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Giornata Mondiale dell’Acqua, prosperità e pace il tema 2024

La scarsità d'acqua o il suo inquinamento rischiano di esacerbare le tensioni in diversi Paesi del mondo. Quando disponibile e sicura, questa risorsa è invece un motore della crescita socioeconomica, ma serve tornare a investire in cooperazione blu, come ricordano le Nazioni Unite

La campagna dele Nazioni Unite per la Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo 2024 è legata al tema “Acqua per la pace”, che si concentra sul ruolo critico di questa risorsa per la stabilità e la prosperità del mondo. “Quando l’acqua è scarsa o inquinata, o quando le persone non hanno un accesso equo o non lo hanno, le tensioni possono aumentare tra le comunità e i Paesi. Più di tre miliardi di persone nel mondo dipendono dall’acqua che attraversa i confini nazionali. Eppure, su 153 Paesi che condividono fiumi, laghi e falde acquifere con i loro vicini, solo 24 Paesi dichiarano di avere accordi di cooperazione per tutta l’acqua condivisa”, si legge in un comunicato dell’Agenzia delle Nazioni Uniti, UN Water, che sottolinea come la water diplomacy abbia ancora molti passi da fare.

Con l’aumento degli impatti dei cambiamenti climatici e la crescita della popolazione mondiale, rafforzare i processi di cooperazione e diplomazia, basandosi anche su una prosperità condivisa sono fondamentali. Per questo la Giornata mondiale dell’acqua è una ricorrenza dell’Onu  coordinata da UN Water, fondamentale da celebrare. Ogni anno sensibilizza l’opinione pubblica su un’importante questione legata all’acqua e ispira l’azione per affrontare la crisi idrica e igienico-sanitaria.

Etiopia, le dighe su fiume hanno trasformato la vita degli abitanti locali © Fausto Podavini

Invertire la crisi idrica, sostenere la prosperità

Ci sono due macrotemi che bisogna guardare con attenzione quando si cerca di capire la situazione idrica mondiale. Il primo è la domanda: “a livello globale, si prevede che il consumo o l’utilizzo di acqua crescerà di circa l’1% all’anno nei prossimi 30 anni. Già oggi un quarto della popolazione si trova ad affrontare livelli estremamente elevati di stress idrico, il che significa che utilizza l’80% o più della propria riserva annuale di acqua dolce rinnovabile”, spiega Rick Connor, autore del Rapporto sullo sviluppo idrico mondiale delle Nazioni Unite, principale documento delle Nazioni Unite sull’acqua, durante un press briefing. Il secondo elemento è dato dall’accesso alla risorsa idrica: “2,2 miliardi di persone non hanno accesso ad acqua potabile gestita in modo sicuro. L’80% delle persone che non dispongono di servizi di base per l’acqua potabile vive nelle aree rurali”, continua l’esperto Onu. Tre miliardi e mezzo non hanno ancora a disposizione servizi sanitari sicuri.

Il titolo del report di quest’anno è Water for prosperty and peace, ribaltando la formula pace e prosperità poiché “generalmente è più facile allentare le tensioni sull’acqua quando entrambe le parti vedono opportunità di prosperità e crescita attraverso la cooperazione”, spiega Connor.

Una ragazza con in mano un catino. Crediti: Ilaria Quintas

Una ragazza con in mano un catino © Ilaria Quintas

L’acqua è da tempo riconosciuta come un motore della crescita socioeconomica. Tuttavia, non esiste una relazione chiara tra il Prodotto interno lordo (Pil) pro capite di un Paese e la sua disponibilità idrica. Secondo gli economisti, spesso in molte nazioni sussiste un paradosso, il water prosperity paradox, che enuncia: mentre i Paesi a medio e basso reddito hanno bisogno di acqua per sviluppare le loro economie, hanno anche bisogno di crescita economica per finanziare lo sviluppo idrico.

Dunque, per disinnescare tensioni politiche e conflitti legati alla crescente domanda idrica (principalmente agricoltura, che ruba il 70% del totale impiegato dall’uomo, ricorda Connor), serve lavorare sui settori idrovori, da quello energetico all’agroalimentare e zootecnico, ma anche ambiti emergenti, come i progetti di cattura e stoccaggio della CO2 e i centri di calcolo dell’intelligenza artificiale (tra i 20 e 100 litri per un singolo prompt), quest’ultima tecnologia che potrebbe giocare però un ruolo importante nella riduzione dei consumi. Ma soprattutto serve tornare a investire in cooperazione blu, lavorando su infrastrutture, agricoltura resiliente, efficientamento dei settori industriali, gestione della biodiversità per realizzare territori spugna.

Pace blu, una chimera?

 “L’acqua è stata più spesso uno strumento, un bersaglio o una vittima della guerra, ma non tipicamente la causa della guerra”, spiega Connor. Bisogna piuttosto concentrarsi su conflitti e controversie, quando la domanda supera l’offerta, la disponibilità è compromessa a causa dell’inquinamento, quando c’è competizione per un acquifero o un fiume sul prelievo idrico. Questo può generare conflitti di natura locale o regionale, raramente transnazionale, tra diversi livelli della società, tra pubblico, industria, agricoltura. “Nei casi più acuti può causare migrazioni forzate, rischi alimentari e l’esposizione a ulteriori minacce per la salute”. L’esperto Onu ricorda come “il diritto umanitario internazionale, compresa la Convenzione di Ginevra, proibisce esplicitamente di colpire le infrastrutture idriche civili”, come purtroppo recentemente successo a Gaza e in West Bank, dove, a una situazione già difficile (salinizzazione della falda ed eccessivo prelievo a Gaza) si sono aggiunte numerose limitazioni allo sviluppo dell’infrastruttura imposte dall’autorità militare israeliana e più recentemente i numerosi danni dovuti alle operazioni militari nella Striscia.

Rifugiati siriani a Wadu Lhaked, Libano © Aics Beirut

Gli strumenti a livello internazionale per promuovere la pace attraverso l’acqua includono gli accordi e la cooperazione sulle acque condivise a livello internazionale e approcci basati sui diritti umani. Si sostiene che tali approcci aiutino a gettare le basi per una più ampia costruzione della pace, della riconciliazione e della ricostruzione. “Tuttavia, poiché la maggior parte delle controversie si verifica a livello locale, le strutture partecipative di governance dell’acqua basate sulla comunità possono rappresentare un elemento critico per la costruzione della pace” conclude Connor, ribadendo la necessità di creare processi di governance locale condivisa ed inclusiva, spesso assenti nei programmi di cooperazione.

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. È Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019), Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018), Che cosa è l’economia circolare (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.
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