
Samito a Reggio Emilia, 50 anni dopo: VIVA MOÇAMBIQUE!
Una storia di amicizia, cooperazione e libertà. Ricordata in giorni di anniversari anche dalla Fondazione E35, che avvia nuovi progetti nella città di Pemba e assicura: “Noi con voi, ieri, oggi e domani”
“Pare che i bambini della scuola del quartiere di Mancasale non avessero mai visto da vicino un coetaneo con la pelle scura, che parlava peraltro una lingua a loro ignota; accolsero quel compagno con entusiasmo, e impararono a conoscerlo; lui rimase al sicuro e visse un’infanzia piena e felice”. A raccontare è Chiara Torcianti, direttrice del Polo archivistico del Comune di Reggio Emilia. Pesca tra faldoni d’archivio e spuntano foto, minute, libri di scuola e mappe del Mozambico. Ricordi dei primi anni Settanta, a Reggio Emilia. Il bambino si chiama Samora jr., ma tutti lo chiamano Samito. È il figlio di Samora Machel, capo del Frente de Libertação de Moçambique (Frelimo), la formazione guerrigliera che il 25 giugno 1975 avrebbe proclamato la vittoria sui colonialisti portoghesi e la nascita di un nuovo Stato indipendente nell’Africa australe.
La madre di Samito, Josina, è stata uccisa durante il conflitto. Samora sa che i sicari di Lisbona sono pronti a tutto: decide di affidarsi a una città e a un amico: sono Reggio Emilia e Giuseppe Soncini, dirigente comunista divenuto presidente dell’Associazione regionale degli ospedali dell’Emilia-Romagna e del nuovo Comitato per gli aiuti sanitari al popolo del Mozambico. Perché in Mozambico c’è un popolo che lotta per la libertà. E la lotta, dal punto di vista dei reggiani, è la stessa dei tempi della Resistenza: nel sostegno ai guerriglieri, nonostante il Portogallo sia un Paese della Nato, proprio come l’Italia, si uniscono tanti cittadini, non solo comunisti, ma anche socialisti e cattolici. Il fondatore del Frelimo, Eduardo Mondlane, è assassinato dai sicari di Lisbona nel 1969, l’anno di nascita di Samito. A garantire per la sicurezza del bambino sono allora Soncini e sua moglie, Bruna Ganapini. Samito è affidato alle cure di Olga Riccò e Remo Fornaciari. A Reggio scopre una nuova famiglia: guardate la fotografia, ritratto alla scrivania nella sala del Tricolore, insieme con Renzo Bonazzi, sindaco dal 1962 al 1976.
Scatti in bianco e nero ma anche lettere, manifesti, testimonianze di impegno collettivo. Documentato in un archivio cittadino gestito da Istoreco, l’Istituto storico provinciale di Reggio Emilia. Incontriamo Torcianti, la direttrice, in giorni di anniversari: non solo il cinquantennale dell’indipendenza del 25 giugno ma anche quello del 2 luglio di quello stesso 1975, data della firma del patto di amicizia tra Reggio e la città mozambicana di Pemba. “Un archivio è un patrimonio di memorie che aiuta a capire meglio chi siamo”, la premessa, “ma anche a orientarci per il futuro in modo pratico perché le domande che ci poniamo anche sulle relazioni internazionali sono sempre più o meno quelle, mentre le risposte sono diverse”. Torcianti continua: “Qui ci sono 50 anni di solidarietà e cooperazione, che ci dicono chi siamo e che sono un validissimo serbatoio di buone pratiche”. Gli anniversari sono un’occasione per ricordare e allo stesso tempo guardare al futuro. Fondazione E35, realtà di partecipazione pubblica, impegnata in progetti di cooperazione allo sviluppo, organizzerà ancora nei prossimi mesi con il Comune conferenze, spettacoli, mostre, iniziative di solidarietà. Il programma si intitola “Noi con voi, ieri oggi e domani: 50 anni di amicizia tra Reggio Emilia e il Mozambico”. Secondo Alessia Ciarrocchi, presidente di Fondazione E35, l’idea è “con l’arte, la cultura e il dibattito socio-politico tenere insieme epoche diverse in una soluzione di discontinuità”.
Momenti differenti, segnati però tutti dalla “stessa intensità”, sottolinea Ciarrocchi. Ascoltiamo anche Stefano Cigarini, coordinatore dei progetti di Fondazione E35 a Pemba. Al termine di un dibattito ospitato allo Spazio Gerra per l’anniversario del patto di amicizia, in un’intervista con l’emittente Tele Reggio, sottolinea: “Ciò che riporti quando rientri dal Mozambico sono le tante persone desiderose di avviare un dialogo; questa allora diventa una responsabilità ulteriore”. Fondazione E35 è impegnata nel Paese con il progetto MaisPemba e con Uteka, “Partenariati tra città e territori in dialogo per uno sviluppo urbano integrato e resiliente”, iniziative riconosciute e finanziate rispettivamente dalla Commissione europea e dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).

Bruna Ganapini con Samito Machel nel 2014
Segnali di speranza in un presente che resta complesso e difficile. Proprio a Cabo Delgado, la regione di Pemba, quella stessa da cui cominciò la lotta contro i portoghesi nel 1965, è in corso un conflitto armato. Nell’area sono stati scoperti giacimenti di idrocarburi tra i più promettenti ma, a partire dal 2017, i combattimenti hanno costretto centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro case. Allo Spazio Gerra si parla anche di questo. Ad ascoltare, e a testimoniare, anche Olga Riccò e Bruna Ganapini, ponte tra passato, presente e futuro. Samito, che oggi ha 56 anni, non le ha dimenticate.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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