Sviluppo d’impresa e formazione tecnico professionale (TVET)

Lo sviluppo del settore privato nei Paesi partner, basato sui principi della libera concorrenza, del rispetto dei diritti dei lavoratori e della tutela dell’ambiente, è un requisito necessario non solo per la crescita economica sostenibile, ma anche per l’affermazione di principi democratici e partecipativi e per l’eliminazione delle discriminazioni. Anche a seguito dei risultati del […]

Tempo di lettura

4 min

Lo sviluppo del settore privato nei Paesi partner, basato sui principi della libera concorrenza, del rispetto dei diritti dei lavoratori e della tutela dell’ambiente, è un requisito necessario non solo per la crescita economica sostenibile, ma anche per l’affermazione di principi democratici e partecipativi e per l’eliminazione delle discriminazioni. Anche a seguito dei risultati del Forum di Alto Livello di Busan del 2011, il rapporto tra cooperazione e internazionalizzazione delle imprese è alla ricerca di una nuova sintesi che, pur nel rispetto dei diversi obiettivi, può portare tali obiettivi a interagire in modo efficace. Su questi aspetti la Commissione europea ha approvato una Comunicazione in cui introduce, tra l’altro, la distinzione tra “Private Sector Development” e “Private Sector Engagement”, nella direzione di un più diretto coinvolgimento del settore privato in progetti aventi una chiara e sinergica finalità di sviluppo. L’esperienza delle piccole e medie imprese, aggregate in reti e organizzate con servizi comuni per favorire economie di scala, nonché quella del sistema cooperativo, dà all’Italia un vantaggio per contribuire alla crescita del settore privato nei Paesi partner. Proprio a partire dall’esperienza italiana è possibile promuovere una imprenditoria diffusa, oltre i limiti di sistemi spesso marginalizzati dall’invadenza dello stato, o bloccati dalla presenza di monopoli.

In tal senso, l’entrata in vigore della legge 125 del 2014 coglie in pieno la necessità di coinvolgere il settore privato nello sviluppo, immaginando le politiche di cooperazione anche in ottica di vero e proprio investimento strategico del Paese. È il caso, ad esempio, dell’articolo 8 che incentiva il finanziamento alle piccole e medie imprese locali attraverso crediti d’aiuto, e dell’articolo 27, che consente il finanziamento alle imprese italiane per la realizzazione di imprese miste nei Paesi partner. Altri strumenti previsti dalla nuova Cooperazione italiana sono il cosiddetto “matching”, che prevede l’attivazione di un credito di aiuto italiano su richiesta di un’impresa italiana che partecipi a una gara internazionale finalizzata alla realizzazione di progetti di sviluppo, e il “blending” con i fondi dell’Unione Europea, inteso come forme di finanziamento di progetti di sviluppo che prevedano l’utilizzo di risorse a dono e a credito. Su quest’ultimo punto, la Commissione europea ha presentato un nuovo strumento di finanziamento per progetti in Africa, l’African Investment Facility (Afif), con l’obiettivo di massimizzare l’efficacia dei programmi di sviluppo finanziati tramite i Fondi europei di sviluppo (Fes) in Africa sub-sahariana, permettendo di unire ai veri e propri fondi Ue i contributi finanziari di altri soggetti, pubblici o privati, sulla scia delle linee d’azione introdotte dalla Commissione nel maggio 2014 in merito al rafforzamento del ruolo del settore privato nella politica Ue di cooperazione allo sviluppo verso l’Africa sub-sahariana.

Attività di sostegno  alle PMI locali sono in atto in Albania, Serbia, Tunisia, Egitto, Marocco, Giordania, Palestina, Ghana, Senegal, Uruguay. La gran parte di queste linee sono legate ad esportazioni di beni e servizi italiani.

Un esempio concreto dell’impegno italiano nel settore è dato dal sostegno dei produttori egiziani attraverso l’erogazione di crediti agevolati rivolti a micro, piccole e medie imprese, in collaborazione con le istituzioni competenti tra cui il Fondo sociale per lo sviluppo e con istituti bancari nazionali. L’obiettivo è quello di contribuire all’espansione delle Mpmi egiziane, assicurando risorse finanziarie – a condizioni più favorevoli rispetto a quelle di mercato – per l’acquisizione di tecnologia, macchinari, know-how e licenze di origine italiana. In tal modo, le imprese egiziane, oltre a dotarsi di attrezzature eco-compatibili e all’avanguardia, saranno in grado di creare nuovi posti di lavoro grazie all’espansione delle loro attività.

E’ importante inoltre, che una linea di credito a tasso agevolato sia erogata da una pluralità di istituzioni finanziarie, con l’obiettivo di stimolare la concorrenza sul mercato locale, permettere alle Mpmi di accedere a soluzioni finanziarie che rispondano il più possibile ai loro bisogni specifici e promuovere l’inclusione finanziaria a gruppi marginalizzati, quali donne, giovani diplomati e comunità rurali. In Palestina, ad esempio, le linee di credito italiane (45 milioni di Euro, di cui 22 milioni già erogati) sono attualmente accessibili all’imprenditoria locale tramite le banche commerciali, gli istituti di microfinanza, le compagnie di leasing e le cooperative agricole di credito e risparmio. In meno di quattro mesi dal coinvolgimento degli istituti di microfinanza palestinesi, infatti, quasi mille prestiti, per un totale di 7 milioni di Euro, hanno permesso lo sviluppo di microimprese agricole (1/3 dei beneficiari), il coinvolgimento di donne (2/3 dei beneficiari) e di giovani al di sotto dei 30 anni (2/5 dei beneficiari).

Le novità del settore privato

La Cooperazione italiana,  in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che, all’art. 67, invita tutte le imprese ad impiegare la loro creatività e la loro innovazione, al fine di trovare una soluzione alle sfide dello sviluppo sostenibile,  riconosce e favorisce l’apporto delle imprese e degli istituti bancari ai processi di sviluppo dei Paesi partner,  nel rispetto dei princìpi di trasparenza, concorrenza e responsabilità sociale (art. 27 della L. 125/2014), attraverso:

  • la promozione della partecipazione dei soggetti profit alle procedure di evidenza pubblica dei contratti per iniziative di cooperazione;
  • incentivi per la costituzione di “imprese miste” nei Paesi partner;
  • Iniziative proposte dai soggetti privati.

Questo è il nuovo quadro del settore privato,  rispetto al passato in cui gli sforzi erano maggiormente concentrati  sullo sviluppo e rafforzamento del settore privato locale. Oggi la Cooperazione italiana  punta anche ad una  convergenza tra settore privato profit e non profit, attraverso una partnership con i soggetti “tradizionali” della cooperazione, aggiungendo risorse e know how tecnico.

L’art. 16 dello Statuto dell’Agenzia promuove forme innovative di partenariato, volte al più ampio coinvolgimento delle imprese, in particolare di quelle piccole e medie, nonché al sostegno e alla crescita del settore privato nei Paesi partner ed elenca principi e finalità a cui tali attività si conformano:

  1. legge istitutiva;
  2. standard internazionali in materia di diritti umani, di lavoro dignitoso, di responsabilità sociale e di tutela ambientale;
  3. norme in materia di contratti pubblici (d.lgs. 163/2012);
  4. codice di comportamento dell’Agenzia.

La nuova legge incoraggia l’Agenzia a promuovere strumenti finanziari innovativi e nuove forme di partenariato pubblico-privato al fine di identificare, formulare e validare strategie tecniche e metodologiche di intervento sostenibili e multi-attoriali, in linea con l’SDG 7, per promuovere azioni sinergiche in materia di energia e sviluppo sostenibile.

Ultimo aggiornamento: 25/01/2024, 14:22