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Crediti: Avsi

L’agricoltura rigenerativa, una scelta obbligata nei progetti di cooperazione

Conclusa la conferenza della Convenzione Onu per la lotta alla desertificazione. Per tutelare il suolo servono nuovi modelli agricoli nella cooperazione. Come nel progetto Foresite di Avsi

Si è conclusa il 20 maggio, ad Abidjan, in Costa d’Avorio, la quindicesima sessione della Conferenza delle parti (Cop15) della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (Unccd). L’evento, che ha visto una nutrita partecipazione del settore privato, della società civile e del mondo scientifico, ha lavorato attivamente sulla protezione e gestione di uno dei beni più preziosi della Terra: il suolo. Uno sforzo che perdura da molti anni, ma che continua ad essere insufficiente. Sono numerosi i fenomeni di erosione e eliminazione del suolo, dalla cementificazione all’agricoltura estrattivista non rigenerativa, passando per l’uso eccessivo di sostanze chimiche, come fertilizzanti e fitofarmaci, e la crescente scarsità idrica.

Anche durante la Cop15 si è tornati a parlare ampliamente del concetto di agricoltura rigenerativa, ovvero una serie di tecniche che combinano conoscenze tradizionali alle tecniche moderne, mimando i processi naturali per rigenerare il suolo sfruttato dalle pratiche agricole intensive o minacciato dalla desertificazione e ottenere prodotti sani e di qualità.

Una soluzione promossa ampliamente anche nell’ultimo The Global Land Outlook 2, il report prodotto da Unccd per sostenere i lavori negoziati di Abidjan. “È una metodologia che ripristina la salute del suolo e protegge l’acqua e la biodiversità riducendo l’erosione, la lavorazione del terreno e l’uso di prodotti chimici agricoli, integrando colture, alberi e bestiame nelle fattorie”. È pubblicizzata come una pratica che può aiutare a spostare l’agricoltura dall’essere un motore di degrado a un pezzo della soluzione verso il ripristino del territorio.

Sono numerosi gli esempi che vengono riportati nel The Global Land Outlook 2. Come ad esempio Big Trees Farm in Indonesia che sfrutta l’agro-silvicoltura biologica integrata coinvolgendo oltre 85mila agricoltori, attraverso accordi premium e la mappatura con Gps delle aree forestali per garantire il non abbattimento, alberi che con il loro fogliame offrono nutrimento al suolo e alle piante di cacao e cocco. Un altro esempio è quello spagnolo di Commonland sull’Altipiano Espario, nel sud della Spagna, dove l’acqua è scarse e le condizioni climatiche sono estreme. Mettendo in rete i produttori sono state sviluppate congiuntamente pratiche agricole rigenerative attraverso l’Altipiano. Le tecniche impiegate includono la preservazione degli acquitrini, la ristrutturazione dei terrazzamenti, piantumazioni di alberi per creare “coperture verdi” per l’ombreggiamento e creazione di frangivento naturali (come i muretti a secco) per conservare il suolo e l’acqua e migliorare la biodiversità. Da un terreno abbandonato e povero oggi si producono mandorle, pistacchi, noci, vino, miele, erbe aromatiche e olio d’oliva.

Nel documento sono contenute decine di esempi come questi: rafforzamento degli impollinatori, rigenerazione forestale attraverso piante autoctone, aumento della radicalizzazione nel suolo attraverso erbe e cespugli, integrazione di molteplicità di animali e piante (ad esempio le colture di gomma, mangosteen thè e cardamomo in Thailandia), concimazione con animali in libertà, biodiversità dei semi. Ma anche pratiche di gestione e monitoraggio, dall’uso eccessivo di fertilizzanti chimici alle tecnologie low cost per agricoltura e irrigazione di precisione, passando per lo studio delle pratiche di coltura tradizionali. Il report è un ottimo catalogo di idee e progetti da imitare e replicare sia nella cooperazione che con progetti pubblico privati o anche interamente di iniziativa privata, specie ora che le aziende iniziano ad essere attirate da soluzioni nature-positive.

In Italia ancora poche ong hanno programmi strutturati specifici sull’agricoltura rigenerativa. Numerose Ong contattate hanno riferito di non avere programmi in essere su questo tema, anche se numerosi programmi di sviluppo agricolo-sicurezza alimentare contengono elementi di sostantività, varie delle quali possono ricadere nei set di pratiche di rigenerazione.

Uno dei progetti più interessanti è Foresite, realizzato da Avsi nell’area di Cueibet, Sud Sudan dove la rigenerazione dei terreni è avvenuta attraverso la ricomposizione del patrimonio agro-forestale, con uso sostenibile del legname e alberi da frutta. “La rigenerazione del suolo è solitamente aiutata dalle molte foglie degli alberi, che cadono e si decompongono migliorando i nutrienti del suolo” spiega Abraham Nyanwel, Project Manager Avsi a Rumbek, in Sud Sudan. “L’erba spessa che cresce, una volta che si secca può rappresentare un altro dei nutrienti del suolo. Con Farmer Managed Natural Regeneration (Fmnr) i terreni disboscati vengono protetti per favorire la ricrescita degli alberi soprattutto per una gestione efficace del suolo”. La rigenerazione del suolo è fondamentale per un’agricoltura resiliente «poiché il miglioramento e l’incremento di un buon terreno porta conseguentemente ad un aumento dei raccolti durante la stagione di produzione agricola”, continua Nyanwel.

Il progetto Foresite. Crediti: Avsi

Nei prossimi anni nei bandi si richiederà sempre di più di valutare un approccio come quello presentato nel report Unccd. Specie nei bandi Ue si può notare un interesse molto spiccato per la tematica dell’adattamento e contrasto al cambiamento climatico anche attraverso investimenti in progetti che puntino allo sviluppo di agricoltura rigenerative. “Benché in contesti emergenziali come il Sud Sudan sia più complicato focalizzare energie e investimenti nello sviluppo”, spiega Davide De Micheli, coordinatore programma in Sudan di Avsi, “si nota un’attenzione particolare da parte di tutti i donatori ad includere sempre una sempre maggiore componente legata alla prevenzione e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Anche il tema della rigenerazione, riforestazione e consumo sostenibile della terra cominciano ad entrare sempre più nei bandi progettuali, soprattutto in un paese, il Sud Sudan, in cui la deforestazione causa una perdita dell’1% annuo delle foreste del paese e la crescita demografica aumenta la pressione sull’utilizzo delle risorse naturali”.

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. E’ Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019),Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018) “Che cosa è l’economia circolare” (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.

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