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Imprenditorialità e standard qualitativi per potenziare la filiera della pesca in Kenya, al via i training di “Go Blue”

Partono le attività di formazione previste dalla componente italiana di Go Blue. L’obiettivo? Introdurre standard qualitativi più elevati nella filiera della pesca, settore di eccellenza per l’Italia e di sviluppo strategico per il Paese africano.

Preparare i pescatori del Kenya ad avere un approccio imprenditoriale, migliorando le loro competenze sulle procedure corrette per la conservazione dei prodotti, sul sistema di controllo alimentare Haccp e sulla corretta gestione della catena del freddo, aspetti cruciali per migliorare la qualità del pesce. Sono queste le tematiche proposte durante il primo modulo delle formazioni partite in questi giorni nella zona meridionale del Kenya, e realizzate nell’ambito della componente italiana del Programma Go Blue finanziato dall’Unione Europea per sviluppare l’economia blu nel Paese. Le formazioni vengono realizzate da esperti settoriali del Ciheam di Bari – partner dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) per la realizzazione di Go Blue – in lingua inglese e swahili; i contenuti proposti sono il risultato dei questionari e delle interviste condotte nei primi mesi di implementazione del progetto, volte anche ad individuare le principali problematiche ed i bisogni formativi delle Beach Management Units (Bmu), le cooperative comunitarie che riuniscono tutti gli stakeholder della pesca in Kenya.

© Aics Nairobi

L’economia blu è un settore strategico per lo sviluppo del Paese, e la pesca in particolare ha un forte potenziale per il sostentamento delle comunità locali sia in termini di generazione di reddito che di sicurezza alimentare. Un potenziale che però non viene ancora sfruttato del tutto, dal momento che malnutrizione e svantaggio sociale ed economico caratterizzano ancora la regione costiera del Kenya. Uno dei problemi riguarda appunto la qualità del pesce commercializzato: spesso i pescatori non sono a conoscenza delle procedure e degli accorgimenti necessari a garantire standard igienici adeguati lungo la filiera produttiva, fattore che limita l’ingresso dei prodotti sul mercato locale ed internazionale. A questo si unisce la scarsità degli equipaggiamenti per la pesca in dotazione alle Bmu, che costringe i pescatori a rivolgersi a fornitori esterni per noleggiare barche o attrezzature, e le lacune nella catena del freddo (fondamentale per garantire la sicurezza degli alimenti): senza macchine per la produzione di ghiaccio e box per la conservazione del pesce, è difficile garantire che i prodotti siano conservati secondo gli standard. Il risultato è che le preziose risorse ittiche di cui la costa del Kenya è ricca non vengono adeguatamente sfruttate, e la pesca rimane un’attività poco redditizia. Secondo l’Istituto per la Ricerca Marina e per la Pesca del Kenya (Kenya Marine and Fisheries Research Institute – Kemfri), il mancato sfruttamento delle risorse ittiche, dovuto al fenomeno della pesca illegale, alle perdite post-raccolta e alla mancanza di equipaggiamenti adeguati, causerebbe perdite nell’economia nazionale equivalenti a oltre 440 miliardi di scellini kenioti all’anno (circa 340 milioni di Euro).

© Aics Nairobi

“Il training è stato disegnato per essere adatto alle nostre audience in termini di contenuti scientifici, tecnici ed esempi pratici. L’obiettivo è quello di mettere i pescatori nelle condizioni di poter offrire prodotti sicuri e di qualità”, spiegano Orazio Albano e Roberto Ugolini, esperti del Ciheam di Bari arrivati dall’Italia per erogare il primo modulo delle formazioni in 3 Bmu delle contee di Mombasa, Kwale e Kilifi, per un totale di circa 300 pescatori formati sino ad oggi. “Cerchiamo di far capire ai pescatori che migliorando la qualità dei prodotti, aumenta anche il loro valore, e questo si traduce in migliori opportunità commerciali e di conseguenza migliori condizioni per loro e per le loro famiglie”.

La realizzazione di formazioni mirate nelle nove Bmu target è una delle prime attività che vengono realizzate sul campo attraverso “Go Blue”, il primo programma di cooperazione delegata implementato da Aics in Kenya che vede l’Unione Europea impegnata insieme a Italia, Portogallo, Francia, Germania, Un Habitat e Unep e in partenariato con il blocco economico delle contee costiere (Segretariato Jkp) e il governo del Kenya per dare impulso allo sviluppo dell’economia blu nel Paese. Tra le attività previste per potenziare le Bmu e le piccole e medie imprese del settore, la componente italiana di Go Blue introdurrà anche un sistema di certificazione basato sulla tracciabilità, che certificherà la provenienza dei prodotti e garantirà l’aderenza a procedure e standard produttivi e di conservazione adeguati lungo tutta la filiera. Un settore, quello delle certificazioni di qualità alimentare, che rappresenta una delle eccellenze italiane, legato a doppio filo con uno stile di vita che ci viene riconosciuto a livello globale come salubre e sostenibile.

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