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5 storie da seguire sull’ambiente nel 2019

Quali sono i temi da seguire in questo 2019. Il giornalista ed esperto ambientale Emanuele Bompan ne delinea cinque da tenere ben in considerazione, che definiranno campagne di advocacy, strategie diplomatiche e l’agenda dei mass media.

Sale la temperatura, salgono gli investimenti

La relazione annuale sui rischi globali del World Economic Forum, tenutosi a gennaio a Davos, Svizzera, ha rilevato attraverso un sondaggio tra circa 1.000 esperti e decisori come i problemi ambientali siano al primo posto nell’elenco delle preoccupazioni internazionali. Serve urgentemente azione internazionale, hanno ribadito politici e industriali di tutto il mondo. L’ultima chance è quella di mettere in azione l’Accordo di Parigi risolvendo il vero grande ostacolo rimasto, dopo l’approvazione del Libro delle Regole: la finanza climatica.

Per sostenere la transizione globale verso la decarbonizzazione e tutti gli INDC, gli impegni volontari degli Stati per ridurre le emissioni, toccherà alla COP25 in Cile a dicembre, il ruolo di dimostrare come risolvere quest’argomento. Finanza climatica, green bond, Green Climate Fund, accordi bilaterali, carbon market. Sono tanti gli elementi da allineare per trovare il carburante finanziario per sostenere i paesi meno sviluppati nella lotta contro il cambiamento climatico. Servirà un ruolo crescente del sistema finanziario, che dovrebbe formare una vera alleanza per sostenere un green new deal mondiale e una revisione dei sistemi fiscali nazionali, che dovrebbero vedere uno spostamento dalla tassazione sul lavoro a quella sui flussi di materiali e sull’intensità carbonica di prodotti e servizi.

Economia circolare e industria

Il mondo delle corporation sta iniziando a prendere le questioni ambientali davvero seriamente. Il disinvestimento in carbone da parte di Generali SPA, la chiusura delle centrali a carbone entro il 2025 da parte di Enel, la decisione di Nestlé di abbandonare la plastica per il packaging e Patagonia che dona l’1% dei ricavi per iniziative ambientali sono segnali importanti. Nel 2019 molte aziende dovranno rivedere i report strategici a lungo termine che scadono nel 2020 e iniziare a redigere nuove visioni legandole finalmente al piano industriale (il nuovo anno target sarà il 2030).

Inoltre il mondo industriale dovrà misurarsi con la transizione verso l’economia circolare dove gli scarti di materiali vengono minimizzati, gli oggetti sono disegnati per essere facilmente riparabili limitando i tassi di sostituzione e si promuove la condivisione trasformando il prodotto in servizio. L’Europa procede speditamente con policy e finanziamenti, facendone una priorità, la Cina sta accelerando sulla riconversione industriale, gli Usa si preparano a portare nel mainstream questo concetto. Non tutti sono però pronti: Apple ha dichiarato che le perdite del 2018 sono state dovute alla più facile riparazione dei suoi telefoni, non sapendo monetizzare sulla life-extension del prodotto. Evidentemente l’azienda di Cupertino non ha colto una delle vere innovazioni di questa decade.

Un mare di plastica

Secondo la Ellen MacArthur Foundation, famosa per aver diffuso il concetto di economia circolare, entro il 2050 negli oceani ci sarà più plastica che pesci. Ogni anno, infatti, 8,8 milioni di tonnellate di plastiche finiscono in mare. Nel 2019 c’è da scommettere che la messa al bando della plastica sarà un tema centrale in tutto il mondo, vista la crescente viralità che stanno avendo le campagne popolari contro PET, PVC e compagnia. Per correre ai ripari numerosi stati hanno iniziato una lotta senza quartiere contro oggetti e packaging a base polimerica. L’Europa bandirà numerosi oggetti monouso di plastica entro il 2021. Posate, bastoncini cotonati, piatti, cannucce, miscelatori per bevande e bastoncini per palloncini dovranno essere realizzati in bioplastica al fine di ridurre gli impatti negli ecosistemi, in particolare quelli marini. In Africa intanto è scattata una campagna continentale per la messa al bando dei sacchetti non biodegradabili. In Kenya, buttare una sporta di plastica può costare fino a quattro anni di prigione. Infine, oltre la gogna per sacchetti, cannucce e bicchieri monouso, serviranno programmi per gestire in maniera più sostenibile le reti da pesca in nylon, da sole responsabili del 20% dell’inquinamento da plastica nei mari.

Serve uno scatto…felino

Nel corso dell’ultimo secolo il mondo ha perso il 95% della sua popolazione di tigri. In soli vent’anni, i leoni africani sono diminuiti di oltre il 40%. Anche leopardi delle nevi, giaguari e specie simili sono in pericolo a causa della perdita di habitat, del bracconaggio e altre minacce ambientali, come la deforestazione. Nel 2019 dobbiamo aspettarci una nuova importante spinta per proteggere i grandi felini del mondo, prima che sia troppo tardi. I numeri sono sempre più preoccupanti. Anche specie considerate fino a pochi anni fa non in pericolo – come il gatto selvatico scozzese – si stanno estinguendo. Specie già a rischio stanno per diventare quasi estinte – come la tigre della Malesia, messa a repentaglio dalla deforestazione massiccia del paese. Per questo associazioni come il WWF International hanno deciso di aumentare gli sforzi per tutelare i felini. Non mancano però le buone notizie. In Russia fino al secolo scorso i leopardi dell’Amur (chiamati anche leopardi siberiani) sembravano aver superato il punto di non ritorno per la specie. Erano meno di trenta allo stato brado. Grazie al forte interesse del presidente Vladimir Putin, ora sarebbero oltre 100 con numerosi cuccioli avvistati. Segno che la volontà politica può modificare le sorti delle specie in via di estinzione.

Proteggere l’Amazzonia

Abbiamo bisogno di piante e alberi per sopravvivere. Forniscono ossigeno, cibo, acqua e medicine per tutti, in tutto il mondo. Eppure, nonostante gli impegni, la deforestazione è tornata a crescere. La situazione è particolarmente preoccupante in Brasile, dove il neo-presidente Jair Bolsonaro ha promesso di riprendere la deforestazione per sostenere l’agrobusiness e l’allevamento estensivo. Una delle notizie più allarmanti è stato l’ordine esecutivo con cui Bolsonaro, ex capitano dell’esercito, ha trasferito il potere di regolamentare le riserve protette dalle mani delle tribù indigene e a quelle del Ministero dell’agricoltura. Si indebolisce il Fundação Nacional do Índio – FUNAI, organismo del governo brasiliano con il compito istituzionale di proteggere e promuovere i diritti delle popolazioni indigene nel paese e il loro sviluppo sostenibile, che da sempre ha svolto un ruolo di tutela delle foreste amazzoniche. Per gli ambientalisti questa sarà la lotta da intraprendere nel 2019.

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