Aics nei Balcani Occidentali lancia una campagna per il contrasto alla violenza di genere e l’empowerment femminile

In occasione della Giornata di Madre Teresa in Albania, lAgenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) nei Balcani Occidentali lancia la campagna I’ll be with you, per promuovere l’impegno italiano di cooperazione nella lotta alla violenza di genere e l’empowerment femminile in tutti i settori della società. La campagna sarà pianificata su Rtsh, la rete pubblica nazionale albanese, e sul web, dal 5 al 19 settembre e dal 25 novembre al 10 dicembre, a partire dalla Giornata Internazionale per l‘eliminazione della violenza sulle donne e nel corso dei 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere. La campagna è stata ideata da Ernesto Spinelli, che ha curato anche il montaggio del video, ed è stata prodotta dalla casa di produzione albanese Anima Pictures.

L’iniziativa coincide con i 15 anni di impegno dell’Italia in Albania. La campagna presenta i dati raccolti attraverso sei iniziative realizzate dal 2007 al 2022 da due organizzazioni della società civile, il Cies e il Cospe, in collaborazione con associazioni locali albanesi. Tramite queste iniziative sono state sostenute 10.000 donne e il lavoro di tre rifugi antiviolenza. Duemilacinquecento donne sono state aiutate con il reinserimento sociale ed economico.

La rappresentante dell’Agenzia nei Balcani Occidentali, Stefania Vizzaccaro, ha dichiarato a proposito della campagna:

“Innanzitutto è importante impostare bene la questione. Il problema non sono le donne vittime di abusi. Il problema sono gli uomini violenti. Scopo principale della nostra azione è la sostenibilità dell’impegno istituzionale nei Balcani Occidentali nel contrasto alla violenza di genere e l’empowerment femminile. Elementi chiave del nostro impegno al fianco dei Governi e della società civile sono il rafforzamento del lavoro con gli uomini violenti, la formazione degli operatori locali, pubblici e privati, e la più ampia sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’impegno italiano e per battere qualsiasi forma di indifferenza".

Il lancio di I’ll be with you è la prima tappa della nuova fase della cooperazione allo sviluppo Albania-Italia inizata il 19 luglio 2022 con l’apertura dei negoziati di adesione per l'entrata nell'Unione europea. Il contrasto alla violenza di genere e l’empowerment femminile sono un impegno italiano prioritario.

Colombia, la storia di Sandra: da sfollata a vincitrice di un premio sostenuto da Aics

Sandra Milena Campo è una delle tante donne che in Colombia hanno deciso di impegnarsi per garantire una pace duratura alla propria comunità, scossa da conflitto e violenza. Attualmente residente nel municipio di San Estanislao de Kostka, nel dipartimento di Bolívar, questa donna afro-discendente è stata vittima di sfollamento a causa del conflitto armato; un conflitto armato che ha portato allo sfollamento di oltre 2,7 milioni di donne e che espone le donne – soprattutto afro-colombiane e appartenenti a popolazioni indigene – a continui rischi di violenze, che vanno dalle minacce, omicidio, terrorismo, tortura, fino alle sparizioni involontarie, schiavitù sessuale, stupri, abusi sessuali, gravidanze indesiderate e aborti.

Ma Sandra non si è data per vinta: il suo spirito di resilienza e la sua volontà di preservare la conoscenza tradizionale della sua comunità l’hanno portata ad entrare a far parte del Consiglio Comunitario El Mango de la Púa II, per rappresentare i diritti delle famiglie di discendenti di schiavi africani stabilitisi nell’area. D’altronde è noto: quando le donne sono incluse nei processi decisionali per la costruzione della pace e di risposta alle crisi, esse contribuiscono significativamente ad accelerare la ripresa economica, prevenire la radicalizzazione dei conflitti, oltre che far progredire l'uguaglianza di genere.

Oltre al lavoro a tutela della sua comunità, Sandra si dedica a varie attività produttive, quali la produzione artigianale di abiti e accessori e la coltivazione di alberi da frutto, piante officinali e fiori. L’impatto che queste attività hanno avuto sulla creazione di posti di lavoro e di reddito nella comunità l’hanno resa la vincitrice del Premio nazionale di Donne Trasformatrici della Colombia rurale 2022, nella categoria “Donna Conservatrice del Territorio”, riconoscimento assegnato dall’Agenzia nazionale del territorio (Ant) in collaborazione con il Programma DRET II, realizzato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), in collaborazione con la Delegazione dell’Unione europea in Colombia e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’agricoltura.

Nell’ambito del premio, Sandra ha avuto l’opportunità di partecipare a uno scambio di esperienze in otto municipi del dipartimento di Boyacá, dove ha potuto incontrare altre donne che, come lei, stanno contribuendo allo sviluppo delle loro comunità con attività produttive nei settori dell’agricoltura, del turismo e dell’artigianato.

“Grazie a questa esperienza mi sono arricchita di nuove conoscenze, di persone meravigliose e di storie che mi incoraggiano a continuare a fare quello che faccio” racconta. “Alle donne contadine del resto del Paese vorrei dire che tutto è possibile e che bisogna continuare a tessere il proprio futuro, la propria famiglia, il proprio territorio e la propria cultura”.

Niger, un approccio integrato per combattere la violenza di genere

In Niger, il Paese con il più alto tasso di natalità (6,2 bambini per donna) e di prevalenza di matrimoni precoci al mondo (76% delle ragazze si sposano prima dei 18 anni, e 28% prima dei 15 anni), le violenze basate sul genere (Vbg) sono un fenomeno fin troppo comune. Secondo uno studio del 2021 indetto dal ministero della Promozione della donna e della Protezione dell’infanzia, oltre il 38% delle donne nigerine è sopravvissute alla violenza.

Per affrontare questo problema, la strategia messa in campo dal governo e dai partner di sviluppo combina la protezione delle persone sopravvissute alla violenza, la sensibilizzazione delle comunità – a partire dalle donne stesse – sui diritti delle donne, e l’empowerment socio-economico di queste ultime. Tale approccio è sposato dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo Ssviluppo (Aics) nell’ambito del programma “Iniziativa di emergenza a favore delle popolazioni vulnerabili delle regioni di Tahoua e Tillabéry”. In queste regioni, la gestione delle problematiche legate alla violenza di genere è complicata dall’intensificarsi degli episodi di violenza armata e dall’aumento della popolazione sfollata che ha messo a dura prova il sistema sanitario. Secondo una valutazione dei bisogni condotta dalle Organizzazioni della società civile (Osc) di progetto, esistono pochi servizi specializzati nel trattamento sanitario, nelle cure psicosociali e nell’appoggio giuridico alle sopravvissute alla Vbg; il personale medico non è in possesso degli strumenti (kit Pep e altre forniture mediche), né delle competenze per assistere i casi di violenza di genere. Ciò si aggiunge a problemi preesistenti quale la stigmatizzazione delle Vbg e la normalizzazione (radicata nella superstruttura religioso-tradizionale) dei matrimoni precoci e forzati, l’omertà da parte delle sopravvissute stesse, la prevalenza di sistemi extragiudiziali di risoluzione del problema (spesso incarnata in strutture patriarcali quali il capo villaggio o il consiglio degli anziani). Tutto ciò scoraggia le donne sopravvissute alla Vbg a rivolgersi ai centri di salute per chiedere aiuto.

In questo difficile contesto, l’Osc Intersosinsieme a Cisp e Cbm – interviene attraverso una serie di azioni per rafforzare le capacità degli agenti di salute, assistere ai bisogni delle sopravvissute e sensibilizzare le comunità. Il meccanismo di risposta più efficace si è rivelato essere la riabilitazione di spazi sicuri e conviviali, che permettono alle sopravvissute di accedere con sicurezza all’informazione e di sviluppare una rete di supporto per contrastare i meccanismi di esclusione e stigmatizzazione che spesso fanno seguito alle Vbg. “Grazie al lavoro di sensibilizzazione delle comunità e delle donne sopravvissute alla violenza, vediamo che le donne cominciano a prendere coscienza del problema e denunciare i casi di violenza” spiega l’agente di salute Fati Youra Saga. Si tratta di un importante lavoro di squadra, “insieme possiamo salvare delle vite”.

In parallelo, il progetto “Donne in Azione”, implementato da Acra in partenariato con Cisv Onlus e Mooriben, risponde all’aumentata richiesta di accesso al cibo, rafforzando la ownership delle donne nei processi di produzione alimentare. “L’approccio integrato” spiega la nutrizionista di progetto “permette di aumentare l’autonomia delle donne e, al contempo, garantire un’adeguata nutrizione al proprio nucleo famigliare”. Tra le attività, il progetto prevede la distribuzione di kit agricoli composti da materiale per la produzione, sementi e bestiame per 400 donne vulnerabili. Come testimonia una beneficiaria anonima di progetto, “grazie ai kit agricoli distribuiti, possiamo godere dei frutti del nostro lavoro in campagna, in particolare durante le stagioni più difficili”.

Attraverso queste iniziative, la Cooperazione italiana sta aiutando le comunità target e oltre 12.000 donne nella prevenzione delle Vbg, l’assistenza diretta a sopravvissute alla violenze ed il supporto all’empowerment socio-economica di donne vulnerabili.

Crediti: Intersos
Campagna di sensibilizzazione. Crediti: Intersos
Distribuzione di kit agricoli. Crediti: Acra

Albania, con la “fionda della gentilezza” la cooperazione contrasta la violenza di genere

Il 25 novembre 1960, Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, tre attiviste per i diritti umani, sono state uccise a bastonate e gettate in fondo a un dirupo dalla polizia segreta di Rafael Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana. Dal 1981, gli attivisti per i diritti delle donne hanno osservato il 25 novembre come giornata contro la violenza di genere. Il 20 dicembre 1993, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne con la risoluzione 48/104. Il 7 febbraio 2000, l'Assemblea Generale ha adottato la risoluzione 54/134, che ha designato ufficialmente il 25 novembre come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Con questa risoluzione, governi, organizzazioni internazionali e non governative sono state invitate a unirsi per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema, ogni anno, in questo giorno.

Ora, seguite le date. 1960, tre brutali omicidi. 1981, la società civile inizia a protestare. 1993, le Nazioni Unite adottano una dichiarazione. 2000, le Nazioni Unite adottano una risoluzione. Il 25 novembre 2022, la comunità internazionale di tutto il mondo celebra una nuova Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Ripensate al 25 novembre 1960. Osservate la data sul vostro cellulare. Andiamo, fa gelare il sangue. Ogni singolo giorno dovrebbe essere dichiarato Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.

Di cosa disponiamo realmente per eliminare la violenza?

Certamente la magistratura e le forze di polizia hanno un ruolo importante. E il lavoro che stanno svolgendo in molti Paesi – purtroppo non in tutti – è insostituibile, dal primo intervento alla protezione delle vittime. Le leggi sono diventate più severe. Ma tutto questo interviene dopo la violenza. È necessaria la prevenzione, un cambiamento culturale radicale e sostenibile che si basi su un principio molto semplice: le donne non sono il problema, sono gli uomini il problema.

Può la gentilezza sconfiggere la violenza?

Sembra una domanda ingenua, infantile. No? Riuscite a vederlo il sorriso inquietante sul volto di qualche maschio violento? Io sì. Se guardiamo i telegiornali, sembrerebbe impossibile. La violenza è il marchio della globalizzazione. Ogni campagna di sensibilizzazione rischia di essere trasformata dai dati in uno spettacolo inutile.

Si può sconfiggere la violenza senza l'intervento di una forza più grande? No. Anche Davide aveva almeno una fionda contro Golia. Le leggi, le magistrature e le forze di polizia sono un deterrente serio. Eppure, il gigante della violenza è ancora lì. Appena Golia è sconfitto, un nuovo Golia prende il suo posto. Anno dopo anno, la violenza contro le donne continua a essere un'emergenza mondiale.

Allo stesso tempo, la gentilezza è ancora viva. È la gentilezza dei tanti operatori che lavorano ogni giorno per prevenire gli abusi, prendersi cura delle vittime e contribuire incessantemente al reinserimento sociale ed economico delle donne abusate. È un rifugio di speranza invincibile, da cui prendere esempio. La recente iniziativa di tante donne nel mondo di tagliarsi una ciocca di capelli, in protesta pacifica per l'uccisione di Masha Amini, è un sasso gentile contro la violenza dei poliziotti iraniani. Basta questo? No, non basta. Ma è la strada da seguire. Un impegno per tutti i giorni, non per una volta ogni anno.

La sostenibilità della gentilezza dipende dalla scelta individuale di ognuno. Il ragazzo gentile Davide deve crescere, più alto e più forte di Golia. Uno più uno, persona dopo persona, le comunità possono isolare la violenza e affermare il rispetto dei diritti umani, la convivenza e il dialogo fra singoli e fra Paesi. Ogni iniziativa di cooperazione è un investimento in gentilezza. Più siamo, più cresce il numero delle persone che voltano le spalle alla violenza e all'indifferenza, più si avvicinerà il giorno in cui non dovremo celebrare la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Solo quel giorno il sacrificio di Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal non sarà stato vano. Sembra impossibile. Ma non c'è altra strada percorribile. È l'unica vera fionda che abbiamo: la sostenibilità della gentilezza.

 

Questo articolo, a firma di Ernesto Spinelli, responsabile comunicazione dell’Aics nei Balcani Occidentali è stato pubblicato sul quotidiano albanese Albanian Daily News il 25 novembre 2022 per la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle Dodnne con il titolo he "Slingshot of kindness".

Locandina parte della campagna "I'll be with you" promossa da Aics nei Balcani Occidentali

Locandina parte della campagna "I'll be with you" lanciata a settembre da Aics nei Balcani Occidentali. La campagna mira a promuovere l’impegno italiano di cooperazione nella lotta alla violenza di genere e l’empowerment femminile in tutti i settori della società. In 15 di anni di attività la Cooperazione italiana ha dato sostegno a 3 rifugi contro i maltrattamenti, con 10.000 donne aiutate e 2.500 reinserite con corsi di formazione, nuovi lavori e microimprese.

Sudan, azioni e testimonianze contro le violenze di genere

Violenza di genere in Sudan, come in molti altri Paesi africani, significa violenza domestica, violenza sessuale, violenza psicologica, mutilazioni genitali femminili, matrimonio precoce.

Con le sue parole, Rehab, giovane donna di Gedaref ultima di quattro sorelle, ci parla della sua difficile infanzia: “You bring the shame on our family” ("Hai portato la vergogna nella nostra famiglia") è l’accusa che la nonna le ha rivolto quando a 8 anni Rehab - con il supporto della mamma - non fu “tahara (purificata)” come si usa dire in Sudan. Rehab oggi lavora per una Organizzazione della società civile (Osc) internazionale ed è venuta a Khartoum per seguire un corso organizzato da Aics Khartoum, nell’ambito del programma Werise! finanziato dall’ Unione Europea. “Cerco di fare capire alle donne, mie coetanee, che mutilare le bambine è una violenza contro l’anima, contro l’infanzia, una tortura”.

“Accadde quando avevo 8 anni. Allora mi trovavo in Arabia Saudita e prima di tornare in Sudan per le vacanze sono stata purificata (tahira in arabo). Non c’era altra possibilità. Le mie tre sorelle, mia madre, mia nonna lo avevano giaà fatto. Io non volevo essere diversa. Oggi non lo farei alle mie figlie”, ci confessa Awadia, quasi nascondendosi dietro la tazza di caffè che stringe tra le mani.

Secondo lo studio svolto da Unfpa nel 2020, in Sudan le percentuali di mutilazioni genitali femminili (Fgm) e di matrimoni precoci sono allarmanti: l’87% delle donne sopra i 14 anni e il 17% al di sotto degli 8 anni sono state mutilate, con una maggiore incidenza nel Nord Kordofan (97.7%), East e Nord Darfur (97.3%). Nella capitale Khartoum circa l’87.5% della popolazione femminile è mutilata. “Avevo 11 anni. È arrivato un uomo nel villaggio e aveva con sé un coltello con una lama che luccicava come un pezzo di specchio. Mi presero da parte e tolto una parte di me. Ero la più grande e non potevo piangere perché avrei gettato la vergogna sulla mia famiglia”, con queste parole ci racconta la sua storia Fatima.

Queste le storie raccolte nei momenti liberi del workshop rivolto a 13 organizzazioni della societa civile sudanese impegnate nella “Campagna dei 16 giorni contro le violenze di genere” (Gbv, Gender Based Violence), con la partecipazione di ostetriche, ginecologi, pediatri, medici di famiglia, chirurghi.

Gli argomenti trattati sono stati molti e i partecipanti, all’inizio esitanti nel portare alla luce le loro proprie esperienze, hanno quindi iniziato a interagire in maniera attiva. “La violenza di genere è un problema diffuso in molte società. Sinergia unione d’intenti e coordinamento tra comunità internazionale e locale sono elementi chiave per il successo nella prevenzione e nella lotta contro le Gbv” afferma Costanza Matafù, esperta gender presso la sede Aics di Khartoum. Nello svolgimento del corso abbiamo introdotto il glossario di genere e spiegato il vocabolario, cercando di andare oltre la vergogna associata a determinate parole cariche di significati negativi, ha sottolineato l’esperta.

Come per le mutilazioni genitali femminili anche i matrimoni precoci sono percepiti come una delle principali forme di violenza di genere. Il 38% delle donne in Sudan viene fatta sposare in età giovanissima, spesso ancora bambine: “Senza un uomo, la donna non ha un’opinione, sposarsi ti dà la libertà e non vieni trattata come baira (termine dispregiativo per la donna non sposata). Sposarsi significa anche non dover più essere un peso economico per la tua famiglia di origine, essere protette, cosi si esprime una giovane donna del Blue Nile”.

“E poi? Il Sudan ha vietato le mutilazioni genitali femminili con una pena punibile fino a tre anni di carcere, oltre al pagamento di una multa: l’approvazione dell’emendamento al codice penale risale allo scorso 2 maggio 2020 ed è frutto di un lungo ma inarrestabile processo sociale e politico, oltre che del lavoro incessante delle organizzazioni internazionali e dei Governi per l’affermazione dei diritti delle donne”, afferma Akram Abdel Gayoum, esperto sudanese di in Gender Based Violence della sede Aics di Khartoum.

Il titolare di sede Michele Morana ha quindi concluso le giornate formative con un saluto rivolto ai partecipanti. Il messaggio che ha voluto trasmettere è stato di apprezzamento per l’impegno profuso e la partecipazione mostrata nel rendere il workshop vivo ed intenso, e di incoraggiamento per tutte quelle donne – madri, insegnanti, studentesse, professioniste, esperte nel lavoro sociale – che ogni giorno vivono sulla loro pelle discriminazioni e talvolta violenze, con un auspicio che la  causa della lotta contro violenza di genere diventi sempre più patrimonio universale.

Cuba, Aics ogni giorno contro la violenza sulle donne 

L’impegno della sede de L’Avana dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) per il gender mainstreaming si rispecchia tanto a livello delle iniziative, così come nelle attività di advocacy e comunicazione realizzate a Cuba.  

Nel corso della recente conclusa Segreteria tecnica della Piattaforma per lo sviluppo territoriale (Padit)1, che Aics sostiene da svariati anni nell’ambito di un’iniziativa multi-bilaterale implementata da Undp, si è avuto modo di approfondire l’importanza di includere la prospettiva di genere nelle strategie di sviluppo locali. La Segreteria Tecnica Padit è un incontro che si svolge con cadenza trimestrale e coinvolge tutte le istituzioni partecipanti alla Piattaforma, favorendo il coordinamento e lo scambio reciproco. L’ultimo incontro si è svolto dal 17 al 21 ottobre 2022 presso Trinidad, Sancti Spiritus.

Grazie a questo programma, che accompagna il processo di decentramento amministrativo cubano, attraverso la formazione dei funzionari sui temi della pianificazione integrata territoriale, oltre ad appoggiare iniziative pilota a livello locale finalizzate allo sviluppo economico, vengono promosse occasioni di sensibilizzazione sulle tematiche legate all’uguaglianza di genere, con il coinvolgimento delle Università locali, oltre ad azioni specifiche mirate a migliorare le opportunità di impiego per le donne, come la creazione di casitas infantiles che possano accogliere i figli delle lavoratrici durante l’orario di servizio. 

Inoltre, la sede di Aics L'Avana partecipa attivamente alle attività di advocacy portate avanti dalla locale Delegazione dell’Unione Europea, avendo anche ricoperto il ruolo di chair del gruppo di lavoro tematico sul genere. Quest’anno, in occasione del 25 di novembre, verrà presentata una pubblicazione digitale che raccoglie i 10 racconti vincitori del concorso letterario dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne. Come parte della campagna di comunicazione promossa dall'Ue e dai suoi Stati membri a Cuba, nel corso dei 16 giorni di attivismo contro la violenza, questi racconti verranno anche trasmessi da un’emittente radio locale avvalendosi delle voci degli stessi autori e autrici. 

Il lavoro per la promozione dell’uguaglianza di genere, realizzato dalla sede nell’ambito dei vari programmi, quest’anno troverà spazio anche nell’Agenda 2023 che Aics L’Avana distribuirà ai partner. L’Agenda, che sarà dedicata proprio alle beneficiarie delle iniziative di cooperazione in corso nel Paese, racconterà la figura della donna rurale cubana, fornendo al lettore numerosi dati legati al contesto locale e alle azioni di empowerment portate avanti dalla Sede nei progetti legati al settore agricolo e ambientale, come le iniziative Hab.ama e Cubafruta che contribuiscono alla promozione dell'imprenditoria femminile nel settore agroalimentare.  

Jaquelín y Mídalia - beneficiarie della cooperativa “28 de enero” a Boyeros (L'Avana) - progetto "Hab.A.M.A. - Autoapprovvigionamento alimentare e sviluppo di iniziative economiche sostenibili a L'Avana" 
Yoana L. Piedra Sarría dottoranda dell’Università di Cienfuegos - Segretaria Tecnica PADIT a Trinidad 
Yesenia, impiegata nella selezione e lavorazione di frutta e verdura presso l'azienda Dceballos de Ciego de Avila - Impresa beneficiaria del progetto "Cubafruta - Rafforzamento delle catene di valore dell'ananas e dell'avocado a livello locale"

Kenya, sopravvissute e protagoniste raccontano i successi dell’iniziativa “Let it not happen again”

Secondo l’Independent Policing Oversight Authority (Ipoa), in Kenya durante le elezioni dell’agosto 2022 è stato segnalato alla polizia solo un caso di violenza sessuale e di genere (Sgbv). Sebbene questo non sia l'unico indicatore di elezioni pacifiche e libere da violenze, grazie agli sforzi delle istituzioni statali, dei partner di sviluppo e delle organizzazioni della società civile sono stati compiuti passi importanti per porre fine alla violenza contro le donne durante le elezioni.

"Non abbiamo permesso che accadesse quest'anno", afferma Jael Abukutsa, 52 anni e madre di tre figli, impegnata come difensora dei diritti umani (Human Rights Defender), riferendosi alla violenza elettorale che affligge regolarmente le elezioni del Paese. "Questa volta eravamo più uniti per prevenire e rispondere ai casi di violenza di genere prima, durante e dopo le elezioni".

Dal 2007, le elezioni in Kenya hanno registrato un aumento significativo della violenza, in particolare dei tassi di violenza sessuale e di genere contro donne e ragazze. "Sono stata abusata sessualmente nel 2007, mi ha distrutto, ma ha anche cementato la mia volontà di lottare per i diritti umani", continua Jael.

Con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), UN Women e l'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani (Ohchr) stanno attuando un programma incentrato sulla prevenzione, mitigazione e risposta alla violenza contro le donne durante le elezioni dal 2019. Uno degli obiettivi principali del progetto "Let it Not Happen Again" è stato quello di migliorare l'accesso alla giustizia per i sopravvissuti all'Sgbv in quattro contee: Nairobi, Kisumu, Bungoma e Vihiga, località identificate come aree sensibili per casi di Sgbv.

"I corsi di formazione offerti tramite l’iniziativa sono stati cruciali perché hanno riunito tutte le parti interessate, compresa la polizia: nessuno è stato escluso", afferma Purity Kosgey, magistrato presso il tribunale di Tamu a Muhoroni, contea di Kisumu. Jael afferma che in seguito alle attività del progetto, i difensori dei diritti umani hanno migliorato i propri rapporti con la polizia, la magistratura, gli investigatori e gli operatori sanitari. Secondo Catherine Nekesa, agente che si occupa di questioni di genere alla stazione di polizia di Mbale, "non abbiamo ricevuto alcun caso di violenza relativo alle elezioni, ma eravamo pronti e continueremo a lavorare con i nostri partner per prevenire e rispondere ai casi Sgbv a Vihiga".

I risultati raggiunti dall’iniziativa supportata dall’Italia sono straordinari: in seguito alla formazione per pubblici ministeri e investigatori, per la prima volta nella storia del Kenya, quest’anno il procuratore della Repubblica ha chiesto che le condanne a carico di 12 ufficiali di polizia accusati di stupro, omicidio e tortura per reati commessi durante le elezioni del 2017 fossero trattate come crimini contro l'umanità. Si tratta del primo procedimento penale per violenza sessuale correlata alle elezioni. Il procuratore della Repubblica ha inoltre ordinato che le indagini fossero intraprese dall'Autorità indipendente di supervisione della polizia, con la partecipazione della Commissione nazionale del Kenya sui diritti umani, le organizzazioni della società civile e i sopravvissuti.

Nel 2022 è stato segnalato e indagato solo un caso Sgbvcorrelato alle elezioni, ma si tratta di un dato da interpretare con cautela perché molti casi di violenza potrebbero non essere stati denunciati. Janine (nome di fantasia), in corsa per diventare membro dell'Assemblea di contea in una delle contee target, racconta di essere stata presa di mira per il solo fatto di essere donna e per aver deciso di fare politica, di aver ricevuto minacce ed essere stata vittima di cyberbullismo.

Nonostante, dunque, il clima di relativa pace in cui sono state realizzate le elezioni 2022 e i risultati raggiunti grazie all’impegno della Cooperazione italiana, di UN Women e dei partner, è cruciale continuare a lavorare insieme affinché le violazioni dei diritti umani durante i periodi elettorali diventino sempre più un’eccezione.

Jael Abukutsa, madre di tre bambini, difensora dei diritti umani da 15 anni nella Contea di Vihiga in Kenya. Photo © UN Women - Tabitha Icuga

Jael Abukutsa, madre di tre bambini, difensora dei diritti umani da 15 anni nella Contea di Vihiga in Kenya. Photo © UN Women - Tabitha Icuga

Gruppo di difensori dei diritti umani, Contea di Vihiga. Photo © UN Women - Tabitha Icuga

Gruppo di difensori dei diritti umani, Contea di Vihiga. Photo © UN Women - Tabitha Icuga

Caporale Catherine Nekesa, agente di polizia che si occupa di violenze di genere alla stazione di polizia di Mbale (Contea di Vihiga) Photo © UN Women - Tabitha Icuga

Caporale Catherine Nekesa, agente di polizia che si occupa di violenze di genere alla stazione di polizia di Mbale (Contea di Vihiga) Photo © UN Women - Tabitha Icuga

Libia, l’altra vita di Asma

“Mi sono sposata a 19 anni. Quando ho scoperto di essere incinta per la prima volta ero al settimo cielo”. Inizia così il racconto di Asma (nome fittizio), giovane donna sfollata attualmente residente a Um-Alaranib, nel centro-sud della Libia. È fuggita da Sebha insieme a tutta la sua famiglia alla ricerca di quiete e sicurezza. Scappavano dal conflitto, dalla povertà, dalla paura. “Mi avevano detto che questo era un posto tranquillo dove poter trovare una casa e mandare a scuola i miei figli”, continua. I suoi cinque figli, tanto desiderati e tanto protetti, divenuti proiezione del suo proprio benessere alla sola condizione che la loro fosse, e sia ancora, una bella vita.

Per mesi Asma ha sofferto di deconcentrazione, stress acuto e stanchezza perpetua. Continuava a sognare di terminare gli studi e trovare un lavoro dignitoso per essere soddisfatta come donna e come madre. Sogni, quasi epifanie deliranti, ritmati da ricadute nel pessimismo assoluto. Depressione fu la diagnosi del dottor Suha, medico presso l’unità mobile allestita dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) grazie al contributo finanziario dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics). Il dottore ha visitato la donna, l’ha ascoltata e l’ha indirizzata verso una pianificazione familiare controllata. Sulla sua scrivania c’era del materiale informativo ed educativo, lo stesso che distribuisce ai pazienti, circa 40 a settimana, durante le visite o le sessioni di sensibilizzazione.

Da allora, la vita di Asma è cambiata. La sua salute psico-fisica è migliorata, ha terminato gli studi in infermieristica e ha intrapreso un percorso professionale in una clinica. “Oggi lavoro come assistente medico e sento di contribuire al benessere della mia famiglia e della comunità”, conclude Asma.

Quella di Asma è una delle tante storie, raccontate ma più spesso taciute, degli sfollati in Libia. Secondo i dati più recenti dell’Oim, sono ancora 143.000 le persone che hanno dovuto lasciare le loro case nonostante il cessate il fuoco dell'ottobre 2020 e i miglioramenti della situazione della sicurezza. Un dato importante per comprendere le conseguenze che anni di conflitto hanno generato sulle condizioni di vita delle popolazioni.

Grazie al contributo italiano e all’impegno sul campo dell’Unfpa e dei suoi partner, molte persone tra cui migranti, sfollati, donne e altre categorie vulnerabili possono accedere gratuitamente a servizi integrati di emergenza in ambito di salute riproduttiva e di protezione in risposta alle violenze di genere, per una vita dignitosa, di sogni e di conquiste.

L’Aics interviene in partnership con Unfpa in Libia per supportare l’accesso a servizi sanitari essenziali relativi alla salute riproduttiva materno-infantile e ai servizi multi-settoriali di risposta alla violenza di genere a beneficio dei gruppi più vulnerabili della popolazione, tra cui ragazze e donne.

Il programma, realizzato nel sud della Libia (Ghat, Zawilah, Um Alaraneb e Tmassah), si declina in diverse attività: il dispiego di unità mobili e di personale sanitario specializzato, la formazione e il rafforzamento delle capacità, la realizzazione di campagne d’informazione e sensibilizzazione. Da settembre 2022, 18.488 persone, di cui 11,005 donne, 871 migranti e 674 sfollati interni hanno ricevuto assistenza medica grazie alle unità mobili e il personale sanitario dei centri ospedalieri.

Ucraina, l’Aics combatte la violenza di genere dopo la strage di Bucha

Tra il 27 febbraio e il 31 marzo scorso si è svolta la battaglia di Bucha, città dell'Ucraina settentrionale sita nell'oblast' di Kiev. Con il ritiro delle forze russe nei primi giorni di aprile, sono emerse le violenze talmente efferate da essere considerate da molti un "massacro deliberato", con conseguenze enormi in termini di vittime tra uomini, donne e bambini, oltre che danni materiali, sociali ed emotivi.

Tra le principali testimonianze di questi orrori, numerose ruotano intorno alle uccisioni, alle torture ed alle violenze subite da moltissime donne ucraine che hanno denunciato le atrocità ed i crimini di guerra commesse nel corso del conflitto. I racconti parlano di abusi sessuali, rapimenti e stupri sistematici usati come "strumenti" a danno soprattutto delle giovani donne, ma non solo.

In questo fragile contesto, la Cooperazione italiana sostiene il progetto realizzato da Cesvi nella municipalità di Bucha e nei villaggi circostanti, il cui obiettivo è quello di fornire beni e servizi essenziali di protezione nelle aree più colpite dal conflitto. La popolazione di Bucha, in particolare le donne ed i bambini traumatizzati dai conflitti, possono ricevere così protezione e supporto psico-sociale, sia attraverso attività di gruppo che individuali.

Inoltre, psicologi, formatori, educatori, operatori sociali – in prima linea nell’affrontare questa emergenza psico-sociale – ricevono una formazione per potenziare la loro capacità di trattare i sintomi da stress post traumatico. Sono previste delle formazioni specifiche, in particolare per gli psicologi e gli insegnanti operanti in scuole e asili, al fine di fornire strumenti per riconoscere i segnali dello stress post traumatico in donne e bambini e nei loro nuclei familiari e poterli, successivamente, mettere in contatto con i necessari servizi di assistenza presenti nel territorio.

Grazie all’acquisto di un’unità mobile composta da quattro psicologi, è inoltre possibile portare supporto psicosociale direttamente nei villaggi in modo da raggiungere le persone in condizione di maggiore vulnerabilità e isolamento, come le donne e ragazze che hanno subito violenza durante l’occupazione.