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Poche tasse e tanto potere. I filantropi miliardari sono davvero ‘ricchi e buoni’?

Il libro di Nicoletta Dentico accende un dibattito critico sul ruolo dei superfilantropi. Sgravi fiscali, eccesso di potere, mancanza di controlli. Eppure gli impatti positivi ci sono. Sono davvero da riformare queste istituzioni?

Per quali scopi i superricchi fanno sempre più filantropia? L’ultimo lavoro di Nicoletta Dentico, esperta in cooperazione internazionale, dal titolo interrogativo “Ricchi e buoni?”, pubblicato dall’Editrice Missionaria Italia, fa una disamina originale di quello che l’autrice definisce filantrocapitalismo, aprendo un’importante tema di discussione sul ruolo delle fondazioni dei multimiliardari. Che ruolo hanno le grandi Fondazioni come la Bill & Melinda Gates, le operazioni come Giving Pledge, sostenuta generosamente dai Zuckerberg, le donazioni sostanziose di filantropi più tradizionali come Ted Turner e Bill Clinton? Come ne beneficiano personalmente? Come caratterizzano il discorso della cooperazione allo sviluppo?
Il libro, di forte ispirazione antiliberista, mette i grandi filantropi sotto la lente d’ingrandimento per analizzare gli impatti di questo nuovo potere economico e culturale. «Oggi si sta vivendo una seconda età dell’oro della filantropia», spiega Nicoletta Dentico, «che nasce esattamente nel momento in cui è fallita la richiesta di globalizzazione dei diritti richiesta dai movimenti altermondialisti, dove attori arricchitisi grazie alla deregolamentazione dei mercati hanno iniziato a giocare un ruolo centrale nelle grandi sfide globali per i diritti, per l’ambiente, per la salute».

Una classe di tycoon, vincitori sulla scena della globalizzazione economica, che colgono l’occasione per dipingersi come salvatori globali – quasi tutti uomini, bianchi, americani – e scoprono di poter esercitare un’influenza crescente sulla governance mondiale. «Arrivando a poter modificarne le regole, proponendo alleanze con il settore privato, e divenendo di fatto attori multilaterali. Non a caso oggi fondazioni come la Gates siedono al tavolo come pari con istituzioni come l’Oms o la Banca Mondiale, dove possono godere di un potere che nessuna organizzazione non governativa ha mai avuto». Uno dei tanti progetti che il libro critica è Agra (Alliance for Green Revolution in Africa, emanazione della Fondazione Bill & Melinda Gates) dove è evidente – scrive la Dentico – l’eccessivo ruolo del settore privato nello sviluppo delle tecnologie agricole e dei relativi mercati, destinati a piccole e medie imprese agricole locali. «Si da aiuto ai poveri, ma si sviluppano nel contempo mercati privati».

Il libro critica anche i benefici economici per i superfilantropi, a partire dagli sgravi fiscali, che sono sostenuti dai contribuenti per detassare profitti miliardari e quindi diretti ad un beneficio economico diretto. «Ma è il potere la cosa che più interessa, il poter avere un ruolo al pari di organizzazioni internazionali governativa», accusa la Dentico nel testo. «Con i ministri che accolgono queste persone a braccia aperte per poter lavorare insieme».

Il libro, molto ben documentato, tende però ad ignorare anche gli importanti risultati raggiunti da alcune di queste fondazioni filantropiche sovvenzionate da ricchi paperoni che hanno contributo, ad esempio, alla lotta per l’eradicazione delle malattie in molti Paesi. Ma il problema sta alla base. «C’è una questione di filantropocolonialismo che va posta: vogliamo davvero che questi attori detengano tutto questo potere? O possiamo regolamentare il loro ruolo, e allo stesso tempo aprire una discussione su come ripensare lo sviluppo?». Forse più che le fondazioni, c’è da sanare lo squilibrio che permette ad un numero ristretto di supericchi di accumulare fortune faraoniche, dove l’1% più ricco detiene il doppio della ricchezza netta dei 6,9 miliardi più poveri. In questo modo, forse anche la filantropia potrebbe essere più diffusa e decentrata.

 

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. E’ Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019),Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018) “Che cosa è l’economia circolare” (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center  IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.

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