Mare e Oceani

Le competenze dell’AICS sono focalizzate sulle risorse marine viventi, sulle potenziali fonti di energia rinnovabile in mare, sulle infrastrutture costiere, sulle tecnologie ecocompatibili, nonché su tutte le misure di protezione ambientale e di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici in aree lungo costa o a largo di queste, per assicurare dinamiche di sviluppo sostenibile e resiliente alle comunità costiere dei Paesi Partner bagnati da mari e oceani.

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L’Italia con oltre 8.000 Km di costa, 15 Regioni che affacciano sul mare, un importante sistema marittimo insulare e con ben 29 aree marine protette, si qualifica naturalmente come Nazione marittima al centro del Mediterraneo e come porto “naturale” d’accesso all’Europa. L’Italia si distingue a livello europeo, mediterraneo e mondiale nell’ambito dello studio e ricerca in tutti i settori legati al mare, nella tutela dell’ambiente marino e nelle dinamiche di sviluppo nelle diverse filiere del mare: l’industria cantieristica, il comparto del turismo marittimo, la pesca e il suo ruolo sociale e ambientale oltre che economico, le fonti di energia rinnovabile, l’utilizzo delle risorse geologiche dei fondali.

L’attività di cooperazione dell’Agenzia nel settore del mare e degli oceani mette a disposizione dei Paesi Partner le conoscenze e la capacità del Sistema Italia attraverso la promozione di iniziative che spaziano dalla creazione di aree marine protette, alla gestione sostenibile delle attività di pesca, ai sostegni all’imprenditorialità locale per lo sviluppo di modelli integrati e socialmente sostenibili di blue-economy, nel rispetto dei principi di tutela ambientale.

A livello globale le problematiche degli oceani sono riconducibili alla triplice crisi planetaria che coinvolge perdita di biodiversità, aumento dell’inquinamento e conseguenze del cambiamento climatico. Le attività dell’Agenzia si inquadrano nel contributo globale al raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14, “Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine”,  che mira a ridurre in modo significativo tutti i tipi di inquinamento marino e l’acidificazione degli oceani, a gestire in modo sostenibile e proteggere gli ecosistemi marini e costieri, a porre un limite alla pesca eccessiva, e a sradicare le attività di pesca illegali e le pratiche distruttive.

Le competenze dell’AICS sono focalizzate sulle risorse marine viventi, sulle potenziali fonti di energia rinnovabile in mare, sulle infrastrutture costiere, sulle tecnologie ecocompatibili, nonché su tutte le misure di protezione ambientale e di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici in aree lungo costa o a largo di queste, per assicurare dinamiche di sviluppo sostenibile e resiliente alle comunità costiere dei Paesi Partner bagnati da mari e oceani.

Le attività  promosse dall’Ufficio V mirano a promuovere la collaborazione regionale per controllare l’inquinamento marino, favorire la pianificazione e la gestione integrata delle zone costiere e l’uso sostenibile delle risorse marine e costiere con focus particolare sulla conservazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici, in linea con la “Convenzione di Barcellona per la protezione dell’ambiente marino e della zona costiera del Mediterraneo” di cui l’Italia è parte contraente e , più in generale,  con le Convenzioni regionali adottate nell’ambito del Programma per i Mari Regionali del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.

A seguito della recente approvazione del Trattato delle Nazioni Unite  sull’Alto Mare che, estendendo la tutela ambientale ai due terzi dell’oceano che si trovano al di fuori delle giurisdizioni nazionali, offre non solo l’opportunità di proteggere in maniera più efficace gli ecosistemi marini e oceanici, sempre più minacciati dall’attività dell’uomo, ma offre anche, a tutti gli Stati che vi aderiscono, l’opportunità di rafforzare il coordinamento multilaterale nella gestione delle risorse marine e promuove nuove forme di cooperazione e collaborazione internazionale dirette verso uno sforzo di conservazione e tutela degli ambienti marini globale e condiviso.

Anche in questo quadro l’Ufficio V ha cominciato a delineare strumenti e metodi per affrontare, in chiave di cooperazione internazionale, la nuova sfida globale per la protezione dell’ambiente oceanico, attraverso innovativi schemi e strutture di conservazione naturalistica, misure di disinquinamento o di pianificazione dello spazio marino volte a garantire il rispetto dei principi cardine dei Trattati Ambientali multilaterali a cui l’Italia ha aderito.

Principali convenzioni internazionali in materia ambientale su mare e oceani

L’obiettivo della Convenzione consiste nel disciplinare tutti i problemi relativi al diritto del mare e stabilire un ordine giuridico per i mari e per gli oceani che faciliti le comunicazioni internazionali e che favorisca gli usi pacifici dei mari e degli oceani, l’utilizzazione equa ed efficiente delle loro risorse, la conservazione delle loro risorse viventi, e lo studio, protezione e preservazione dell’ambiente marino.

Il Trattato definisce:

  • i corrispondenti ordini giuridici nei diversi spazi oceanici;
  • i diritti e gli obblighi degli Stati costieri relativi alla definizione e alla gestione delle acque sotto la loro sovranità e giurisdizione;
  • i diritti e obblighi di altri Stati (tra i quali gli Stati privi di litorale e gli Stati geograficamente svantaggiati) in tali aree;
  • la libertà dell’alto mare per tutti gli Stati (tra i quali gli Stati privi di litorale);
  • i doveri degli Stati di bandiera;
  • regole sulla conservazione e la gestione delle risorse biologiche marine, comprese quelle relative alla cooperazione per la gestione e lo sfruttamento dei banchi di pesce condivisi;
  • regole sullo sfruttamento delle risorse minerali del fondo marino;
  • responsabilità degli Stati costieri di mari chiusi o semichiusi;
  • regole per la protezione e conservazione dell’ambiente marino che comprendono i requisiti per intraprendere una valutazione dell’impatto ambientale e i requisiti per gli Stati sulla prevenzione e il controllo dell’inquinamento marino e le responsabilità derivanti dalla mancata prevenzione;
  • regole per la conduzione di ricerca scientifica o di rilievi;
  • regole per il potenziamento delle capacità e per il trasferimento della tecnologia marina.

A seguito dell’approvazione della Convenzione è stato istituito l’International Tribunal for the Law of the Sea Trust Fund, un fondo per assistere gli Stati nelle spese legali per cause presentate al Tribunale internazionale del diritto del mare.

Fonte: United Nations Convention on the Law of the Sea

Il Piano di Azione per il Mediterraneo (PAM) del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente è stato istituito nel 1975 dai Governi del Mediterraneo come primo piano d’azione regionale nell’ambito del Programma per i mari regionali dell’UNEP con l’obiettivo di promuovere la collaborazione regionale per combattere l’inquinamento marino e favorire la pianificazione integrata e l’uso sostenibile delle risorse marine. Il principale strumento giuridico del PAM è la Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento, firmata il 16 febbraio 1976 a Barcellona, ed entrata in vigore il 12 febbraio 1978.

Nel 1995 il PAM è stato rilanciato come “Piano d’azione per la protezione dell’ambiente marino e lo sviluppo sostenibile delle aree costiere del Mediterraneo” e la Convenzione di Barcellona è stata riformulata come “Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e della zona costiera del Mediterraneo” con l’integrazione dei principi chiave adottati alla Conferenza di Rio del 1992, l’abbandono dell’approccio settoriale alla valutazione e al controllo dell’inquinamento, e l’estensione del campo di applicazione alla pianificazione e gestione integrata delle zone costiere, all’uso sostenibile delle risorse marine e costiere e alla conservazione della biodiversità nel contesto dello sviluppo sostenibile.

Nel corso del tempo la Convenzione è stata integrata da sette Protocolli che affrontano diversi aspetti dell’ambiente marino e costiero e della protezione e gestione delle risorse.

  • Protocollo Dumping: per la Prevenzione dell’Inquinamento del Mar Mediterraneo dovuto agli Scarichi da parte di Navi ed Aeromobili
  • Protocollo LBS: per la protezione del Mar Mediterraneo contro l’inquinamento di origine terrestre
  • Protocollo SPA: relativo alle aree particolarmente protette e alla diversità biologica nel Mediterraneo
  • Protocollo di prevenzione ed emergenza: relativo alla cooperazione nella lotta contro l’inquinamento del Mar Mediterraneo provocato dal petrolio e da altre sostanze nocive in caso di emergenza ambientale
  • Protocollo Offshore: per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento derivante dall’esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, dei fondali marini e del suo sottosuolo
  • Protocollo sui rifiuti pericolosi: sulla prevenzione dell’inquinamento del Mar Mediterraneo dovuto ai movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e al loro smaltimento
  • Protocollo GIZC: sulla gestione integrata delle zone costiere nel Mediterraneo

Le 22 Parti contraenti della Convenzione di Barcellona sono Albania, Algeria, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Monaco, Montenegro, Marocco, Slovenia, Spagna, Siria, Tunisia, Turchia e Unione Europea.

La Struttura di governance prevede un’Unità di Coordinamento con il compito di promuovere e facilitare l’attuazione della Convenzione di Barcellona e dei suoi Protocolli, nonché delle Strategie, Decisioni e Raccomandazioni adottate dalle Parti. Inoltre sono stati istituiti  sette Centri di Attività regionali:

  • Il Programma di valutazione e controllo dell’inquinamento del Mediterraneo (MED POL) con sede presso l’Unità di coordinamento ad Atene, Grecia.
  • Il Centro regionale di risposta alle emergenze sull’inquinamento marino nel Mar Mediterraneo (REMPEC) con sede a La Valletta, Malta.
  • Il Centro di Attività Regionale Plan Bleu (PB/RAC), con sede a Marsiglia, Francia
  • Il Centro di attività regionale Programma di azioni prioritarie (PAP/RAC) con sede a Spalato, Croazia.
  • Il Centro di attività regionale delle aree particolarmente protette (SPA/RAC) con sede a Tunisi, Tunisia
  • Il Centro di attività regionale per il consumo e la produzione sostenibili (SCP/RAC) con sede a Barcellona, Spagna
  • Il Centro di attività regionale per l’informazione e la comunicazione (INFO/RAC) con sede a Roma, Italia

Fonte: Mediterranean Action Plan (MAP)

La Convenzione per la protezione, la gestione e lo sviluppo dell’ambiente marino e costiero dell’Oceano Indiano occidentale, firmata a Nairobi nel giugno 1985 ed entrata in vigore nel maggio 1996, è una partnership tra Governi, società civile e settore privato, che mira allo sviluppo sostenibile della Regione dell’Africa che si affaccia sull’Oceano Indiano occidentale salvaguardando fiumi, coste e mari. Fornisce alle   Parti contraenti un meccanismo per la cooperazione regionale, il coordinamento e la definizione di azioni collaborative per risolvere i problemi interconnessi dell’ambiente costiero e marino della Regione.

Le Parti contraenti della Convenzione sono: Comore, Francia, Kenya, Madagascar, Mauritius, Mozambico, Seychelles, Somalia, Tanzania e Sud Africa.

La Convenzione è supportata da quattro protocolli:

  • Protocollo per la protezione dell’ambiente marino e costiero dell’Oceano Indiano occidentale da fonti e attività terrestri
  • Protocollo relativo alle aree protette, alla fauna e alla flora selvatiche nella regione dell’Africa orientale.
  • Protocollo relativo alla cooperazione nella lotta all’inquinamento marino in casi di emergenza nella regione dell’Africa orientale.
  • Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere

La Convenzione per la cooperazione nella protezione, gestione e sviluppo dell’ambiente marino e costiero della Costa atlantica della regione dell’Africa occidentale e centrale (Convenzione di Abidjan) è entrata in vigore nel 1984.

La Convenzione fornisce un quadro per la cooperazione sulla gestione degli ambienti marini e costieri, sulla gestione della conoscenza, sui rischi ambientali, sull’inquinamento, sugli habitat, sulla biodiversità, sull’uso sostenibile delle risorse e su altre attività che possono avere un impatto negativo sulla salute degli ecosistemi. La Convenzione promuove la collaborazione scientifica e tecnologica (compresi gli scambi di informazioni e competenze) come mezzo per identificare e gestire le questioni ambientali.

Le parti contraenti sono: Benin, Camerun, Repubblica del Congo, Costa d’Avorio, Gabon, Gambia, Ghana, Guinea, Liberia, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Sudafrica e Togo

La Convenzione è supportata da sei protocolli:

  • Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere
  • Protocollo sulla gestione sostenibile delle mangrovie
  • Protocollo sulle norme e gli standard ambientali per le attività di esplorazione e sfruttamento offshore di petrolio e gas
  • Il protocollo relativo alla cooperazione per la protezione e lo sviluppo dell’ambiente marino e costiero da fonti terrestri e dalle attività (LBSA) nella regione dell’Africa occidentale, centrale e meridionale
  • Protocollo relativo alla cooperazione nella lotta all’inquinamento in casi di emergenza nella regione dell’Africa centrale e occidentale

Il Programma per l’Ambiente dei Caraibi (CEP) è stato lanciato da UNEP nel 1976 nell’ambito del Programma per i Mari Regionali, con l’ottica di riconoscere la diversità della regione e delineare una visione condivisa per promuovere la prosperità economica e la salute ambientale. Il CEP ha lavorato su cinque temi prioritari:

  • Fonti terrestri di rifiuti e acque reflue urbane, industriali e agricole;
  • Sfruttamento eccessivo di risorse marine (pesci, molluschi e crostacei);
  • Urbanizzazione e sviluppo costiero incontrollato associato con l’espansione della popolazione e dell’economia;
  • Pratiche agricole e forestali non sostenibili;
  • Governance ambientale.

Il piano è stato adottato da ventidue Stati e ha portato allo sviluppo della Convenzione per la protezione e lo sviluppo dell’ambiente marino della Regione dei Caraibi allargati (“Convenzione di Cartagena”), entrata in vigore nell’ ottobre 1986. La Convenzione è l’unico strumento giuridico di questo tipo nei Caraibi estesi e riconosce inoltre la l’importanza e il valore degli ecosistemi costieri e marini fragili e vulnerabili della Regione, comprese le piante e gli animali endemici.

Le Parti contraenti sono: Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Colombia, Costa Rica, Cuba, Dominica, Repubblica Dominicana, Francia, Grenada, Guatemala, Guyana, Honduras, Giamaica, Messico, Paesi Bassi, Nicaragua, Panama, St. Kitts e Nevis, Saint Lucia, St. Vincent e Grenadine, Trinidad e Tobago, Regno Unito, Stati Uniti e Venezuela.

La Convenzione di Cartagena è supportata da tre Protocolli:

  • Protocollo relativo alla cooperazione nella lotta alle fuoriuscite di petrolio nella Regione dei Caraibi allargati;
  • Protocollo relativo alle aree particolarmente protette e alla fauna selvatica della Convenzione per la protezione e lo sviluppo dell’ambiente marino della Regione dei Caraibi allargati;
  • Protocollo relativo all’inquinamento provocato da fonti e attività terrestri.

Il 16 giugno 1993, i leader del Pacifico si sono riuniti per istituire formalmente il Programma ambientale regionale del Pacifico (SPREP), incaricato di sostenere il lavoro dei Membri per affrontare le sfide ambientali della regione. SPREP è una partnership di 26 Stati Membri sparsi su migliaia di chilometri di oceano che condividono elementi comuni di cultura, storia e ambiente.  14 sono Paesi insulari del Pacifico, 7 sono territori e 5 sono Stati metropolitani con un interesse diretto nella Regione.

Dodici membri della SPREP sono Parti firmatarie della Convenzione di Noumea e di entrambi i protocolli adottati nell’ambito della Convenzione: Australia, Isole Cook, Stati Federati di Micronesia, Fiji, Francia, Repubblica delle Isole Marshall, Nauru, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Samoa, Isole Salomone, USA.

Finalizzato a proteggere l’ambiente marino e costiero dei mari dell’Asia orientale per la salute e il benessere delle generazioni presenti e future, il Piano d’azione per la protezione e lo sviluppo dell’ambiente marino e delle zone costiere della regione dell’Asia orientale è stato adottato nell’aprile 1981 e rivisto nel 1994.

L’Organismo di coordinamento sui mari dell’Asia orientale (COBSEA) è un meccanismo intergovernativo regionale che riunisce nove Paesi (Cambogia, Repubblica popolare cinese, Indonesia, Repubblica di Corea, Malesia, Filippine, Tailandia, Singapore e Vietnam) attorno ai temi dello sviluppo marittimo e della protezione dell’ambiente marino e delle zone costiere dei mari dell’Asia orientale.

Le attività si focalizzano su:

  •  lotta all’inquinamento marino terrestre;
  • pianificazione e la gestione marina e costiera;
  • condivisione di esperienze e politiche di gestione dell’ambiente marino verso una governance regionale rafforzata.

COBSEA è amministrato dal Programma ambientale delle Nazioni Unite e il Segretariato è ospitato dalla Thailandia.

Per affrontare minacce ambientali di natura transfrontaliera che necessitano di una cooperazione regionale per definirne cause, effetti e azioni di gestione coordinate come l’inquinamento marino, il sovrasfruttamento delle risorse marine e la pesca eccessiva, nel 1974, in collaborazione con l’Organizzazione per l’educazione, la cultura e la scienza della Lega araba (ALECSO) e il sostegno del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), è stato avviato il “Programma per l’ambiente del Mar Rosso e del Golfo di Aden (PERSGA)”. Nel 1982 il Programma è stato rafforzato dalla firma della Convenzione di Jeddah, formalmente intitolata “Convenzione regionale per la conservazione dell’ambiente del Mar Rosso e del Golfo di Aden”. La Convenzione di Jeddah esprime in termini chiari l’impegno e la volontà politica dei Governi della Regione di proteggere e preservare gli ambienti marini e costieri del Mar Rosso e del Golfo di Aden attraverso sforzi congiunti e coordinati. Le disposizioni della Convenzione di Jeddah mirano alla protezione dell’ambiente costiero e marino dall’inquinamento e alla gestione razionale delle risorse marine viventi.

Le Parti contraenti della Convenzione di Jeddah sono: Gibuti, Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Somalia, Sudan e Yemen.

Trattato sull’Alto Mare, 2023

Il 19 giugno 2023, dopo oltre 15 anni di negoziati, le Nazioni Unite hanno approvato il testo di un Trattato sulla conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica marina in aree al di fuori della giurisdizione nazionale. Adottato nel solco della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, il cosiddetto Trattato sull’Alto Mare è un accordo internazionale di importanza storica che, estendendo per la prima volta la tutela ambientale ai due terzi dell’oceano che si trovano al di fuori delle giurisdizioni nazionali, mira a proteggere la vita in alto mare e a porre rimedio alla degradazione degli ecosistemi marini e oceanici, sempre più minacciati dall’attività dell’uomo, dai cambiamenti climatici, dall’inquinamento e dall’uso non sostenibile delle risorse marine.

Il Trattato sull’Alto Mare, tuttavia, non offre solo l’opportunità di proteggere in maniera più efficace le specie acquatiche. Grazie all’interconnessione tra ecosistemi, permette di salvaguardare anche gli ecosistemi delle acque sotto la giurisdizione nazionale e i servizi da questi forniti alle comunità locali, che vi traggono le risorse a sostegno delle proprie economie. Il Trattato offre a tutti gli Stati che vi aderiscono l’opportunità di rafforzare, attraverso nuove strutture di governance, il coordinamento multilaterale nella gestione delle risorse marine e di promuovere nuove forme di cooperazione e collaborazione internazionale dirette verso uno sforzo di conservazione e tutela degli ambienti marini globale e condiviso.

Nel contesto del Trattato sull’Alto Mare, la comunità internazionale è però chiamata a intervenire su più fronti.

Il Trattato entrerà in vigore  in se almeno 60 Stati sceglieranno di ratificarlo.

Ultimo aggiornamento: 19/04/2024, 14:49