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Migranti climatici: un tema molto controverso

Come il clima incide sulle migrazioni e il dibattito della comunità scientifica: costi-opportunità e risorse per migrare

L’aumento delle temperature e l’intensificarsi degli eventi estremi hanno fatto si che il mondo scientifico si interessasse sempre di più alle possibili conseguenze del cambiamento climatico. In particolare, l’impatto di tali eventi sulla migrazione è oggetto di crescente attenzione. La migrazione è un’importante strategia di adattamento al cambiamento climatico e lo è stata anche storicamente. Ci sono un paio di esempi documentati di migrazioni storiche dovute ad eventi climatici. Una avvenuta 4000 anni fa tra la Valle dell’Indo del Pakistan e l’India del Nord a causa di un’intensa siccità che durò circa a 200 anni e l’altra negli anni ’30 del secolo scorso nelle praterie statunitensi e canadesi a causa di violente tempeste di polvere, denominate “American Dust Bowl”.

Nonostante lo studio sistematico degli effetti sugli spostamenti delle popolazioni sia iniziato solo in tempi recenti, ad oggi le pubblicazioni e i casi studio hanno raggiunto una buona massa critica. La conoscenza del fenomeno però, rimane ancora frammentaria, a causa della sua complessità. Le difficoltà sorgono su diversi fronti. In primo luogo, la mobilità umana può assumere molte forme, che vanno da migrazione temporanea a migrazione permanente; da migrazione di breve distanza e interna a migrazione ad ampio raggio e internazionale; da migrazione volontaria a migrazione involontaria e forzata. L’impatto dello stesso evento può avere conseguenze diverse a seconda del tipo di fenomeno migratorio considerato. Inoltre, esistono diversi fattori climatici che causano la migrazione, da eventi a insorgenza lenta, come la siccità, il degrado del suolo, l’innalzamento graduale delle temperature, l’innalzamento del livello del mare, ad eventi ad insorgenza rapida come inondazioni, tempeste e uragani. Eventi a insorgenza lenta spesso generano migrazioni volontarie ed economicamente motivate, mentre le risposte ad eventi ad insorgenza rapida sono spesso involontarie e a breve termine.
La difficoltà maggiore però, sta nel fatto che raramente le migrazioni sono indotte dai soli fattori climatici. Il fenomeno migratorio è cosiddetto multicausale, nel senso che esistono una molteplicità di cause alla base della migrazione. I fattori climatici interagiscono con gli altri fattori (sociali, economici, politici e demografici) e solo dalla loro combinazione scaturisce la necessità di migrare. Difficile diventa pertanto l’attribuzione della responsabilità ad una singola causa e l’identificazione di un univoco legame di causa-effetto. Un esempio. Il surriscaldamento o la progressiva desertificazione possono determinare un calo della produttività agricola, che a sua volta influisce sulla probabilità di migrare. In questa situazione è difficile stabilire se si tratti di una migrazione climatica o economica.

 

 

In questo dibattito, un recente articolo** affronta il collegamento tra l’aumento della temperatura globale e la migrazione internazionale, cioè il movimento di persone da un paese di origine ad un diverso paese di destinazione. L’analisi prende in esame 116 paesi, suddivisi fra paesi poveri e a medio reddito, per un orizzonte temporale che va dal 1960 al 2000. Un contributo cruciale dell’analisi è l’ipotesi che impoverendo le popolazioni rurali e peggiorando le loro prospettive di reddito, il riscaldamento nel lungo termine influenzi la migrazione, ma in modi diversi a seconda del reddito delle popolazioni. I risultati delle analisi confermano questa ipotesi: da un lato l’aumento graduale della temperatura contribuisce ad un aumento dei flussi migratori dai paesi a medio reddito. Al contrario, lo stesso fenomeno contribuisce a ridurre l’emigrazione da paesi più poveri. Questo risultato mette in luce l’esistenza di una relazione di costo-opportunità fra gli alti incentivi a migrare, e le risorse per farlo. L’aumento della temperatura infatti, provocando un calo della produttività agricola, genera un maggiore incentivo a migrare. Pur creando un incentivo, questo calo del reddito riduce la possibilità di emigrare da paesi (poveri), dove le persone vivono con un reddito di sussistenza. Le migrazioni internazionali sono dispendiose e i potenziali migranti hanno una ridotta capacità di finanziare i costi di migrazione. In questo caso, il riscaldamento globale tende ad intrappolare le popolazioni povere nel loro stato di povertà.
Un secondo importante risultato delle analisi è che i flussi migratori da paesi a medio reddito che si spostano a causa dell’aumento della temperatura, sono principalmente diretti verso destinazioni limitrofe, perlopiù ad una distanza minore di 1000 km.
Per concludere, poiché l’emigrazione rappresenta un’importante strategia di adattamento al cambiamento climatico e un’opportunità per migliorare le condizioni dei migranti e dei loro familiari nei paesi di origine, i risultati delle analisi implicano che, a causa del cambiamento climatico, potremmo assistere a una crescente divergenza fra reddito e opportunità dei paesi molto poveri e a medio reddito. Inoltre, le analisi rivelano che il cambiamento climatico non avrà ripercussioni importanti sui flussi migratori globali a vasto raggio. Non c’è quindi ragione di pensare che l’Europa dovrà far fronte a grandi ondate di «migranti climatici» nel prossimo futuro, almeno per quel che concerne potenziali migranti da paesi d’origine con un basso reddito.

*Ricercatrice presso RFF-CMCC European Institute on the Economics and the Environment, CMCC – Milano

**Cattaneo C. & Peri G. (2016) “The Migration Response to Increasing Temperatures”, Journal of Development Economics, 122-146.

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