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L’Europa, la cooperazione e il coraggio per difendere la democrazia nel mondo

L'azione dell’Unione europea a favore dei diritti umani dove la pace è necessaria come in Africa, passa attraverso la costruzione di istituzioni forti e il sostegno degli attori della società civile. A colloquio con Hilaire Kamga

La sfida del giornalista Michael Meyer-Resende lanciata al vice presidente della Commissione europea, Josep Borrell, può rappresentare un programma di cooperazione per la diplomazia dell’Unione europea.”L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri ha utilizzato un linguaggio piacevolmente chiaro per illustrare le politiche estere europee. Ora dovrebbe parlare con franchezza della democrazia” ha detto Meyer-Resende nel suo accorato appello a favore di un maggiore ruolo dell’Unione a sostegno della democrazia nel mondo. In risposta, il capo della diplomazia europea non si è tirato indietro riconoscendo che l’Europa deve fare di più per costruire la pace nel mondo. “Occorrono franchezza e un’azione decisa per difendere la democrazia”, ha scritto Josep Borrell sul blog della commissione.

Ossia, mentre è in atto una “recessione democratica” e nuove minacce incombono sulla democrazia, l’Ue può uscire dal solito linguaggio diplomatico per impegnarsi sempre di più ad aiutare a costruire pace ed istituzioni dove il bisogno si fa sentire, sia all’interno che all’estero. In particolare, l’interpellanza chiedeva di rafforzare la collaborazione con le altre democrazie per contrastare l’ascesa dell’autoritarismo.

Hilaire Kamga e la sfida dell’Africa

A questo proposito il giurista camerunese Hilaire Kamga ricorda a Oltremare che lo studioso Jacques Mourgeon all’inizio degli anni ’90 ha osservato che “vi sono popolazioni che, a causa di forti disordini o dell’incapacità culturale, non sono ricettive alla nozione stessa di diritti umani”. Mourgeon ha ricordato anche che “le Nazioni Unite hanno attuato programmi a lungo termine per il cibo, per la salute o per lo sviluppo ma non per i diritti umani”, e ha chiesto “lo sviluppo di azioni educative incentrate sul rispetto di questi diritti tra la popolazione locale”. Questo appello è stato lanciato dall’Unione Europea, il cui mandato in Africa è fortemente influenzato da azioni di tutela e promozione dei diritti umani. A tal fine, l’Ue agisce spesso attraverso il Fondo europeo di sviluppo (Fes) e strumenti come l’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani (Eddh).

Hilaire Kamga

Per spiegare come l’Unione Europea intenda agire concretamente in materia di diritti umani, Kamga cita la Commissaria europea per le partnership internazionali Jutta Urpilainen. “I diritti umani e la democrazia costituiscono la pietra angolare dello sviluppo sostenibile e inclusivo e sono essenziali per affrontare le sfide globali e garantire che i cittadini raggiungano il loro pieno potenziale e realizzino le loro aspirazioni” ha detto Urpilainen. “Comunque lo si misuri, in termini di stabilità, uguaglianza, crescita economica, salute o longevità, le democrazie si comportano sempre meglio nel lungo periodo rispetto ad altre forme di governo” ha aggiunto.

Tale interesse, secondo Kamga, dovrebbe tradursi in una strategia coerente, in particolare per quanto riguarda il sostegno agli attori della società civile in Africa, dal momento che il continente ancora si confronta con azioni dannose di governi illegittimi, gravi e massicce violazioni dei diritti umani, e pregiudizi ricorrenti nei confronti dei processi democratici, che portano, in molti casi, a instabilità.

“La missione di tutela dei diritti umani”, continua Kamga, “comprende quindi l’attività di monitoraggio del rispetto dei diritti umani e l’attività di indagine per le accuse di violazione dei diritti umani. Per quanto riguarda le azioni promozionali, esse consistono nel sensibilizzare gli stakeholders, nonché i vari attori, sulla necessità del rispetto dei propri diritti, e nel fornire competenze alle istituzioni statali tradizionali, nonché alle giovani istituzioni specializzate nella tutela dei diritti umani dell’uomo. Il sostegno dell’Unione europea, nella sua ambizione, risponde alle sue preoccupazioni”.

Ma lo spiegamento strategico di questa ambizione è relativo sia in termini di volume di investimenti che di orientamento settoriale e politico del sostegno dell’Ue, afferma il giurista camerunese. “In termini di investimenti, con rammarico si può rilevare che l’Unione opera nel quadro di accordi di cooperazione bilaterale con gli Stati africani. Tuttavia, tali accordi concedono solo una parte molto marginale agli attori della società civile” spiega Kamga.

Infatti “gli inviti a presentare proposte lanciati dall’Unione Europea in direzione della società civile sono rari e hanno una selettività che esclude a priori oltre il 70% delle Osc”, spiega Kamga. Peggio ancora, “questo finanziamento dell’Unione Europea esclude le componenti strategiche che potrebbero consentire l’emergere di potenti organizzazioni nei paesi africani”. Secondo lo studioso, gli strumenti dell’Ue evitano il più possibile di fornire supporto al funzionamento e allo sviluppo delle Ong africane.

Il settore dei diritti umani e della democrazia rappresenta meno del 10% del sostegno dell’Ue alla società civile in Africa, secondo uno studio della piattaforma della società civile africana. La priorità è data invece a settori come l’ambiente, l’istruzione e la salute. Tuttavia, fa notare Kamga, tutti questi settori produrranno risultati relativi se non verrà applicato un approccio trasversale basato sui diritti umani.

Inoltre, secondo il giurista, gli attori del settore dei diritti umani in Africa, pur accogliendo con favore quanto già fatto, ritengono che queste azioni non siano sufficienti e molto spesso messe a repentaglio da un ambiente politico e istituzionale resistente ai diritti umani con una reale presa sulle libertà fondamentali.

A questo punto “possiamo però pretendere di risolvere tutte le questioni di pace e sicurezza solo con la creazione di istituzioni, quando sappiamo che alcuni Stati si rifiutano di aderire a queste organizzazioni internazionali?” si chiede Kamga. “Il sistema africano per la tutela e la promozione dei diritti umani” spiega “deve essere rinforzato e alleggerito. La società tradizionale africana è fortemente intrisa di sentimento comunitario. La concezione africana dei diritti umani sostiene l’individualità e non l’individualismo che caratterizza la concezione occidentale”.

Esiste quindi una specifica concezione africana del diritto e più in particolare del diritto dei diritti umani. In Africa, continua Kamga, “la legge non è concepita come una specie di spada posta nelle mani dell’individuo per consentirgli di difendersi dal gruppo. È piuttosto considerato come un insieme di regole di tutela della materia comunitaria di cui l’individuo fa parte”.

Per questo l’Unione Europea “dovrebbe riorientare strategicamente la sua azione a favore dei diritti umani in Africa, in particolare essendo più offensivi nei confronti dei governi” per favorire, “anche attraverso finanziamenti più consistenti, l’emergere di società civili forti in grado di resistere ai tentativi di restringere lo spazio civico”. Per Kamga si tratta quindi di sostenere le Osc africane nella lotta urgente legata all’allineamento degli arsenali legali sulle libertà di associazione e di riunione con le linee guida dell’Unione Africana in materia. Tutto questo alla fine “consentirebbe di avere forti Osc che portano avanti la causa dei diritti umani senza il rischio di essere agli ordini dei governi. Si tratta, infine, di coinvolgere più concretamente le Osc dei diritti umani nei quadri di dialogo tra Ue e governi”.

L’esperienza di Ismael Kouassi Yayi Oka in Costa d’Avorio

Nella sua Costa d’Avorio che ha conosciuto una guerra civile con migliaia di vittime durante la crisi post elettorale del 2011, Ismael Kouassi Yayi Oka, avvocato di formazione e dirigente della Clinica Legale di Korhogo è una figura emblematica nella (ri)costruzione della pace. La struttura che ora dirige è stata fondata dall’Associazione delle donne avvocatesse (Afjci) per promuovere l’accesso alla giustizia e ai diritti umani da parte soprattutto di donne e ragazze, racconta a colloquio con Oltremare.

“Le difficoltà che incontriamo nella costruzione di istituzioni in Africa secondo me sono dovute all’assenza di istituzioni forti, al mancato rispetto dei testi che i paesi stessi si sono dati. Questo rende il lavoro dei difensori dei diritti umani, spesso in situazioni, condizioni pericolose per la vita, difficile” spiega l’avvocato.  “Poi c’è la mancanza protezione e di finanziamenti per la società civile, la mancanza di formazione sia per i tanti attori stessi che per la popolazione su determinati metodi di lavoro e l’importanza della pace, la mancanza di professionalità degli attori della società civile, la dipendenza degli attori della società civile dagli uomini politici”.

Ismael Kouassi Yayi Oka

Nonostante questo per Oka la pace non è un miraggio né in Africa né nel mondo. “In Africa la popolazione aspira a vivere in pace come in tutte le parti del mondo. La  pace è più che una necessità per lo sviluppo del continente e gli africani sono uomini di pace”, sostiene. Ma come si può avere successo nella costruzione di istituzioni forti nel continente? “Rafforzando le capacità della società civile e di coloro che la animano” spiega Oka. “La società civile deve essere consapevole del proprio ruolo nella creazione di pace e istituzioni durevoli, ma il sostegno non deve dipendere dalle relazioni di interessi fra gli stati”.

I partner internazionali “devono aiutare l’indipendenza della società civile a tutti i livelli. Gli attori della società civile e tutti coloro che lavorano per la pace e lo sviluppo di una società di diritti devono poter esercitare e avere il sostegno della comunità internazionale a prescindere dagli accordi politici o economici, rimanendo indipendenti”. Per Oka “pace e istituzioni sostenibili devono essere l’obiettivo degli africani ma dentro nel rispetto delle condizioni internazionali”.

Oka poi concorda con Kamga: “la società civile deve poter avere voce in capitolo sui finanziamenti che i partner internazionali concedono ai paesi africani”. I partner, a loro volta, “devono subordinare il loro aiuto all’impegno dei governi nei confronti delle popolazioni beneficiarie” dice. Inoltre, conclude, “è necessario facilitare gli scambi con gli attori degli altri continenti e tra i paesi africani. La società civile deve essere coinvolta a tutti i livelli dei negoziati tra partner e governi quando si tratta di ottenere finanziamento”.

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