
Orgoglio africano e wolof: scuole di lingua per una nuova identità
In Africa c’è chi chiede di parlare le lingue degli africani. Anche in Mali, dove sono stati di recente inseriti in Costituzione 13 idiomi locali, o in Senegal, un altro Paese dove il francese non basta più.
“L’orgoglio africano si manifesta anche così” ci dice Amy Cissé, 33 anni. Nata e cresciuta in Francia ma con origini senegalesi, dopo un master in Commercio ha fondato la Wolof Académie, un’università online che offre corsi di una lingua parlata da oltre nove milioni di persone in più Paesi dell’Africa occidentale.
I corsi sono cominciati nel 2019 e i partecipanti sono in aumento. Spesso si tratta di francesi che vogliono tornare in Senegal o quantomeno capirlo di più. Molti di loro sono “repats”, esponenti delle comunità con origini africane desiderosi di conoscere il Paese dei genitori, dei nonni e degli zii. Altri sono imprenditori interessati a nuove opportunità di affari, consapevoli che in Senegal il wolof è allo stesso tempo simbolo identitario e strumento di comunicazione indispensabile nella vita quotidiana.
L’università online risponde insomma a un bisogno. “Partendo dalla mia esperienza, ho voluto aiutare le persone in cerca di una propria identità, che non si sentono né francesi né senegalesi, ma magari un po’ entrambe le cose”, spiega Cissé. “C’è chi è perfino rimproverato per il fatto di non parlare wolof e per questo non è considerato un vero senegalese”. La fondatrice della Wolof Académie aveva deciso di trasferirsi nel Paese di origine del padre. “Conoscevo Dakar per le vacanze estive ma avevo bisogno di vivere un altro tipo di esperienza” ricorda. “Mi sono resa conto dell’onnipresenza del wolof, anche in ambito professionale: avevo delle basi ma per integrarmi dovevo imparare a parlare correntemente”.

Amy Cissé, fondatrice della Wolof Académie
Grammatica e fonetica non sono sempre facili. “Ci sono vocali lunghe e corte”, spiega Cissé, “e se si pronuncia in modo scorretto si rischia di cambiare il senso della frase”. I corsi della Wolof Académie sono articolati in moduli online. Per i principianti sono previste 20 ore di lezione distribuite su quattro mesi, abbastanza per permettere di farsi capire ed esprimersi, sia pure in modo semplice. E si può continuare con un corso di livello intermedio: altre 15 ore su due mesi. I costi variano dai 300 ai 400 euro. Troppo? Non a giudicare dai dati economici diffusi a Parigi dal ministero degli Esteri: nel 2023 la Francia è tornata al primo posto tra i fornitori di beni al Senegal, con una quota del 12 per cento, davanti alla Cina. L’importanza della relazione è frutto di rapporti storici e culturali, cominciati nel XVII secolo con la fondazione dell’insediamento di Saint-Louis e continuati anche dopo la fine del dominio coloniale nel 1960. Secondo l’Institut national de la statistique et des études économiques, in Francia vivono più di tre milioni di discendenti di persone immigrate con radici africane. Molti di loro vorrebbero tornare nei Paesi di origine: più del 40 per cento, stando a un sondaggio condotto dell’Agence française de développement (Afd).
Non tutti gli studenti della Wolof Académie hanno le stesse motivazioni. “Per la maggior parte sono francesi con origini senegalesi che desiderano comunicare con i parenti, nonni, zii o cugini” spiega Cissé. “In altri casi sono persone sposate con senegalesi che desiderano interagire di più e meglio con i membri della loro famiglia acquisita”. Non mancano imprenditori, magari intenzionati a trasferirsi e convinti che conoscere il wolof serva anche a stringere accordi o firmare contratti.
Il contesto, forse paradossalmente, è segnato da cambiamenti politici e geopolitici che sembrano andare in direzione opposta. Negli ultimi anni, diversi Paesi dell’Africa hanno riesaminato e qualche volta cambiato i loro rapporti con Parigi. È il caso di Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad, Costa d’Avorio e pure Senegal, che hanno tutti annunciato il ritiro dei militari della Francia di stanza nel loro territorio. In Mali si è deciso di puntare su 13 idiomi locali e parallelamente è stato revocato lo status del francese come lingua ufficiale.
La Wolof Académie indica una via possibile, secondo Cissé. “Ci piacerebbe”, dice la fondatrice, “allargare i corsi anche ad altre lingue africane”. Le possibilità sono tante, in teoria: almeno 3mila come il numero degli idiomi locali, secondo uno studio dell’Università di Boston che non si limita ai più diffusi, come swahili, bambara o lingala.
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
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