Emergenza • Protezione delle donne nelle situazioni di conflitto e di catastrofe naturale

La Cooperazione italiana considera la protezione delle donne una priorità della propria azione umanitaria e negli ultimi mesi ha concentrato in particolare l’attenzione sulle  legate agli atti di barbarie perpetrati dalle milizie jihadiste nei contesti del conflitto siriano ed iracheno.

Proteggere le donne, spesso tra i soggetti più vulnerabili non solo nelle situazioni di conflitto ma anche in caso di catastrofi naturali, richiede di muoversi su due diversi piani di azione. Il primo è l’advocacy ed impegni internazionali; il secondo è il finanziamento e la realizzazione di  interventi volti specificatamente alla tutela delle donne e all’assistenza delle vittime di violenze.

Attraverso azioni di advocacy rivolte sia alla comunità dei donatori che alle parti in conflitto, la Cooperazione italiana conduce un’azione di sensibilizzazione costante sull’importanza di proteggere le donne e promuovere l’eguaglianza di genere nei contesti di emergenza.

La Cooperazione italiana ha inoltre presentato al World Humanitarian Summit 2016 un pacchetto di impegni per la protezione delle donne nei contesti di emergenza, in linea soprattutto con le azioni previste dall’Italia attraverso la Call to Action on Protection from Gender-Based Violence in Emergencies (novembre 2013). Infatti, oltre ad azioni in tema di salute riproduttiva, sono previsti specifici interventi di sensibilizzazione e formazione sul tema della Gender Based Violence, anche attraverso la redazione di Linee guida ad hoc.

A livello europeo, nel corso del semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, il tema della protezione delle donne e dei bambini dalla violenza sessuale nei conflitti è stato una delle priorità nell’agenda del Gruppo di lavoro del Consiglio sull’aiuto umanitario (COHAFA). Più recentemente, è stata condotta una campagna di sensibilizzazione a livello di Commissione Europea e degli altri Stati Membri sulla questione delle violenze subite dalle giovani donne della minoranza cristiana e yazida in Iraq, ponendo attenzione sulla grave situazione in cui vivono e sostenendo la necessità di destinare a questa emergenza risorse importanti. Si tratta di donne e bambine usate come merce di scambio o vendute come delle vere e proprio schiave, costrette a subire torture e violenze talvolta mortali.

Sebbene non si possa negare il sempre maggiore impegno della comunità internazionale sul tema della violenza di genere, è evidente – quando ricordiamo situazioni che ci sembrano così lontane ed anacronistiche, ma che sono così vicine – come questo non sia ancora sufficiente.  Ancora troppo poca è infatti la sensibilità sul tema e poco conosciuti sono gli strumenti adottati dalla comunità internazionale per migliorare l’efficacia degli interventi nel settore. E’ fondamentale formare gli operatori umanitari, affinché venga favorito un approccio integrato sul tema. Ma vanno anche promosse azioni specifiche che abbiano come beneficiarie dirette le donne.

Il secondo campo d’azione della Cooperazione italiana, oltre l’advocacy, riguarda il  finanziamento e la realizzazione di  interventi volti specificatamente alla tutela delle donne e all’assistenza delle vittime di violenze. Tornando al caso iracheno, la Cooperazione italiana ha finanziato le attività dell’UNICEF – con un contributo di 500.000 euro – per attività di assistenza a quasi 300 ragazze yazide, in grande maggioranza minori, liberate dopo essere state rapite e aver subito brutali violenze dal Daesh. Le ragazze sono oggi ospitate in un centro di accoglienza del Ministero degli Interni curdo-iracheno a Duhok, dove UNICEF e un’efficiente rete di volontarie locali garantiscono ospitalità e supporto psicologico, oltre ad attività formative come, ad esempio, corsi di fotografia. Sempre insieme a UNICEF, la Cooperazione ha realizzato  attività volte alla protezione dei diritti delle donne e alla lotta contro la mutilazione dei genitali femminili (400.000 euro).

E’ necessario ricordare che il dramma di queste donne è duplice, poiché non solo presentano traumi causati della violenza e necessitano di assistenza psicologica, ma vengono anche spesso stigmatizzate dalle loro stesse famiglie e comunità, che non sempre sono propense a riaccoglierle. Ecco perché in molti interventi le donne e le ragazze vittime di violenza vengono assistite attraverso attività di inserimento occupazionale o sostegno economico che ne facilitano il reintegro nelle proprie famiglie e ne promuovono l’indipendenza. Nella regione del sud Iraq tali interventi hanno interessato i settori dell’agricoltura, pesca, acqua e allevamento, per un valore totale di 1,8 milioni di euro, e il programma UNIDO che contiene componenti volte al supporto dell’imprenditorialità femminile, per un valore di 3,3 milioni di euro.

Ulteriori progetti sul canale dell’emergenza sono inoltre realizzati in collaborazione con ONG italiane – in particolare Un Ponte Per e Intersos – nei settori della salute riproduttiva e materno infantile e dell’istruzione nella regione autonoma del Kurdistan iracheno.