Ultimi articoli

  /  Articoli   /  Pace   /  Ecco Refee e Svity: le app delle ragazze aiutano i piccoli rifugiati

Ecco Refee e Svity: le app delle ragazze aiutano i piccoli rifugiati

Sofia Tereshchenko, Anastasiia Feskova e Anastasiia Demchenko hanno dovuto lasciare l’Ucraina e le loro scuole nel 2022. Poi si sono messe al pc, senza dimenticarsi dei bambini. Intervista

Dove sono? A chi posso chiedere aiuto? O, ancora, per chi ha qualche anno in più, come farmi nuovi amici e integrarmi al meglio? Domande alle quali bambini, adolescenti e giovani rifugiati possono trovare risposte usando app create da ragazze all’incirca della loro età o poco più grandi. Fuggite, proprio come loro, dall’Ucraina in guerra.

A sviluppare le app sono state Sofia Tereshchenko, 18 anni, Anastasiia Feskova, 17, e Anastasiia Demchenko, sempre 17. L’idea era nata dalla vicenda di un ragazzino originario della regione orientale di Zaporizhzhia, quella dove si trova la più grande centrale nucleare del Paese e dove continuano a fronteggiarsi gli eserciti ucraino e russo. “Credo avesse 12 anni” ricorda Demchenko in un’intervista con Oltremare. “Avevamo visto le immagini tv mentre attraversava il confine con la Polonia: era solo ed era in lacrime”.

Le app non avrebbero dovuto affatto riguardare la guerra. Quando si erano incontrate online per mettersi al lavoro, era il 20 febbraio 2022, quattro giorni prima dell’inizio dei bombardamenti russi, le tre ragazze pensavano a un programma che aiutasse a calcolare i congedi di maternità. Come Tereshchenko e Feskova, dopo un corso di programmazione informatica a scuola Demchenko aveva partecipato a una formazione online offerta da Technovation, un’organizzazione non profit americana che supporta adolescenti impegnati in progetti di valore sociale. “Avevamo acquisito le basi ma con l’inizio dei bombardamenti ci eravamo ritrovate in una situazione completamente diversa” ricorda Demchenko: “La guerra era entrata nelle nostre vite e le app diventarono tutt’altro”.

Oggi trovarle negli store digitali è facile. Basta digitare “Refee” oppure “Svity”. “Il primo nome richiama la condizione del rifugiato, in un modo breve, semplice e che forse suggerisce familiarità e speranza” spiega la diciassettenne. “Il secondo riprende invece una parola ucraina, che significa ‘sorriso’”. Le app sono semplici, con opzioni base per azioni chiave. Scaricate Refee, quella ideata per i bambini più piccoli: la prima schermata propone un servizio di traduzione, con mappe locali e la possibilità di telefonare; tra le frasi cliccabili ci sono “mi sono perso”, “ho bisogno di fare una chiamata” oppure “mi serve un riparo”.

Demchenko è originaria di Dnipro, una città dell’est dove viveva con la famiglia. Il padre, la madre e il fratello, che ha 12 anni, sono ancora lì, non lontano dalla linea del fronte. Lei invece è partita: già prima che cominciassero i raid si era candidata per un periodo di studio all’estero, in Giappone. Ed è da lì che ci risponde. “Sto frequentando una scuola internazionale nella città di Karuizawa” sorride in videocollegamento. “In giapponese so pronunciare poche parole ma mi piacerebbe restare e iscrivermi a Scienze politiche all’università”.

Demchenko è comunque tornata in Europa, anche se solo per pochi giorni. È accaduto il mese scorso: insieme con Tereshchenko e Feskova è stata a Londra, dove è stata insignita dell’International Children’s Peace Prize, un riconoscimento per bambini o ragazzi impegnati a sostenere le ragioni della pace e le vittime delle guerre. L’idea del premio fu di Mikhail Gorbachev, che la presentò nel 2005, a Roma, in occasione di un vertice mondiale dei Nobel per la pace. Negli anni tra i vincitori ci sono state anche Malala Yousafzai, l’attivista pachistana per il diritto delle ragazze allo studio, e Greta Thunberg, l’icona svedese della lotta contro i cambiamenti climatici. Alla cerimonia di Londra è intervenuta Mpho Tutu, sudafricana, figlia del Nobel per la pace Desmond Tutu. “I bambini stanno parlando” ha sottolineato nel suo discorso. “Anzi, no: stanno urlando”. Non pensava solo all’Ucraina.

Anastasiia Feskova e Sofia Tereshchenko con l'International Children's Peace Prize 2023

Anastasiia Feskova e Sofia Tereshchenko con l’International Children’s Peace Prize 2023

Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), le persone costrette a lasciare questo Paese dell’Est Europa sono già state cinque milioni e 800mila. In un caso su tre si tratterebbe di minorenni. L’emergenza dei bambini vittime della guerra è però globale. Nel mondo, già alla fine del 2022 i profughi minorenni erano più di 43 milioni. “Refee è solo in lingua ucraina, ma Svity è anche in inglese” spiega Demchenko tornando a parlare di app: “La speranza è che possa essere d’aiuto a chiunque ne abbia bisogno, indipendentemente dalla sua storia e dalla sua nazionalità”.

Biografia
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
www.vincenzogiardina.org
You don't have permission to register