La7) oscilla tra il 39% e il 49%, lievemente superiore su La7 (49%) rispetto a Rai (43%) e Mediaset (39%). I telegiornali con la pagina estera più estesa sono il Tg La7 (49%) e il Tg1 (47%), mentre quello con la pagina estera più contenuta è il Tg4 (36%). L’esame dei luoghi più visibili nei telegiornali conferma tendenze consolidate osservate negli anni passati: in primo luogo, l’eurocentrismo dell’informazione estera. Lo scorso anno l’area geografica dell’Europa è protagonista in tre quarti delle notizie estere (74%). A seguire, il Nord America e l’Asia (11%), mentre notiamo anche che, in controtendenza con il reale peso politico ed economico di questi paesi, Africa e Centro Sud America patiscono una costante e marginalizzazione mediatica: l’Africa, per esempio, ha ricoperto il 13% dell’agenda estera dei notiziari nel 2013 e solamente il 2% nel 2022; il Centro-Sud America il 6% nel 2013 e solo l’1% nel 2022.
“Questi dati – ha commentato Emilio Ciarlo, responsabile relazioni istituzionali e comunicazione di Aics – ci dicono non tanto che i criteri di notiziabilità (potere politico economico di un paese, coinvolgimento di connazionali, eventi estremi) siano sbagliati, ma che stiamo facendo fatica a guardare il mondo attuale. Davvero l’Europa è estero? Davvero i paesi con potere economico e politico sono gli Usa? Il mondo non è più quello di 11 anni fa e questo dobbiamo farlo capire agli Italiani. Illuminare le periferie non significa illuminare le zone “povere” perché siamo buoni, significa leggere il mondo e interpretarlo. Dobbiamo superare un atteggiamento che potremmo definire di “carità informativa”. Credo che serva uno sforzo per rimettersi in discussione. Dovremmo chiederci cosa noi, con la nostra cultura europea, siamo in grado ancora di dare e che tipo di narrazione vogliamo fare. Lo sappiamo cosa vogliamo narrare? Ai giornalisti dico: interroghiamoci su quello che sta cambiando il mondo”.
Allora elencare i numeri e le quantità di notizie dedicate agli esteri ha ancora un senso? O dovremmo passare a un’analisi qualitativa di questa informazione? “Credo che la decolonizzazione dello sguardo sia importante – ha affermato Anna Meli di Cospe - ma ancora è più importante in questo momento puntare all’aumento delle notizie da certe realtà e contesti. La quantità garantisce il pluralismo e apre a narrazioni lontane dagli stereotipi e più vicino alla complessità del mondo. Quello che ci restituiscono i media oggi è una visione limitata e parziale della contemporaneità. Se guardiamo i dati da continenti come Africa e America Latina, vediamo che si tratta di contesti sotto rappresentati. Una ragione per il centro e Sudamerica si può individuare anche nella mancanza di un ufficio di corrispondenza Rai. L’abbandono di certe realtà parte dalla base, dalla visione del servizio pubblico. A questo proposito non solo rilanciamo l’opportunità di rilanciare l’apertura di una sede latinoamericana, ma ci sembrerebbe opportuno rivedere il contratto di servizio Rai: non solo trasmettere valori italiani e europei al mondo, ma anche portare al pubblico italiano più informazione sul mondo”.
Proposte che hanno raccolto l’attenzione di Roberto Natale che propone di condividere le proposte con le istituzioni e di portare il rapporto anche in Commissione parlamentare di vigilanza per dare dati e spunti nuovi al contratto di servizio Rai attualmente in fase di studio ed elaborazione. D’accordo anche Daniele Macheda, presidente Usigrai che alla revisione del contratto di servizio sta lavorando con il sindacato e ha aggiunto: “Un unico corrispondente per la Cina e uno per l’Africa è davvero troppo poco. Come sindacato continueremo a batterci perché la Rai potenzi questo ambito”. Anche Vittorio di Trapani, presidente della Fnsi, ha ribadito l’importanza di utilizzare il rapporto come pungolo per le redazioni: ce n’è ancora bisogno ma esistono anche realtà che questo lavoro lo stanno già facendo: “Ci sono colleghi e colleghe giornalisti che hanno fatto e fanno un ottimo lavoro su questo, qualcuno che ha dato anche la vita per questo, da Ilaria Alpi e Andy Rocchelli. Giornalisti, che insieme anche ad attivisti e cooperanti hanno tentato di farci vedere il mondo da un’altra prospettiva, di raccontare storie che danno sostanza ai numeri. Che è quello che ci serve”. Prima dell'incontro è stata presentata “Out of frame. Ripensare le narrazioni visive delle migrazioni in Europa”, mostra fotografica di Alessio Mamo, visitabile fino al 26 giugno a Villa Altieri.