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Amazonia al centro della COP30, il ruolo della Cooperazione italiana

Dal 10 al 22 novembre la foresta amazzonica, il più grande polmone verde e biodiverso al mondo, sarà sotto i riflettori dei media internazionali. Dopo aver occupato le prime pagine negli anni ’90 e i primi anni 2000, si è persa l’attenzione su questo immenso e fragile ecosistema, fondamentale per il clima terrestre, per la ricchezza genetica e per gli immensi servizi ecosistemici che offre alle economie dei nove paesi che interessano il bacino delle foreste pluviali dell’Amazonia. Ora con la Cop30, la Presidenza Brasiliana vuole portare non solo le delegazioni negoziali ai margini della foresta, a Belem capitale del Parà, ma lanciare un segnale importante di fermare una volta per tutte la devastazione della regione amazonica, vessata da milizie armate, criminalità organizzata, imprenditori senza scrupoli, che sfruttano legname, suolo, minerali, specie protette e comunità locali per traffici illeciti.

Foto: Ricardo Stuckert/PR

Per il governo brasiliano l’obiettivo è movimentare risorse finanziarie per i progetti di lotta alla deforestazione e agli incendi. «È necessario che, per preservare le nostre foreste, coloro che hanno inquinato molto più a lungo di noi si impegnino a pagare per garantire la qualità della vita alle popolazioni dell’Amazzonia“. ha dichiarato Luiz Inácio Lula da Silva, presidente del Brasile, durante una conferenza stampa.

Il Brasile sta guidando un’iniziativa volta a trasformare l’approccio mondiale alla conservazione dell’ambiente. Durante COP30 sarà lanciato il Tropical Forests Forever Fund (TFFF), un fondo, gestito dalla Banca Mondiale, per fornire finanziamenti a circa 70 paesi in via di sviluppo con foreste tropicali. Il TFFF potrebbe diventare uno dei più grandi fondi multilaterali mai creati, con importanti effetti soprattutto in Amazzonia. Marina Silva, ministra brasiliana dell’Ambiente e dei Cambiamenti climatici, ha dichiarato che “è giunto il momento di cambiare il modo in cui l’umanità gestisce le risorse naturali del pianeta“, riferendosi al TFFF.

Proteggere l’Amazonia, una sfida insormontabile?

La sfida non è però banale, anche con miliardi di euro a disposizione (ammesso che si riescano a raccogliere). «Per fermare la distruzione della foresta amazzonica serve un approccio davvero integrato, che arrivi anche ad includere forze di polizia ed esercito, per controllare milizie paramilitari, criminalità organizzata, imprenditori fuori dalla legalità», spiega Pietro Graziani, Coordinatore Tecnico AICS Programma regionale AMAZON+, finanziato dall’Unione Europea. «Oggi la situazione è fuori controllo in Amazonia: dal taglio del legname illegale al traffico di specie, dalla deforestazione per fare spazio alla cultura della coca o della soia alle miniere informali di oro, in molte aree non esiste lo stato di diritto». Una situazione dannosa non solo per l’ambiente ma anche milioni di persone delle comunità locali e indigene che abitano l’Amazzonia. «Ci sono gli impatti alla salute derivati dagli incendi, ma anche quelli legati alle miniere illegali, in particolare dell’oro, responsabili per la contaminazione da mercurio delle acque fluviali», continua l’esperto. C’è poi il grande tema della corruzione, secondo numerosi report di Amnesty International o Environmental Law Institute, che descrivono come le reti criminali foraggiano polizia ed esercito o le agenzie ambientali per eludere i controlli e reclutare i giovani delle popolazioni locali. Certo non mancano iniziative di lotta alla criminalità internazionale come Project LEAP (Law Enforcement Assistance Programme to Reduce Tropical Deforestation), un’iniziativa, realizzata dall’UNODC e dall’INTERPOL, che integra gli sforzi globali per combattere la deforestazione illegale. Oppure i programmi COPOLAD contro il narcotraffico e il programma El PACTO contro i crimini (anche ambientali), ambedue finanziati dalla Unione Europea.

Ma le dimensioni e la complessità dell’area amazzonica rendono veramente difficile un’azione capillare. In Brasile dopo la disgraziata parentesi di Bolsonaro, l’Agenzia di protezione dell’ambiente IBAMA è tornata ad operare, anche secondo gli esperti, ci vorrà tempo perché torni a regime. «In uno studio recente abbiamo visto come quando si intraprende un’azione di controllo della deforestazione, questa semplicemente si sposta in un’altra area o altro paese, a causa del fenomeno della migrazione transfrontaliera della deforestazione. È come un palloncino pieno d’acqua, tu schiacci e si sposta da un’altra parte», continua Graziani.

Riusciranno i fondi ingenti del TFFF a fermare deforestazione e incendi, senza che vadano a foraggiare la criminalità o attività illecite, sostenendo invece progetti virtuosi di cooperazione, di comunità indigene e della vivace comunità di ONG e attivisti ambientali dei paesi del bacino amazzonico. Per queste realtà il TFFF potrebbe essere un’opportunità senza precedenti.

La Cooperazione Italiana in Amazonia sugli incendi

Gli incendi rimangono uno dei principali fattori di rischio dell’Amazonia. Lo si è visto nel 2024, anno record per la quantità di foresta pluviale divorata dalle fiamme. «Un mix di temperature record, variazioni pluviali determinate dal cambiamento climatico, influenza di El Niño, presenza di abbondante vegetazione secca, ha generato incendi di tali dimensioni, che storicamente non si sono mai registrati in tutta la regione, in particolare in Brasile, in Bolivia, Ecuador e Perù. Nel solo Brasile si stima un danno ambientale di 44 milioni di ettari», spiega Graziani. Una superficie impressionante, superiore a quella dell’intera Italia. «In alcuni casi si sono registrati fronti del fuoco di oltre 300 chilometri. Non ci sono né aerei o forze di pompieri in grado di fronteggiare mega-incendi di queste dimensioni». Le cause degli incendi sono in larga parte di origine antropica, attribuibili a cause volontarie di piromania, vandalismo, uso inappropriato del fuoco in agricoltura (si procede spesso alla pulizia dei campi con le fiamme). Dal 1999 la Cooperazione Italiana è uno dei principali attori per cercare di fornire formazione e addestramento per la lotta e la prevenzione degli incendi. Con il Programma Amazzonia senza Fuoco (PASF), implementato in Brasile, Bolivia ed Ecuador si sono tenuti centinaia di training formativi e azioni concrete a beneficio dei piccoli e medi agricoltori e/o allevatori, lavorando soprattutto sulla prevenzione. Comprendere le reali cause degli incendi forestali è fondamentale per capire se da un lato vi è un reato o no e dall’altro poter pianificare politiche ambientali incentrate sulla prevenzione, «Oggi AICS, nel quadro del programma europeo AMAZONIA+, sta promuovendo dei corsi di formazione per i paesi amazzonici organizzati in Italia grazie alla collaborazione con i Carabinieri Forestali che hanno una ampia esperienza in questo settore. Il progetto è finanziato dal Global Gateway europeo e coordinato da AICS-Agenzia Italia per la Cooperazione allo Sviluppo, in collaborazione con la agenzia FIAP spagnola ed Expertise France francese. Fino a metà 2027 lavoreremo sul miglioramento della prevenzione degli incendi forestali, specie nelle pratiche agricole», illustra l’esperto AICS.

Un lavoro fondamentale quello portato avanti dal progetto Amazonia+ dato che, nonostante il 2025 sia stato un anno relativamente tranquillo per numero di incendi, i modelli climatici prevedono un aumento del 150% degli incendi al 2050. «Dobbiamo lavorare anche sugli incendi di interfaccia urbano-rurale, dove ci sono più pericolosi per l’incolumità delle persone. Inoltre, sebbene si tratti di foreste pluviali aumentano sempre più i problemi di siccità, con una crescente savanizzazione delle foreste pluviali. Le immagini dello scorso anno con sezioni del Rio delle Amazzoni in secca, con centinaia di delfini rosa morti e ingenti danni economici hanno sconvolto in molti». I fiumi sono le principali vie di trasporto in queste zone. Ma più si elimina la foresta, con incendi o disboscamento, e sempre meno pioverà, andando ad alterare ecosistemi ed economie di tante popolazioni e provincie amazzoniche, accelerando sempre più la savanizzazione dell’Amazzonia. Con conseguenze globali inimmaginabili.

 

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. È Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019), Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018), Che cosa è l’economia circolare (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.
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