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Viaggiamo “a casa loro” a basso impatto Turismo eco-sostenibile, sempre più centrato su sviluppo e protezione ambientale

Previsti 1,8 miliardi di turisti al 2030. Ma gli impatti ambientali sono immensi. Il turismo eco-sostenibile sempre più al centro della cooperazione come strategia di sviluppo e decarbonizzazione.

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Code infinite alla sicurezza dell’aeroporto parigino Charles de Gaulle, Phuket al collasso per troppi turisti, le file ai passi alpini Sella e Gardena, il tutto prenotato nei resort dei safari del Sud Africa, prezzi alle stelle in tutti gli AirBNB delle principali città turistiche, da Cuzco a Tokyo a Capri. L’estate 2018 segna un boom senza precedenti di viaggiatori globali.
L’anno scorso 1,32 miliardi di turisti internazionali hanno viaggiato per scopi ricreativi. Secondo le previsioni dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), questa crescita continuerà fino a 1,8 miliardi nel 2030. Il turismo è una delle attività socio-economiche più importanti del mondo. E per questo ha un impatto ecologico immenso, nei paesi sviluppati così come nelle economie emergenti.
Le ferie sono responsabili di quasi un decimo delle emissioni di gas serra e i voli ne rappresentano una componente importante, illustra uno studio condotto dall’Università di Sydney. Tra il 2009 e il 2013 l’impronta di carbonio globale del turismo è aumentata da 3.9 a 4.5 Giga-tonnellate di CO2 equivalenti, ovvero quattro volte più delle stime precedenti, pari a circa l’8% delle emissioni globali di gas serra. Sono stati presi in considerazione shopping, trasporti e cibo. In cima alla classifica dei viaggiatori internazionali più inquinanti, Canada, Svizzera, Olanda e Danimarca, i cui cittadini in viaggio esercitano un’impronta di carbonio molto più elevata all’estero che nel proprio Paese. Insomma ci divertiamo ad inquinare a casa d’altri. Inclusi quei paesi dove provengono tanti migranti che rifiutiamo di accogliere.

 

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Ma non solo: gli impatti del turismo interessano anche la biodiversità di piante ed animali, colpendo i servizi naturali da cui milioni di persone dipendono. Interessa in particolare l’ambiente circostante e i servizi che esso fornisce agli abitanti locali, un fattore centrale di sopravvivenza nei paesi in via di sviluppo. Uno degli esempi più noti è quello del corallo. In tantissime zone turistiche, dalla Tailandia alle Maldive, dalle Isole del Pacifico al Mozambico, le barriere coralline, già sotto forte stress ambientale dovuto al cambiamento climatico e all’acidificazione delle acque, hanno subito danni ingenti a causa di attività come immersioni non professionali, ancoraggi selvaggi e saccheggio dei coralli rossi. Secondo Reef Resilience Network basta una piccola minoranza di turisti inconsapevoli (o cafoni) per fare danni severi ad un elemento chiave degli ecosistemi marini. «Proteggere i coralli significa tutelare il turismo locale e le popolazioni che dipendono da esse», spiega il biologo marino Matthieu Petit, di Moorea Ocean Adventure, specializzato in visite marine lungo le barriere della Polinesia francese e in avvistamenti di Balene. «Noi insegniamo a tutti i turisti, ma anche ai locali, quali sono le pratiche migliori per la preservazione di questi ecosistemi da cui, tra pesca e turismo, dipende gran parte dell’economia delle isole polinesiane».

Altro esempio è per la megafauna africana. «Da conservazionista, capo ranger e guida di Safari posso confermare che il turismo è la vera chiave per tutelare la biodiversità», spiega Davide Bomben, guida e ranger specializzato sul territorio Africano. «Il turismo porta ricchezza poiché da valore alla fauna. Un valore che si traduce in viaggi, lodge, campi tendati, veicoli condotti da guide e servizi indotti. In questo modo le popolazioni locali vedono negli animali, e nel turismo, una fonte di miglioramento della vita ed un futuro concreto per le generazioni a venire. Quindi invece che cacciare animali come il rinoceronte capiscono che ha più valore tutelarlo. Lavorando per il più grande tour operator italiano specializzato sull’Africa vedo l’enorme beneficio che il turismo sta portando ai paesi interessati dai Safari responsabili ed eco compatibili».

 

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Il turismo sostenibile nell’agenda 2030.

La prima definizione di turismo sostenibile è dell’OMT nel 1988: “Le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente (naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche”. Abbracciare questa visione diventa importante per avvicinare e armonizzare il turismo agli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile del 2030 (SGDs). Minimizzando gli impatti dei nostri viaggi negli ambienti naturali, preservando i servizi naturali offerti da foreste, barriere coralline, coste e montagne.

E per la cooperazione diventa centrale, sia nell’ottica dell’Accordo di Parigi che degli SDGs, attuare sempre più strategie che da un lato preservino l’ambiente e diano ambito ad un turismo sostenibile e dall’altro offrano opportunità di crescita e sviluppo, contenendo il turismo di massa aggressivo fondato sullo sfruttamento delle risorse umane.
Negli ultimi anni sempre più ONG in Europa hanno quindi rivolto una crescente attenzione a queste strategie in tantissime aree del mondo.
Ad esempio la ong italiana Oikos lavora con tre progetti su turismo sostenibile e sviluppo: nelle isole dell’arcipelago di Lampi, terra dei Moken, gli zingari del mare, in Myanmar, nelle isole intorno a Pemba in Mozambico e nello Shouf in Libano. Sul Myanmar lo scopo è quello di creare una Partenrship Pubblico-Privato per promuovere il turismo regionale e rafforzare il turismo comunitario, realizzando una guest-house e incentivando la possibilità di dormire nella comunità. «Attraverso il turismo possiamo rafforzare la tutela delle risorse del Parco di Lampi, sia forestali che marine, preservando allo stesso tempo l’eredità culturale dei Moken», spiega Margherita Porzio, responsabile comunicazione di Oikos. «In questo modo possiamo, almeno localmente, prevenire il turismo impattante e creare opportunità per le popolazioni locali». Anche se i governi rimangono spesso troppo orientati al turismo di massa. «La cooperazione può dare l’esempio. Noi cerchiamo di fare il possibile proteggendo il Parco e formando i ranger locali», aggiunge Porzio.
OXFAM ha lavorato negli anni per lo sviluppo del turismo nella regione di Përmet, Albania. Qua le infrastrutture scarseggiano, vuoi perché certe aree remote hanno il pregio di rimanere tesori nascosti. «Il potenziale per un turismo eco-sostenibile, centrato sulle comunità locali e sui loro prodotti è buono», racconta Giorgio Ponti di CESVI, che qualche anno fa ha inaugurato il Centro Multifunzionale e l’Ufficio di Informazione Turistica di Përmet. «Il progetto fa parte della visione di sviluppo territoriale che la nostra Ong ha impostato qui come motore di crescita. Tanta gente lascia il villaggio per cercare fortuna altrove, anche in Italia. Con questi progetti possiamo fornire un’opportunità ai più giovani». Insomma buono per lo sviluppo, per l’ambiente e per la società. Ricordandoci che quando viaggiamo “andiamo a casa loro”.

 

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