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L’Avana: cinquecento anni di storia nella città più italiana dei Caraibi

Intervista a Eusebio Leal Spengler, direttore Oficina del Historiador

Eusebio Leal Spengler, figura di rilievo mondiale nel campo dei beni culturali, è l’“Historiador” della città de L’Avana, custode di quel gioiello architettonico e culturale, unico nel Caribe e in tutta l’America che è il suo centro storico. Il grande lavoro realizzato dalla Oficina del Historiador de la Ciudad de L’Habana, l’ente per i beni storici e architettonici de L’Avana, racconta lo sforzo per preservare le vesti storiche della città. Se oggi L’Avana non è un centro storico in rovina, dimenticato dal tempo, è in gran parte merito di Eusebio Leal, intellettuale raffinato, insignito delle più alte onorificenze nei diversi paesi del mondo ed in particolare in Italia, paese con cui intrattiene un rapporto particolare, avendo studiato per molti anni e lavorato accanto a grandi figure della politica italiana. Incontriamo Leal negli uffici della Oficina del Historiador de La Habana per ricoprire la storia della città alla vigilia del suo cinquecentenario, che si celebrerà il 16 Novembre 2019, un passaggio importante per Cuba e i suoi abitanti e un momento per ripensare il passato e preparare la città per il futuro.

Per uno storico come lei cosa significa tutelare la storia e la memoria di un popolo?

È una questione d’identità che nel mondo moderno si fa ancora più critica, soprattutto per Cuba, che è uno stato insulare, che racchiude una cultura particolare, un legame con il mondo, dove il mare non separa, ma serve per comunicare. Quindi è molto importante difendere l’identità, preservare il patrimonio culturale , per trasformarlo in qualcosa che non è passato ma vita di tutti i giorni.

L’Avana compie 500 anni nel 2019. Che cosa rimane di questa ricca storia?

Il 1519 è un anno speciale. E stato l’anno della morte di Leonardo, avvenuta in Francia sotto la protezione di Francesco I. Leonardo da Vinci è stato il più grande genio che sia mai esistito perché è stato in grado di portare a termine lavori artistici perfetti e duraturi, e allo stesso tempo si è interessato alla natura umana, alla scienza, alla tecnologia. E’ stato l’uomo moderno per eccellenza, l’uomo rinascimentale. Per L’Avana, l’anno 1519 , che è l’anno di fondazione della città segna il suo destino, quello di trovarsi in questo luogo come porta di accesso per il Golfo del Messico, una porta dall’Atlantico. Dunque è importante commemorarne la fondazione. Non come fatto del passato, ma come insieme dei suoi cinquecento anni di storia.

L’Avana è una città misteriosa e attraente. Nessuno le è indifferente, perché si rivela città bellissima. Allo stesso tempo è un centro urbano dove si possono fare continue scoperte. Ogni città è una creazione umana, gli italiani lo sanno bene. Niente può essere paragonato a Verona, a Roma, a Venezia. Allo stesso modo l’Avana è assolutamente unica e imparagonabile.

Quali sono gli elementi che costituiscono l’Avana?

Tutti, poiché essa è l’insieme tutti gli elementi, delle correnti architettoniche, culturali e persino degli esseri umani che la abitano. I Caraibi sono una sorta di Mediterraneo americano: come in quel mare civiltà e culture si muovono e ibridano da migliaia di anni, così accade nel caribe. La Spagna è venuta in America sulle navi di un genovese, Cristoforo Colombo. In realtà quando Colombo raggiunse i Caraibi – non si può parlare di “scoperta” poiché erano già abitati, noi parliamo di Incontro – non sapeva dove fosse. Egli era alla ricerca dell’India, del Giappone, della Cina. Viaggiava con Marco Polo in una mano e la Bibbia nell’altra. Era un uomo del passato e del futuro allo stesso tempo. Ma quando arriva incontra le antiche civiltà del continente: grandi civiltà; imperi. I due mondi così si sovrappongono. E così i Caraibi sono diventati come il Mediterraneo.

Cuba è il frutto di tutto ciò e L’Avana è lo specchio perfetto di tutto ciò. Una città eclettica: al suo interno vi sono elementi neoclassici, barocchi, rinascimentali, elementi del Rinascimento spagnolo, portoghesi e di tutto il resto del mondo. E’, posta di fronte al mare, rimanendo così costantemente aperta a nuove influenze.

Insomma è stata la prima città multiculturale in America? Prima di New York?

Penso di sì.

Quando è nato questo progetto della Oficina del Historiador de La Habana?

Molti anni fa. Innanzitutto, è un’istituzione che ha molto a che fare con la storia del continente stesso. C’è un famoso storico italiano – Pietro Martire d’Anghiera (1457-1526, nda) – che ha scritto le cronache dell’Incontro dopo l’arrivo di Colombo. Pertanto a Cuba l’istituzione del cronista e dello storico è una vecchia istituzione. Il suo compito è, insieme al Comune – che è un’istituzione romana – mantenere e conservare la documentazione. Da questa idea nasce il progetto: preservare la città e ciò che ha dentro, il materiale e l’immateriale. Nel 1967 ho iniziato il mio lavoro di Historiador restaurando un singolo edificio. Poi con la volontà del governo della città il progetto ha preso piede e si è lavorato sulla preservazione di altri edifici. Nel 1981, abbiamo realizzato una prima bozza dell’Oficina, con un piano quinquennale, sostenuto dal governo della città, che ha fatto emergere definitivamente il progetto che ha proseguito il mandato, dall’81 al 1985, dall’85 al 1990. Con gli anni Novanta arriva la crisi del Periodo Speciale e l’ufficio passa a essere direttamente dipendente dal Presidente della Repubblica. Si realizza una legge, dove si definiscono le strategie per progettare i restauri, gestire l’uso del suolo e sostenere progetti di valore sociale.

Con l’Oficina abbiamo creato non valore da vedere, ma un valore da vivere. La mia esperienza mi ha insegnato che esiste un complesso problema tra città storiche e turismo. Non vogliamo una città come Venezia, dove le persone che lavorano vivono a Venezia Mestre e Marghera, lasciando uno sparuto manipolo di abitanti nella città vecchia. Non vogliamo che l’Avana diventi qualcosa così. Quindi il progetto dell’Oficina è un progetto completo, un progetto di restauro tecnologico, un progetto filosofico e allo stesso tempo sociale, perché si preoccupa delle case delle persone, delle scuole, della popolazione più a rischio, le famiglie, gli anziani , i malati. Si preoccupa anche dell’ambiente urbano. cerca di difenderlo, di creare una cultura del verde. E vede il Centro Storico come punto di partenza. Non come un obiettivo finale. Quindi il quinto centenario è la possibilità di guardare l’intera Avana e cercare di salvare la città da una modernizzazione che potrebbe significare la perdita della sua identità.

Molti edifici sono stati restaurati, anche con il contributo della Cooperazione italiana. Quanto lavoro ancora manca?

Nel centro storico abbiamo fatto molto. Se prendiamo ad esempio le fortezze, la Muraglia superiore è stata restaurata, El Morro è un lavoro di restauro completato. Dei cinque castelli de L’Avana cinque sono restaurati. Nelle quattro piazze principali della città, due rimangono in ristrutturazione, le altre sono finite. Ci sono oltre 300 opere completate, ma rimangono più di 900 edifici protetti dalla legge ma abitati abusivamente da restaurare. Dunque il lavoro durerà ancora a lungo.

 

 

Quali sono gli elementi del patrimonio che sono in pericolo?

Penso che l’architettura sia fragile, soprattutto a causa del problema del cambiamento climatico. Il cambiamento climatico sta minacciando le città di Cuba. Negli ultimi anni diversi cicloni hanno colpito Cuba, nessuno a l’Avana direttamente. Però quando i cicloni entrano nel Golfo del Messico, il mare può penetrare nell’Avana. Con l’ultima inondazione il mare è penetrato per oltre un chilometro nella città storica, danneggiando in modo irreversibile il Malecón, l’iconico lungomare de L’Avana. Questo è stato un danno gravissimo, poiché per anni abbiamo lottato per preservare l’architettura del Malecón.

Cosa resta da fare per rendere resiliente la città?

Queste per l’adattamento sono opere infinitamente costose, che il paese non può sostenere per ora. Ecco perché la cooperazione internazionale è così importante. Nel quinto centenario si deve promuovere la cooperazione internazionale, visto l’interesse che l’Avana suscita nelle persone di tutto il mondo. Qua abbiamo una grande architettura europea che va preservata. Nei teatri, ad esempio, ci hanno lavorato grandi maestri italiani. Meucci inventò il telefono presso il teatro de L’Avana. Passeggiando in città si scopre che molti dei monumenti sono opera di grandi scultori e artisti italiani. Visitate la nostra Accademia di Belle Arti e incontrate opere d’italiani, come Ercole Morelli, per esempio.

Ecco perché sono così profondamente grato alla Cooperazione Italiana. In primo luogo, perché abbiamo appreso tantissimo dalla scuola italiana di restauro. Tutti noi: i principali architetti del Piano Maestro (il masterplan di riqualifica del centro storico, nds), gli archeologi, io stesso. Grazie alle borse di studio del MAECI ci siamo formati in Italia. Non viviamo solamente accanto ad un patrimonio artistico italiano, viviamo direttamente in prossimità con il popolo italiano stesso. Io sono presidente del Comitato dell’Avana della Società Dante Alighieri, sosteniamo la Settimana di Studi di Italianistica, abbiamo supportato la Settimana della Cultura italiana, abbiamo un ottimo rapporto con l’IILA, Istituto Italo-Latino Americano, che tiene spesso corsi di restauro del legno, delle ceramiche, della carta.

Lei stesso ha fatto un post-dottorato in Italia. Durante il suo soggiorno, qual è stato il momento che l’ha ispirata a ideare l’Oficina del Historiador ?

L’Italia ha avuto un ruolo fondamentale. Sono partito per l’Italia quando ero molto giovane, con una borsa di studio e sono tornato molte volte. Ho conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Ferrara, che è una delle università più antiche e importanti d’Europa. Inoltre arrivai in Italia in un momento molto importante. Sono stato discepolo di Paolo Emilio Taviani, ho conosciuto le grandi figure della cultura politica italiana, quando la politica era colta, come Sandro Pertini, che incontrai nel suo appartamento di fronte alla Fontana di Trevi. Ho conosciuto Carmelo Bene, il maestro Roberto de Simone, Maurizio Pollini, Paolo Grassi e Giorgio Strehler; le mie case editrici preferite erano Electa e Skira, conosciuta attraverso Giorgio Fantoni. L’Italia ha dato contributo assoluto per la mia formazione intellettuale e morale.

L’Italia è ovunque nell’Avana.

Siamo stati fortunati che le più moderne opere di architettura de L‘Avana siano state realizzate da architetti italiani come Gottardi, Garatti, Varoni . Tutta quella famiglia intellettuale ha trasferito il sentimento della cultura e lo spirito del mondo mediterraneo, uno spirito di apertura, di amore per la cultura. Dunque il compito oggi è di proseguire questa formazione. Continuiamo a lavorare con l’Ambasciata italiana, con le borse di studio e gli innumerevoli progetti che abbiamo realizzato con la Cooperazione Italiana in modo diretto o decentrato. È molto importante, veramente fondamentale .

Il Bloqueo rimane ed è un grave problema per Cuba.

Rende tutto difficile. Il mercato naturale per Cuba sarebbero logicamente gli Stati Uniti. Siamo a novanta miglia di distanza. Una nave con la merce impiega una notte o quarantotto ore per arrivare a L’Avana. Un aereo lascia l’Avana e in quarantacinque minuti è sulla costa nordamericana. È stato un rapporto simbiotico per secoli, quando la Florida e parte dell’America settentrionale non erano anglosassoni ma ispanici. Abbiamo avuto un rapporto atavico con queste persone, con gli abitanti della Louisiana, del Mississippi, con la Florida. Non si può raccontare la storia di Cuba senza l’America o la storia dell’America senza Cuba. Quest’ostilità crea problemi difficili ma non insormontabili. Abbiamo dimostrato, come popolo latino, che abbiamo una grande capacità di resilienza. Il Bloqueo non è riuscito a impedire la nostra comunicazione con il mondo in sessanta anni. È vero che portare tutto dall’Europa costa il doppio. Però utilizziamo molte tecnologie italiane e dovremo continuare a farlo, con o senza Bloqueo. Nella restaurazione del Campidoglio, per le statue, collaboriamo con l’Italia perché per 3000 anni in Italia si è lavorato marmo ed il marmo d’Italia ricopre il mondo. L’Avana è ricoperta di marmo italiano! Qualunque cosa accada manterremo sempre una relazione colta e commerciale con l’Italia. Possiamo dire che il blocco con Stati Uniti ci ha favorito perché ci ha aperti al mondo. Una città che dipende da un mercato unico è morta.

 

 

Quale parte della città è nel tuo cuore?

Tutta, non riesco a decidere se un luogo o un altro. Certo ci sono luoghi che frequento tutti i giorni. Se fossi cieco saprei comunque trovare questi luoghi in cui ho trascorso quasi tutta la mia vita. Ci sono alcuni angoli speciali dove ho speso quasi sessant’anni della mia vita, come Plaza de Armas, certamente il mio posto preferito.

C’è una canzone che racconta L’Avana?

Polito Ibáñez con Omara Portuondo. Questa è una canzone preziosa. Ci sono altre canzoni meravigliose che decantano L’Avana e alcune sono state ispirate persino dallo sforzo di quest’opera di restauro urbano. Il restauro è importante perché ispira la speranza. Sa, la gente dice: noi dobbiamo non solo di lottare per il pane, dobbiamo anche combattere per la bellezza. La bellezza è molto importante per l’uomo. Silvio Rodriguez in una sua canzone dice: “abbiamo bisogno di una tromba d’aria che porti via ciò che è brutto, per lasciare il bello, per lasciare ciò che è stupendo”. Noi abbiamo il diritto alla bellezza. Altrimenti l’uomo perde la sua umanità.

Un piatto, una bevanda che rappresenta bene l’ Avana?

Il luogo comune vuole che il rum rappresenti L’Avana. Un primato conteso da Santiago de Cuba. Le due città cubane si contendono il titolo per la produzione dei rum più antichi dei Caraibi. Per i pasti è più difficile. Quale piatto rappresenta l’Italia? La Pizza? Eppure il cibo italiano è così vario.

Un’ultima domanda. Cosa si farà per i 500 anni dell’Avana ?

Tantissime cose! Pubblicazioni, conferenze, eventi e importanti opere di restauro che sono già in fase di realizzazione. L’Oficina del Historiador ha un progetto completo. Il governo della città de L’Avana, il Ministero della Cultura hanno numerosi progetti per rilanciare la città. Credo davvero che sarà un’opportunità , ma non la vedo come una fine, dopo quasi 50 anni di lavoro, ma come un punto di partenza per continuare a lavorare. Credo ci aspetti un futuro migliore. Non possiamo crogiolarci nel passato. Dobbiamo sempre dire che il futuro dovrà essere necessariamente migliore.

 

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