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Ragazze indiane
Ragazze indiane. © Adam Cohn, 2015

L’India sorpassa la Cina ma le buone notizie riguardano le ragazze

Mentre il subcontinente conquista il primato di Paese più popoloso, nel mondo cala il numero di nascite da madri minorenni

A voler essere pignoli, tenendo nel conto Hong Kong (lasciamo stare Taiwan), non ci siamo ancora. Ma è questione di settimane, annota il New York Times, vagheggiando di “un nuovo secolo” dell’India: il subcontinente supera la Cina e diviene il Paese più popoloso al mondo. Con qualche problema, però: oltre a un numero record di persone in povertà (228 milioni, ben 415 milioni in meno rispetto al 2005 ma comunque il 16% dei suoi abitanti) anche un tasso di esclusione delle donne dalla vita lavorativa tra i più alti al mondo. Una dimensione, questa di genere, al centro del Rapporto 2023 sullo stato della popolazione elaborato dagli esperti del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa). Nello studio si legge che al mondo siamo più di otto miliardi (solo in India un miliardo e 428 milioni di persone, secondo proiezioni al prossimo 30 giugno).

Troppi o troppo pochi? Una domanda sbagliata o quantomeno non l’unica da porre, a giudicare dal dibattito sul Rapporto ospitato dall’Associazione stampa estera a Roma per la presentazione italiana. “Si guarda molto alle cifre ma poco alla loro sostanza” avverte Elena Ambrosetti, professoressa di Demografia all’Università La Sapienza. “I numeri di per sé non dicono niente: come e dove vivono queste persone? Che età hanno, e che livello di istruzione?” La soglia degli otto miliardi l’abbiamo superata nel novembre scorso. È possibile che sia accaduto nelle Filippine ma nel rapporto c’è un punto più generale: “A volte, quando si censiscono le popolazioni e ci si sofferma solo sui numeri, si relegano sullo sfondo i diritti e le possibilità delle persone”. Le Nazioni Unite lo hanno scritto nero su bianco negli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030: bisogna promuovere la salute sessuale e riproduttiva, cioè la possibilità di scegliere quando avere figli e quanti averne, di immaginare il benessere di una propria famiglia, di vivere libere e liberi da violenza fisica, culturale o psicologica.

Secondo Maria Grazia Panunzi, presidente di Aidos, una ong impegnata da oltre 40 anni per i diritti di donne e ragazze nel mondo, il valore aggiunto del rapporto sta nella prospettiva. “Si parte dalle persone e non dai numeri, che siano giudicati ‘positivi’ o ‘negativi’” sottolinea l’attivista. “Oggi bisogna cogliere le opportunità che offrono tanti giovani, molti dei quali in Paesi svantaggiati che hanno bisogno di politiche di sviluppo sostenibili”.

Quello di Panunzi è anche un appello alla cooperazione internazionale: a capire necessità, mobilitare risorse, rafforzare alleanze ed elaborare insieme interventi. Tanto più, è scritto nel rapporto, che le dinamiche demografiche non sono affatto uguali dappertutto: si stima che nei prossimi decenni metà dell’incremento della popolazione globale sarà concentrato in pochi Stati dell’Africa e dell’Asia: Egitto, Etiopia, Tanzania, Repubblica democratica del Congo, Nigeria, Pakistan, Filippine e India.

Ma in questi Paesi e in quelli vicini cosa sta succedendo? Gli esperti certificano che, sia pur lentamente, le cose stanno migliorando: dal 2000 al 2021 le nascite da ragazze minorenni si sono ridotte da otto a circa cinque milioni l’anno. Restano però oltre mezzo milione i casi di natalità da madri con meno di 15 anni, concentrati spesso nell’area subsahariana, dove l’incidenza è di ben cinque su mille.

Le chiavi di lettura sono diverse e si intrecciano tra loro. Al centro ci sono i diritti. Stando a una ricerca condotta in 68 Paesi, il 44% delle intervistate riferisce di non poter fare scelte autonome rispetto al marito o al compagno sulla propria salute, la sessualità o la contraccezione. “Il risultato?” chiedono gli autori del Rapporto. “Circa la metà di tutte le gravidanze non sono intenzionali e sono dunque una violazione dei diritto fondamentale delle donne di poter decidere in modo libero e responsabile sul numero dei figli o sul distanziamento delle loro nascite”.

L’incontro all’Associazione della stampa estera è intitolato Otto miliardi di vite, infinite possibilità. Illustra i dati Mariarosa Cutillo, esperta di Unfpa, convinta che sia giusto soffermarsi “non solo sulle sfide ma anche sulle opportunità”. Dialoga con lei Laura Aghilarre, vicedirettrice in Farnesina per la Cooperazione allo sviluppo (Dgcs), convinta che bisogna “investire nelle persone, attraverso l’istruzione e la formazione, e mettere al primo posto la piena tutela e la promozione dei diritti delle donne e delle ragazze, la promozione della parità di genere e dell’empowerment femminile, l’educazione delle bambine e la lotta contro ogni forma di discriminazione e violenza sessuale e di genere”.

Si parla del calo delle gravidanze di persone minorenni. Impegno e opportunità tornano nell’intervento di Ambrosetti. “A questi otto miliardi siamo arrivati grazie a un successo” sottolinea la professoressa. “Siamo riusciti a debellare la mortalità infantile o comunque a far sì che si riducesse tantissimo anche nei Paesi più svantaggiati dell’area subsahariana: questo risultato non va sminuito”.

Biografia
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
www.vincenzogiardina.org
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