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MOZAMBICO
Mais Valor, un viaggio nel prezioso caffè di Ibo

Alla scoperta di un seme di caffè dimenticato, capace di diversificare l’ economia locale e preservare l’habitat del Parco nazionale delle Isole Quirimbas

Sulla costa settentrionale del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, si trova l’Isola di Ibo, appartenente all’arcipelago delle Isole Quirimbas, da cui l’omonimo parco, riserva naturale dell’Unesco. Abitata da popolazioni Bantu, l’isola ha successivamente visto la presenza di commercianti arabi, che la resero il primo insediamento del Mozambico nel VII secolo. Successivamente nel XVII secolo i portoghesi ereditarono le attività mercantili dagli arabi. Nonostante l’abolizione della schiavitù nel 1838, la tratta degli schiavi continuò a caratterizzare l’economia dell’isola per molti anni. Nel 1904, il capoluogo della regione fu spostato da Ibo a Porto Amelia (oggi Pemba), segnando l’inizio del declino economico dell’isola.

Gli abitanti di Ibo sono i Mwani, che in lingua swahili significa “coloro che vivono lungo la costa, a contatto con il mare”. È infatti il mare che contraddistingue la loro vita, scandita dai cicli delle maree e dall’ attività della pesca. Dagli anni Duemila l’isola è stata caratterizzata da un turismo lento e non di massa: un turismo rispettoso, fatto di pochi e attenti viaggiatori. Un’attività che contribuiva da un lato ad integrare l’economia della popolazione locale e dall’altro a garantire una condivisione culturale tra gli abitanti dell’isola e  il viaggiatore. La stabilità socio-economica dell’isola è stata impattata, negativamente, da alcuni recenti eventi catastrofici che hanno colpito, in particolare, le province del nord del Mozambico. Tra gli altri il ciclone Kenneth, nel 2019, e i frequenti attacchi da parte di gruppi armati poi. Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (Ocha) gli sfollati nella provincia sono, ad oggi, più di 732.000, mentre il distretto di Ibo ha accolto circa 32.000 sfollati interni e la popolazione è quasi triplicata.

In questo contesto di alta vulnerabilità, con il finanziamento della Cooperazione Italiana allo Sviluppo e dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), l’United Nation Industrial Development Organization (Unido) ha avviato un intervento focalizzato sulla riscoperta delle tradizioni locali e sulla valorizzazione dell’agro-biodiversità che caratterizza il territorio di Ibo e, nel 2019 , il progetto Mais Valor con l’obiettivo di rilanciare il “caffè di Ibo” per accrescere la resilienza della popolazione locale.

Messa a dimora e vivaio alberi caffè di Ibo

Messa a dimora e vivaio alberi caffè di Ibo. © Istituto Oikos

La produzione di caffè è stata introdotta dai commercianti arabi nell’XI secolo. Il caffè di Ibo, noto per il basso contenuto di caffeina ed esportato sin dal inizio del XX secolo in Europa, veniva utilizzato per “ammorbidire” le miscele di caffè provenienti dal Brasile, Sao Tomé e Giava. Nel 1906 il caffè Ibo ricevette la medaglia d’oro a Lisbona, al Food Expo, per il suo gusto e aroma unici.

Oggi, questa rara specie di caffè, grazie alla collaborazione della Cooperazione italiana con Unido e l’organizzazione della società civile italiana (Osc) Istituto Oikos vede una nuova luce tramite il supporto all’Associazione dei Produttori di Caffè di Ibo. L’Associazione nasce informalmente nel 2017, attraverso un progetto promosso dal World Wide Fund for Nature (Wwf) e Slow Food che supportò la diversificazione dell’economia dell’ isola, dove gli abitanti stavano accusando una riduzione drastica delle riserve ittiche. Come raccontato dall’attuale presidente dell’Associazione, Abdala Moto: “Da quando ho memoria, una pianta di caffè è sempre stata nei nostri cortili; ricordo bene di quando mia nonna raccoglieva una parte dei frutti, li tostava e quindi offriva il caffè agli ospiti. Il primo progetto ci ha permesso di prender coscienza di una pianta già parte del nostro territorio, ma serviva ancora molto per valorizzarla e rendere sostenibile la produzione e la vendita del caffè”.

È stato così che nel 2019 attraverso l’iniziativa Mais Valor, l’Associazione è stata in grado di incrementare la qualità e la quantità del caffè prodotto. Corsi di formazione, sia in campo che nel laboratorio creato per la lavorazione e trasformazione del caffè, il supporto nella commercializzazione, nel branding e nel marketing hanno permesso a questo caffè dimenticato di uscire dall’isola e di essere assaggiato anche nell’altro emisfero. Abdala racconta: “È stata una soddisfazione unica sapere che il caffè di Ibo è venduto a Maputo ed è stato degustato a Londra durante la cerimonia di firma (avvenuta nel giugno 2023, Ndr) per l’adesione ufficiale del Mozambico all’International Coffee Organization (Ico)”.

Produttrici di caffe’ di Ibo, Mozambico

Produttrici di caffè di Ibo, Mozambico. © Fabio de Sousa

Il progetto Mais Valor ha avuto un impatto rilevante, creando valore intorno a una coltura tradizionale ed endemica dell’Isola, aggregando le comunità locali e coinvolgendole nella produzione di caffè. I membri dell’associazione sono quasi duplicati e circa 38.000 nuove piante di caffè saranno messe a dimora al termine dell’ iniziativa, prevista per luglio 2024, sia in campi comunitari che individuali. Il municipio di Ibo ha inoltre concesso loro dodici ettari dedicati alla produzione di caffè in sistemi agroforestali in cui si è incrementata la biodiversità arborea e in cui sono stati realizzati impianti d’irrigazione sia per garantire il necessario apporto idrico che per sostenere i nuovi vivai di caffè.

Il caffè di Ibo, oltre al potenziale nel contribuire alla resilienza sociale e ambientale di un territorio, può rappresentare un importante mezzo per accrescere l’adattamento ai cambiamenti climatici della coltivazione. Quella dell’isola mozambicana è infatti è una delle poche varietà al mondo in grado di crescere a livello del mare e quindi di adattarsi a condizioni climatiche non tradizionali per una coltura come il caffè, che solitamente cresce in altura e con regimi pluviali più abbondanti. Il progetto ha quindi investito anche nella ricerca, attraverso l’efficace collaborazione con gli specialisti di Illy Caffè, caratterizando la specificità varietale di questo caffè, e ora identificata con il nome di caffè Zanguebariae.

Messa a dimora e vivaio alberi caffè di Ibo. © Istituto Oikos

Infine, vista la fruttuosa collaborazione tra Unido e Aics in Mozambico, già efficace in Etiopia nella creazione del Coffee Training Center in Addis Ababa, è stata recentemente finanziata dall’Aics una nuova iniziativa che oltre a garantire il supporto ai coltivatori di Ibo, si focalizzerà sul sostegno a livello nazionale a integrare la filiera e aumentare i volumi di caffè tramite una produzione biodiversa, rispettosa dell’ambiente e del lavoro dei piccoli produttori, sostenendo le capacità istituzionali mozambicane nella creazione di una filiera sostenibile e motrice di uno sviluppo integrato del Paese.

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