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Sotto il burqa, film d’animazione che racconta la realtà

Il dramma della guerra, la povertà e l’orgoglio afgano, la condizione delle donne. “Sotto il burqa” è un cartone sul coraggio di una bambina nelle strade di Kabul.

Non sarà certo un caso la somiglianza di Parvana alla “Ragazza afgana”, fotografata da Steve McCurry e pubblicata sulla copertina del National Geographic nel 1985, che è diventata l’icona di un Paese devastato dalla guerra.

Parvana è la protagonista del film d’animazione “Sotto il burqa” (titolo originale “The Breadwinner”), tratto dal primo libro della trilogia del burqa scritto dalla canadese Deborah Ellis e prodotto da Angelina Jolie, attrice da sempre in prima linea nella difesa dei diritti umani.

Il film è uscito alla fine del 2017 per la regia di Nora Twomey, ha ricevuto un discreto consenso di pubblico e di critica che gli ha fatto guadagnare una nomination agli Oscar per la categoria Miglior Film d’Animazione nel 2018, ed è disponibile su Netflix.

La storia è ambientata nella Kabul del potere incontrastato dei talebani, nel periodo che precede l’invasione da parte dalle truppe americane, in seguito agli attentati dell’11 settembre.

La protagonista è una bambina di 11 anni, che ben presto prova sulla propria pelle quanto sia difficile essere donna in un Paese che, finita l’occupazione sovietica, piombava nell’integralismo più oscurantista. Parvana e la sua famiglia fanno i conti quotidianamente con la povertà della loro condizione e con i soprusi operati dai miliziani. Come quelli del giovane Idrees, indispettito dalla calma dell’anziano padre di Parvana, suo vecchio maestro. Accecato dall’odio per ciò che l’uomo rappresenta ai suoi occhi, ovvero la forza della cultura e della conoscenza al di fuori di quella talebana, Idrees torna a cercarlo presso la sua abitazione per trascinarlo in prigione con l’accusa di non proteggere adeguatamente la bambina dagli sguardi degli uomini. Da lì continua il dipanarsi delle vessazioni assurde operate da chi crede di esercitare il potere e invece da esso è solo manovrato. Come le minacce e le percosse inflitte alla madre di Parvana, che chiede solo di poter visitare in carcere suo marito, un uomo che non può far male a nessuno, avendo perso una gamba in guerra, quella combattuta al fianco del suo ex allievo contro i sovietici. La foto dell’anziano stracciata con rabbia da uno dei carcerieri e la bambina che corre a recuperarne i frammenti.

La piccola protagonista cerca di proteggersi da un presente immotivatamente ostile, raccontandosi un passato che le dia forza. Trasfigura il fratello, morto su una mina antiuomo, e lo rende l’eroe dei suoi sogni ricorrenti ad occhi aperti, un eroe che combatte contro creature malvagie. Ma il presente va pur affrontato. Con spirito pratico. Parvana si taglia i capelli. Rinuncia a un simbolo di forza e di femminilità: sembrare un maschio è l’unico modo per passare inosservata tra le bancarelle del mercato di Kabul e poter portare a casa un po’ di cibo con cui sfamare sé, la mamma, la sorella e un fratellino ancora troppo piccolo. Come lei Shauzia, una sua ex compagna di scuola.

Insieme percorrono un tratto della loro vita da maschi. Una strada che si dividerà nel momento in cui Parvana, che per tutti ora si chiama Aatish, incontra un vecchio che diventerà il tramite per portare suo padre fuori dal carcere. Ma bisogna far presto. La sua famiglia è stata già costretta a fuggire, perché soffiano forte i venti di guerra. L’ennesima.

 

A sinistra la locandina di “The Breadwinner”, a destra Angelina Jolie incontra alcune studentesse in un villaggio in Afghanistan. ©UNHCR/J.Tanner

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