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Water grabbing: alla ricerca di un bene essenziale, ma sempre più scarso.

Il  nuovo libro di Emanuele Bompan e Mariarosa Iannelli  “ Water Grabbing. Le guerre nascoste per l’acqua del XXI Secolo” racconta  un’emergenza ormai planetaria.


“La domanda di acqua cresce esponenzialmente, l’offerta diminuisce per inquinamento e cambiamento climatico. E le mani che tengono  in mano il bicchiere si fanno avide”

Entro il 2030 – dati delle Nazioni Unite – il 47% della popolazione mondiale vivrà in zone «a elevato stress idrico». E perfino la Cia ha affermato che «le questioni idriche sono principalmente una questione di stabilità mondiale». Per questo Water grabbing. Le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (Editrice missionaria italiana, pp. 240 + XVI fotografiche, prefazione di Gianfranco Bologna) è un libro importante: perché è il primo testo in Italia che racconta il fenomeno dell’accaparramento dell’acqua a livello mondiale. Gli autori Emanuele Bompan, giornalista, e Marirosa Iannelli, ricercatrice ambientale, attraverso numerosi viaggi in diverse zone del mondo documentano con storie, cifre e un’inchiesta questo problema, che ha conseguenze concrete sulla popolazione, soprattutto quella più debole ed emarginata.

Nel libro vengono descritte, attraverso testimonianze e dati raccolti sul campo, diverse «guerre» per l’acqua: lo scontro geopolitico tra India e Cina intorno al fiume Brahmaputra, le tensioni tra Autorità palestinese e governo israeliano, le scaramucce tra lo stesso Israele e il Libano, e molte altre. Secondo dati della Banca mondiale, oggi restano 507 casi nel mondo di tensioni sull’uso dell’acqua non risolti in via negoziale.

Attraverso indagini sul campo in Nepal, Bangladesh, Vietnam, Brasile, Sudafrica, Israele, Libano, Etiopia e molte altre situazioni geografico-sociali, ma anche nei ricchi Stati Uniti e con un focus sulla situazione idrica del nostro paese, gli autori presentano episodi concreti di water grabbing da parte di aziende private e stati. Nel testo vengono anche documentate alcune conseguenze sul piano idrico di determinate scelte di politica ambientale, come quelle del fracking negli Usa: in Pennsylvania, ad esempio, il processo di estrazione di gas non convenzionale ha portato intere zone a essere prive di acqua potabile perché le falde acquifere risultano inquinate dai gas di scisto. Anche la produzione di energia elettrica comporta l’uso massiccio di acqua, e più si utilizza energia, più acqua serve per tale scopo, sottraendola a usi civili: quanto avvenuto in California con recenti black-out energetici testimonia quanto il problema sia reale anche nell’emisfero Nord del mondo.

Altro esempio di water grabbing sono le costruzioni delle magadighe in vari contesti geografici: quella delle Tre Gole in Cina ha comportato il trasferimento forzato di 1,2 milioni di persone; la megadiga Gibe III in Etiopia sta colpendo con forza gli equilibri geo-sociali della popolazione della regione dell’Oromia (400.000 le persone interessate da questa novità); la diga Merowe Dam in Sudan ha intaccato lo status di 50.000 abitanti, senza alcun indennizzo economico.

Gli autori testimoniano anche alcuni successi della lotta della società civile per far restare l’acqua un bene comune e far sì che essa non soggiaccia agli interesse neoliberisti delle imprese. Un’attestazione viene dall’Indonesia dove nel 2017 la Corte suprema di Jakarta ha riconosciuto il diritto alla non privatizzazione dell’acqua, in precedenza appaltata a una multinazionale come Suez. Esempi positivi di questo genere non mancano in diverse parti del mondo: Cochabamba (Bolivia), Dar es Salaam (Tanzania), Kuala Lumpur (Malaysia), Berlino (Germania), Accra (Ghana). Gli autori ricordano che nel mondo negli ultimi anni ci sono stati più di 300 casi di rimunicipalizzione dei servizi idrici.

Accanto alla lotta pubblico/privato e tra diversi stati, Water grabbing affronta anche la questione dello spreco di acqua: si stima che nel mondo ogni anno si sprechino qualcosa come 250 chilometri cubi di acqua, pari al flusso annuale di un fiume come il Volga, lungo ben 3531 chilometri.

Un libro di grande documentazione come spiega Gianfranco Bologna nella Prefazione: «Si tratta di una vera e propria inchiesta, puntuale e documentata, condotta con uno spirito di indagine serio e approfondito, che ci dimostra come il preoccupante fenomeno del land grabbing si sia ormai esteso alla risorsa acqua».

Il libro è scaricabile qui.

 

Emanuele Bompan è un giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, innovazione, energia, mobilità sostenibile, green-economy, politica americana.

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