
Anno internazionale dei ghiacciai, la sfida del Pakistan
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2025 Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai, per ricordare che i ghiacciai sono una componente fondamentale del ciclo idrologico e del sistema climatico e che il loro attuale ritiro avrà ripercussioni economiche, sociali e ambientali molto gravi.
Sono il canarino nella miniera bollente del cambiamento climatico. I ghiacciai globali, in una situazione di fusione sempre più critica, rapida e duratura, sono uno dei grandi indicatori visibili della rapidità e intensità del cambiamento climatico. Sono il più evidente e misurabile impatto dell’aumento delle temperature medie, raccontati dai confronti fotografici, dalle storie delle vecchie guide alpine e dagli sherpa himalayani, misurati con attenzione nella loro trasformazione e rapida agonia e tenuti sotto stretto controllo per gli impatti negativi che la loro scomparsa può avere su economia e società.
Secondo la glaciologa Isabelle Gärtner-Roer, Science Officer del World Glacier Monitoring Service (WGMS) «i ghiacciai non sono affatto in buone condizioni. Fino a circa 15 anni fa esistevano aree o regioni con bilanci di massa ancora positivi, ovvero la massa di ghiaccio accumulato durante l’inverno, derivante dalle precipitazioni nevose, era maggiore della massa persa per fusione. Oggi, grazie a strumenti come mappe di calore che rappresentano l’andamento del bilancio di massa anno per anno, possiamo vedere chiaramente che la tendenza a scala globale è negativa. Negli ultimi 5-10 anni non ci sono più regioni che presentano bilanci di massa positivi. Le estati sono state così calde e la perdita di neve così significativa da portare a bilanci estremamente negativi. Questa situazione sta peggiorando progressivamente e in modo sempre più marcato».
Tra le regioni dove l’impatto della scomparsa dei giganti di ghiaccio è più grave, si annovera l’area himalayana e dell’Hindu-Kush, specie tra il confine del Pakistan e la Cina. Nell’area del Karakorum, da fine degli anni Ottanta opera il progetto EvK2-CNR, lanciato dal professore Ardito Desio e sostenuto dal MAECI, AICS e da varie agenzie Onu. Il progetto si occupa del monitoraggio dello stato di salute dei ghiacciai della regione, supporta progetti di analisi e monitoraggio del rischio, di sicurezza idrica, di protezione della biodiversità e di sviluppo socio-economico.
L’area montana del Pakistan è critica poiché, spiega Francesco Zatta, responsabile della sede AICS in Pakistan, «i ghiacciai rappresentano una delle più importanti risorse naturali della regione, il cui scioglimento alimenta in buona misura i corsi d’acqua del bacino dell’Indo. È soprattutto dai fiumi che la popolazione attinge acqua per il consumo domestico e per irrigare i campi, ed è dagli stessi che viene ricavata la massa necessaria per produrre energia idroelettrica».
Da anni l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo finanzia iniziative che pongono al centro il miglioramento della gestione delle risorse naturali locali, quale volano di sviluppo socio-economico sostenibile, contribuendo ai Piani economici del paese e in linea con l’Agenda 2030. Uno dei progetti più d’impatto è stato Ghiacciai e Studenti, sviluppato insieme a EvK2-CNR, recentemente concluso, con il quale sono stati coinvolti gli studenti e ricercatori di università italiane e pakistane per il monitoraggio dei ghiacciai dell’Himalaya, del Karakorum e dell’Hindu Kush, accessibili dal Pakistan. Da questo progetto è nato un inventario estremamente accurato di 13,032 ghiacciai, analizzandone lo stato di salute, le potenziali riserve d’acqua e tutti i rischi derivati dal rapido scioglimento di questi fragili depositi di ghiaccio.
Rischi e allerte
Sebbene il Pakistan contribuisca solo allo 0,88 % delle emissioni di gas serra, attualmente si trova al 6° posto nel Global Climate Risk Index per frequenza di catastrofi climatiche, come ricordano le terribili alluvioni 2010 (con oltre 20 milioni di persone colpite) e del 2022 (che hanno sommerso un terzo del paese). Nonostante la quantità d’acqua che ha causato tali catastrofi sia stata prevalentemente dovuta all’intensità delle piogge monsoniche, le inondazioni hanno imposto con evidenze drammatiche la necessità di affrontare in modo integrato e coordinato i rischi ambientali, soprattutto quelli legati al clima e all’acqua. Uno dei fenomeni meno conosciuti legati al cambiamento climatico, è quello dei GLOF, acronimo di “glacial lake outburst flooding”. L’innalzamento delle temperature comporta un’accelerazione della velocità di scioglimento dei ghiacciai e l’acqua di fusione si raccoglie in bacini prevalentemente in superficie ma anche sotto ai ghiacciai stessi che in particolari circostanze, possono rompere e causare un’inondazione verso valle. I GLOF sono quindi eventi improvvisi che possono rilasciare milioni di metri cubi di acqua e detriti, e quando si manifestano, causano perdite di vite umane, di proprietà e di mezzi di sostentamento delle comunità che vivono in aree a rischio. «Le aree geografiche più esposte a tali rischi sono il Gilgit-Baltistan e la provincia del Khyber Pakhtunkhwa, dove risiedono in condizione di vulnerabilità più di 7 milioni di persone», commenta Zatta. «Per questo in collaborazione con i nostri partner si intende procedere con un inventario dei laghi glaciali e periglaciali che sarà la base per i modelli climatici previsionali per l’installazione di early warning system, ovvero di meccanismi di allerta precoce per salvare vite umane e ridurre i rischi dei GLOF».
Monitorando i ghiacciai si fa monitoraggio del ciclo dell’acqua, fondamentale per lo sviluppo rurale del Pakistan al fine di garantire la sicurezza alimentare, fondamentale per avviare processi virtuosi anche in altri settori, quali il turismo. Il Gilgit-Baltistan è infatti famoso per le ciliegie, le albicocche, le patate, e altre culture. «AICS finanzia il progetto regionale “Servizi Eco-sistemici e Occupazione” che, eseguito dalla FAO, mira a migliorare le condizioni di vita delle comunità rurali attraverso la gestione sostenibile delle risorse naturali, in particolare nelle aree montane, dei Paesi aderenti alla Mountain Partnership delle Nazioni unite, che vanno dal Pakistan al Montenegro»
Le attività prevedono la valutazione delle vulnerabilità sulla base di indicatori ambientali e socioeconomici selezionati e la definizione di una mappa della vulnerabilità, ad esempio, relativa ai cambiamenti climatici, siccità, degrado del suolo, inondazioni, e a fattori economici, come l’accesso ai servizi finanziari, la disponibilità di tecnologie e la connettività. Attraverso il risultato di tali analisi, il progetto contribuisce a una definizione informata di piani di sviluppo locali.
Turismo
Se per anni le montagne del Nepal erano la destinazione sia di alpinisti che di semplici camminatori e viaggiatori, da qualche anno anche il Pakistan è entrato nella bucket list degli amanti dei trekking in aree remote, in particolare nel Baltistan, dove si sono registrate oltre 880mila visite nel 2023, un netto aumento dalle 50mila registrate nel 2015. Questo flusso di visitatori pakistani e internazionali sta avendo un impatto sia positivo che negativo sull’economia della regione. Da un lato si creano nuove opportunità economiche (anche se spesso gli investitori vengono da fuori regione), dall’altro si registrano impatti ambientali e difficolta nella gestione della disponibilità di energia e di infrastrutture. Il Gilgit-Baltistan ospita cinque degli “ottomila”, tra cui il K2, e più di cinquanta vette sopra i 7.000 metri. in un’area di circa 72.000 chilometri quadrati risiede una popolazione stimata di circa 1,7 milioni. In aumento anche il numero di visitatori nella provincia del Khyber Pakhtunkhwa nella quale sono presenti importanti aree montane e siti di interesse storico e archeologico, in particolare dell’Hindu Kush, con cime che arrivano anche a 7.700 m s.l.m. e nella valle dello Swat. «In questa regione abbiamo il progetto “Just Transitions”, di prossimo avvio, che mira a fornire formazione professionale nell’edilizia sostenibile e servizi per l’eco-turismo. Il progetto, eseguito dall’ILO, intende favorire la crescita occupazionale, imprenditoriale ed economica nei distretti alluvionati della provincia», spiega Zatta. In Baltistan l’Italia ha contribuito alla creazione dei parchi nazionali del Karakorum centrale e del Deosai, scrivendo attraverso la collaborazione di EvK2-CNR i piani di gestione e le strategie di coinvolgimento delle comunità locali e il raccordo delle stesse con gli enti preposti. E in futuro si lavorerà sempre di più per cercare di sviluppare un turismo locale, rispettoso dell’ambiente e della cultura Balti, ma soprattutto in grado di contribuire alla protezione dei grandi giganti di ghiaccio, testimonianza della sfida immensa di ridurre le emissioni di gas climalteranti.