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Anche a Dandora e negli slum sono nati per stare bene

La lotta contro l’Hiv passa attraverso la consapevolezza di sé. Con l’aiuto di mamme che ce l’hanno fatta e ora vogliono aiutare le altre. Insieme con la Cooperazione italiana. Reportage

Quando racconta come è cominciata, Damari Nyakundi fa un respiro che poi si scioglie in un sorriso. “So chi mi ha trasmesso l’Hiv, lo conosco da tanto, siamo amici” dice. “È accaduto dopo che ero rimasta orfana e avevo dovuto interrompere gli studi, a 15 anni”. Di anni Damari ora ne ha 31 e ha molta più consapevolezza di sé. Qui, nello slum di Dandora, nel cuore della capitale keniana Nairobi, la chiamano “disclosure”: una parola inglese che si traduce come presa d’atto e apertura, capacità di condividere con gli altri ciò che si è appreso di sé.

Di fronte, su una sedia di plastica bianca, abbiamo una “mentor mother”: una madre che dedica tempo ad ascoltare e a spiegare; e che è una guida preziosa, perché l’Hiv, il virus all’origine della Sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids), lo ha saputo accettare e sconfiggere. Ogni giorno, nel centro sanitario Dandora II, condivide la propria esperienza con altre giovani che stanno per avere un bambino o che sono appena diventate madri. “Avevo il desiderio di aiutare le mamme come me perché potessero proteggere i loro piccoli dal virus” spiega Damari. “Con la terapia giusta, con una buona alimentazione e assumendo i farmaci antiretrovirali con regolarità, è possibile ridurre molto il livello di carica virale nell’arco di pochi mesi”.

Damari Nyakundi, una “mentor mother” di Dandora. © Vincenzo Giardina

Che il punto chiave sia la presa di coscienza, più forte di ogni stigma o vergogna, lo dicono anche le pazienti più anziane. Una di loro agita le braccia nella penombra mentre giovani madri la ascoltano attente sedute su panchine tutte intorno. “Tu lascia che parlino e intanto assumi i farmaci” dice la donna, recitando come in trance: “Se mangi bene e prendi le medicine vivi a lungo, ma se neghi la tua condizione invece muori”.

L’accettazione, come presa di coscienza e pure come accoglienza, è un principio base a Dandora II. Accanto al cancello di ingresso del centro sta scritto che i servizi sanitari sono offerti a titolo gratuito. Sul muro c’è anche un motto che è in realtà un impegno: “Migliorare la qualità di vita della nostra comunità”. All’interno ci accoglie il direttore, Dennis Nthiga. “Il centro è aperto 24 ore su 24 e ha un bacino di utenza di 70mila persone” spiega. “Offriamo servizi per la salute materno-infantile, di nutrizione e fisioterapia riabilitativa”.

Il Tumaini Health Center. © Vincenzo Giardina

Damari è una delle cinque “mentor mother” in servizio. “Fino a qualche tempo fa erano solo in due” sottolinea Grazia Orsolato, una cooperante che vive in Kenya dal 2010 ed è responsabile di Medicus Mundi, un’organizzazione della società civile parte della rete Network italiano salute globale. “Il compito delle ‘mentor mother’ è sensibilizzare nei quartieri, spingendo le donne sieropositive a fare i test e cominciare la cura nel centro: sono un ponte fondamentale con la comunità, indispensabile per garantire più informazione, consapevolezza, salute e diritti”. Le madri attiviste sono stipendiate e formate da Medicus Mundi grazie a un progetto che si chiama “Born to Be Healthy”, “nati per stare bene”: l’obiettivo, grazie al supporto dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), è ridurre il più possibile il tasso di trasmissione dell’Hiv dalle madri ai figli.

Ne parliamo, a Nairobi, con Giovanni Grandi. Già dirigente di banche di investimento internazionali, esperto di finanza per lo sviluppo, dallo scorso anno ha assunto la guida di un ufficio chiave di Aics, che copre Paesi lontani e diversi tra loro come Repubblica democratica del Congo e Kenya, Tanzania e Burundi, Uganda e Somalia. “I servizi per le persone, nel settore dell’istruzione, della parità di genere e ovviamente della sanità, sono uno degli impegni principali” sottolinea Grandi. “La cornice è costituita dal Kenya-Italy Sustainable Development Plan, una programmazione pluriennale sottoscritta nel marzo scorso in occasione della visita a Nairobi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella”. Lo stanziamento complessivo per gli interventi di cooperazione è di cento milioni di euro, suddivisi in tre anni, sotto forma di dono o di crediti. “Uno dei programmi di riferimento riguarda la salute materno-infantile” evidenzia Grandi. “È implementato tramite organizzazioni della società civile, che qui sono un partner fondamentale, e ha un carattere regionale, coprendo non solo il Kenya ma anche l’Uganda e la Tanzania”. Secondo il dirigente di Aics, “anche grazie alla consulenza del Centro di salute globale Meyer di Firenze, si punta a creare una rete tra sistemi sanitari per mettere a comune denominatore i protocolli e le pratiche migliori”. Le iniziative sono differenti: si va dalla formazione alla fornitura di attrezzature e al supporto per l’innovazione tecnologica.

Washington Njogu, direttore sanitario del “Neema” Hospital. © Vincenzo Giardina

Qualche esempio? Ne troviamo al “Neema” Hospital, una struttura di riferimento per una decina di centri sanitari negli slum. “Tra i progetti c’è l’app Mimba+, una parola swahili che vuol dire gravidanza” ci spiega Washington Njogu, il direttore sanitario. Laureato in medicina all’Università di Perugia e specializzato a Nairobi in igiene pubblica, lavora insieme con l’organizzazione World Friends e condivide volentieri le nuove iniziative. “Grazie al supporto della Cooperazione italiana, la nuova applicazione aiuterà sia i pazienti sia lo staff medico con promemoria delle visite prenatali inviati anche via mobile e digitalizzazione delle cartelle cliniche”.

Biografia
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
www.vincenzogiardina.org
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