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Nazioni Unite, con UN80 inizia una nuova era?

Quest’anno si celebra l’ottantesimo compleanno dell’Organizzazione che ha saputo indirizzare il pianeta verso uno sviluppo più sostenibile, ridotto la fame e la povertà, promosso innovazione economia e sociale, sostenuto la pace (30 trattati di disarmo firmati) e – come ricorda lo stesso Segretario Generale António Guterres – “lavorato attivamente per evitare la Terza guerra Mondiale”. Ma non ci sarà molto tempo per celebrare. I tempi sono quelli delle sfide difficili.

La presidenza Trump sta fortemente destabilizzando il mondo ONU e numerosi capi di stato ne stanno seguendo la traiettoria. C’è molta preoccupazione per tagli ai posti di lavoro, rilocalizzazioni e trasformazione dei pesi politici all’interno di tante organizzazioni e agenzie in seno alla Nazioni Unite”. A parlare è un diplomatico di lunga data, che preferisce non dichiarare la sua identità per la posizione ricoperta. La sua visione però è condivisa almeno da una mezza dozzina di intervistati che fanno parte di organizzazioni UN come WMO, FAO, UNEP, UN Global Compact.  L’America sta perdendo la sua tradizionale presa sulla più grande organizzazione intergovernativa mondiale a cui ha da sempre contribuito con ingenti sostegni economici fin dalla sua fondazione, ospitando l’Head Quarter a New York nel famoso Palazzo di Vetro.

La decisione dell’amministrazione Trump di imporre tagli draconiani al bilancio del Segretariato delle Nazioni Unite e delle sue numerose agenzie sta imponendo un ripensamento – per alcuni lungamente atteso – della struttura e dei bilanci del mondo ONU.

Per Guterres, se si vuole preservare il multilateralismo ONU serve rendere più efficienti le agenzie e i programmi ONU. “La crisi di liquidità che stiamo affrontando non è nuova. Ma la situazione finanziaria e politica di oggi rende ancora più urgenti i nostri sforzi. Siamo di fronte a minacce reali al tessuto stesso, ai valori, ai principi e alla sostenibilità del multilateralismo”, ha dichiarato il Segretario il 12 maggio per lanciare l’Iniziativa UN80 pensata per ristrutturare ed efficientare il Behemoth onusiano.

UN80, la riforma difficile

Sebbene i dettagli rimangano molto vaghi, la riforma si fonderà su tre pilastri, stando ai documenti visionati: individuare rapidamente le efficienze e i miglioramenti nell’ambito degli accordi attuali; rivedere l’attuazione di tutti i mandati conferiti dagli Stati membri; riassetto strutturale e riallineamento dei programmi in tutto il sistema delle Nazioni Unite. Di voci ne girano tante. Secondo Ian Richards esiste un’opzione per cui “gli aspetti operativi del Programma alimentare mondiale, dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati verrebbero fusi in un’unica entità umanitari”. Ma si parla anche di fondere WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, e UNDP (Il programma Onu per lo sviluppo); di creare un’unica convenzione con UNFCCC, CBD e UNCDD, cioè mettendo insieme le Convenzioni clima, biodiversità, desertificazione, di far confluire UNEP e UNDP (Programma ambiente e sviluppo) in un’unica Agenzia, con mandato amplio. Quello che è certo che si taglieranno migliaia di posti di lavoro nel mondo della cooperazione, si ridurranno i budget e ci saranno importanti rilocalizzazioni, specie da sedi costose come New York, Ginevra, Roma

FAO, le prime avvisaglie di riforma

Già ad aprile, durante la 177ima sessione della FAO, il Segretario generale Qu Dongyu aveva annunciato sforzi “per gestire rapidamente la situazione a seguito delle decisioni del Governo degli Stati Uniti d’America, di terminare 106 progetti per un valore totale di 384 milioni di dollari, che hanno interessato circa 1.240 persone”. I contributi volontari complessivi dei primi tre mesi del 2024 sono notevolmente inferiori a quelli dei tre anni precedenti, segnando un nuovo record al ribasso. Sebbene la FAO abbia lavorato già da fine 2024 ad una strategia di diversificazione delle risorse finanziarie, le risorse non sono sufficienti per potare avanti programmi allineati agli SGD. Per Hans Hoogeveen, presidente indipendente del Consiglio FAO, “dobbiamo costruire ponti e trovare compromessi per avere successo”. Ma la tensione nei corridoi romani è palpabile, e tutti attendono le decisioni che saranno prese a NY.

Una nuova geografia delle agenzie e programmi Onu?

Se gli Usa chiudono la borsa ci sono numerosi attori pronti ad aprirla per attirare il potere e l’indotto delle prestigiose sedi ONU. “Il governo ruandese è pronto a offrire uffici e servizi essenziali e a collaborare attivamente allo sviluppo di un campus ONU a lungo termine nel cuore della città di Kigali“, ha scritto il primo ministro ruandese Édouard Ngirente in una lettera privata del 15 maggio al Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ottenuta dal magazine Devex.  “La nostra proposta include anche un pacchetto completo di privilegi, immunità ed esenzioni fiscali in conformità con gli standard delle Nazioni Unite“. Il Rwanda è solo uno dei tanti paesi che da tempo hanno aumentato i finanziamenti e l’influenza dentro le agenzie Onu, per gli interessi più vari e disparati. Secondo due fonti da tempo l’Arabia Saudita ha segnalato grande interesse per varie agenzie tra cui la World Meteorological Organization (con sede a Ginevra) e UNCCD, la convezione per la desertificazione, dove sono arrivate ingenti donazioni. Altri paesi come Austria, Kenya, Germania, Turchia e Qatar, si sono messi in lizza per ospitare le agenzie dell’ONU, offrendo affitti più bassi, sussidi e altri incentivi per alleviare una crisi finanziaria senza precedenti. La Germania vorrebbe rafforzare gli uffici di Bonn, dove già ha sede UNFCCC, la convezione per i cambiamenti climatici. Durante una recente conferenza del 14-15 maggio il governo tedesco ha distribuito un opuscolo che esalta le virtù dell’espansione della presenza delle Nazioni Unite nella città della Renania Settentrionale.

Una delle sedi che più potrebbe giovare della rilocalizzazione è Nairobi. L’ONU ha già una grande sede nella capitale kenyota, dove è presente UNDP e U.N. Habitat. L’International Trade Centre (ITC), con sede a Ginevra, si sta preparando a trasferire a Nairobi il 50% del suo personale di back-office e l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha aumentato la sua presenza in questa sede. “Nairobi ha un campus enorme, ha un’enorme capacità di aumentare il suo spazio e la sua offerta, e ha costi competitivi“, ha dichiarato Guterres durante la presentazione della riforma UN80.

Lo showdown a Siviglia e a New York

Chi si farà avanti dunque per finanziare lo sviluppo, i diritti umani e la pace, rubando il predominio degli Usa nella società delle nazioni? Uno dei prossimi appuntamenti dove si discuterà di come sostenere il lavoro delle agenzie intergovernative è il Finance for Development (FfD4), dal 30 giugno al 3 luglio a Siviglia, summit periodico che lavora per trovare soluzioni economiche ai temi di sviluppo. Dal 2002, la FfD ha plasmato le norme in materia di aiuti e sviluppo, compresa la definizione dell’obiettivo dello 0,7% del reddito nazionale lordo per gli APS. Alla conferenza di Addis Abeba del 2015, i Paesi hanno deciso come cercare di finanziare gli SDGs, introducendo strumenti di blended finance. Ora sui tavoli negoziali si parlerà di riduzione del debito, commercio, tagli all’assistenza ufficiale allo sviluppo, riforme fiscali, verifica del ruolo dei finanziamenti privati per lo sviluppo, finanza climatica e per la biodiversità. Con gli Usa assenti si capirà quali nuove coalizioni possono formarsi, che ruolo avranno le economie emergenti, e soprattutto la Cina, che potrebbe giocare un ruolo centrale. Idee e proposte che confluiranno nell’UNGA80, l’Assemblea Generale che a settembre dovrà presentare il piano di riforma UN80, fondamentale per dare il polso delle nuove geometrie politiche globali e dello stato di salute delle vecchie, gloriose, Nazioni Unite.

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. È Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019), Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018), Che cosa è l’economia circolare (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.
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