Ultimi articoli

  /  Rubriche   /  Dal mondo accademico   /  CAMBIAMENTI CLIMATICI E COP25 DI MADRID

CAMBIAMENTI CLIMATICI E COP25 DI MADRID

Il 2020 sarà un anno cruciale: l’urgenza del problema climatico e la necessità di scelte decise e concrete

Mentre gli impatti del cambiamento climatico si fanno sempre più evidenti, il negoziato internazionale sul cambiamento climatico avanza con una lentezza che può apparire a tratti esasperante. Anche nella COP25 di Madrid sono proseguiti i tatticismi, i piccoli e grandi egoismi che hanno determinato il rinvio di alcune decisioni che sarebbero state necessarie per prepararsi nel modo migliore al 2020, l’anno in cui tutti gli Stati dovranno rilanciare i loro Contributi Nazionali (NDC), come previsto dall’accordo di Parigi. Questa grande inerzia giustifica, in parte, la sfiducia ormai diffusa sull’efficacia del negoziato multilaterale sul clima e offusca i segnali dei piccoli passi in avanti, l’aumento della consapevolezza che rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi è comunque possibile, come mostrano numerosi studi. Non è una cosa da poco che l’obiettivo, di cui tutti oggi discutono (non solo organizzazioni non governative, ma anche governi e mondo industriale), sia “emissioni nette zero nel 2050”. Un obiettivo davvero impegnativo, e molto, molto più ambizioso dei precedenti impegni di riduzione.

 

Il 2020 sarà un anno cruciale per le politiche sul clima, perché, se si vuole rispettare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, è necessario porre rapidamente un limite all’utilizzo dei combustibili fossili, allo sviluppo di nuove infrastrutture a supporto della loro diffusione. È questo un processo che è iniziato, in particolare in Europa, ma è necessario agire in modo molto più rapido, deciso e a livello globale.
Negli ultimi mesi ci sono state diverse decisioni in questo senso: molte importanti istituzioni finanziarie (es. Banca Mondiale, Banca Europea per gli Investimenti) hanno deciso che non finanzieranno più, dopo il 2020, le infrastrutture per l’estrazione di carbone, petrolio e gas.
Sono questi, segnali importanti, davvero necessari in questo momento storico in cui è urgente cambiare marcia nella lotta al riscaldamento globale. Tagliare i fondi per l’estrazione di nuovi combustibili fossili è cruciale se si vuole lasciare sotto terra quattro quinti delle riserve di fossili conosciute, per avere qualche probabilità decente di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto di +2°C rispetto al periodo preindustriale (obiettivo dell’Accordo di Parigi).

Per il carbone, la parabola discendente è già iniziata, in particolare nei paesi occidentali: 25 Stati (fra cui Francia, Regno Unito, Canada e Italia) hanno annunciato l’impegno a dismettere l’uso del carbone per la produzione di elettricità, e l’Italia ha annunciato di chiudere le sue centrali entro il 2025. Servirà quindi sicuramente del gas, nella fase transitoria, per sostituire il carbone. Indubbiamente, a parità di energia prodotta, se si usa il gas al posto del carbone, si dimezzano le emissioni di gas serra, e si riducono le emissioni di altri inquinanti che provocano l’inquinamento dell’aria locale; come cinesi e indiani ben sanno.

Il problema è che anche di gas e di petrolio, ce n’è molto più di quanto è compatibile con la traiettoria verso i 2°C, quindi la transizione deve avere una scadenza, una conclusione certa. Per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, questa scadenza è fra il 2040 e il 2050, ossia fra poco più di 20 o 30 anni. Un tempo brevissimo, per una transizione tecnologica su scala globale.

 

 

Mettere una data di scadenza all’uso del gas vuol dire affrontare davvero la decarbonizzazione del sistema energetico. In particolare per l’Italia. Perché il gas in Italia è ormai la fonte principale di energia ed è molto usato non solo per produrre elettricità, ma anche nel settore del riscaldamento. Definire un obiettivo di lungo periodo ed una traiettoria per raggiungerlo, porta a mettere in discussione la validità di alcune scelte sulle infrastrutture energetiche che sono state fatte negli ultimi anni.
Dopo tanti anni di attesa e di rinvii, l’urgenza del problema climatico rende inevitabile che si passi dai buoni propositi a scelte decise e concrete.

*Docente a Contratto-Dipartimento di ingegneria civile e ambientale, Politecnico di Milano

You don't have permission to register