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Salvare i beni culturali come premessa di pace e riconciliazione

Pace non solo come accordo economico tra gli Stati ma adesione profonda a un legame comune per tutta l’umanità: il ruolo della salvaguardia del patrimonio culturale secondo l’ Unesco

“Costruire la pace nelle menti degli uomini e delle donne”: le motivazioni della nascita dell’Organizzazione delle Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco), all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale, sono quanto mai attuali.

La cultura si pone come strumento privilegiato di questo processo di pacificazione; non a caso nei conflitti che tanto hanno insanguinato interi Paesi, e continuano a farlo ancora oggi soprattutto in Medio Oriente, le prime ad essere distrutte sono le antichità, le testimonianze artistiche del passato che in quei Paesi costituiscono veramente la culla dell’Umanità.

L’atto costitutivo dell’Unesco, adottato il 16 novembre del 1945, impegna i Governi degli Stati membri in un patto che mobilita le coscienze e gli spiriti, un legame profondo, quasi intimo perché nell’animo degli uomini deve risiedere la prima scintilla di pace: le reciproche incomprensioni nascono proprio da un clima di sospetto e di odio, dall’ignoranza e dal pregiudizio, dall’affermazione del dogma sbagliato della diversità razziale e umana.

Pace per l’Unesco non è tanto l’accordo economico e politico tra le Nazioni quanto la solidarietà intellettuale e morale dell’umanità raccolta in un legame duratura di mutua assistenza. Per questo il motivo caratterizzante del patto dell’Unesco recita: “.. gli Stati che hanno firmato la presente Convenzione, risoluti a garantire a tutti il completo ed identico diritto all’educazione, la libera ricerca della verità oggettiva ed il libero scambio delle idee e delle cognizioni, decidono di sviluppare e moltiplicare le relazioni tra i loro popoli, ai fini di una miglior comprensione e di una più precisa e più reale conoscenza dei loro rispettivi costumi.”.

In poche righe viene sintetizzata la proposta che il patrimonio e le identità culturali possono giocare un ruolo fondamentale nelle relazioni tra i popoli non come generatori di conflitti e sopraffazioni ma, al contrario, di mutuo interesse, dialogo e reciproca comprensione e interrelazione.

Proprio perché le motivazioni di questa proposta sono quanto mai attuali e non confinate al periodo immediatamente successivo alla fine del conflitto mondiale più drammatico dello scorso secolo e forse di tutta la storia dell’Umanità, basti pensare alle due esplosioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki, dal 2015 l’Unesco ha promosso una campagna internazionale denominata #Unite4Heritage finalizzata a sensibilizzare l’opinione pubblica, in particolare quella giovanile, sulla necessità di salvaguardare dai conflitti il patrimonio culturale e a mettere in campo iniziative concrete per la salvaguardia di beni culturali in pericolo, mobilitando soprattutto le nuove generazioni.

La Cooperazione italiana in questo disegno è stata storicamente un soggetto fondamentale sul fronte della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, inteso non solo come ricchezza delle comunità che lo possiedono, ma anche dell’intero consorzio umano e come strumento di coesione sociale e di dialogo tra i popoli.

Ad esempio, nell’interessante sintesi dei progetti sostenuti mediante un accordo tra il MAECI e la Banca Mondiale, in cooperazione con l’UNESCO, tra gli anni 2000 e 2013, pubblicata con il significativo titolo “Culture Counts” sono elencate molte iniziative realizzate in aree “critiche”, quali l’Afghanistan (Kabul), la Bosnia-Erzegovina (ponte di Mostar), la Libia e il Libano.

Rispetto al tema della riparazione di danni bellici arrecati da guerre e atti terroristici possiamo citare il più recente intervento in Afghanistan, per il restauro, la conservazione dei Buddha monumentali di Bamiyan e la valorizzazione dell’intera area di Shahr el Gholgola.

L’intervento nel suo complesso, condotto operativamente dall’Unesco, intende anche migliorare la capacità del governo afgano di gestire il proprio patrimonio culturale in modo sostenibile, incoraggiando la gestione locale di un turismo responsabile, promuovendo lo sviluppo di attività economiche pertinenti i servizi turistici, ivi comprese quelle riferibili all’artigianato artistico tradizionale, senza trascurare alcuni interventi preliminari ineludibili, quale lo sminamento delle aree interessate dai flussi di visitatori.

È questa una regione di incommensurabile interesse storico, crocevia delle civiltà greco-persiane, romane, indiane, perfino cinesi e con particolari sincretismi sul piano della produzione artistica, caratterizzata dall’incontro di fedi e credi religiosi assai diversi.

È tuttora attivo l’impegno della Cooperazione italiana in Iraq dove, anche in collaborazione con l’Unesco e con organismi specializzati come l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro del Ministero dei beni e delle attività culturali e il turismo, si stanno sostenendo importanti iniziative finalizzate tanto ad interventi concreti di restauro e conservazione del patrimonio culturale, quanto alla formazione di figure professionali che potranno sovrintendere a queste funzioni negli anni futuri.

*Funzionario Aics ufficio III

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