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Cooperazione e diaspora, un fronte unito per lo sviluppo, anche in Burkina Faso

Dopo aver studiato al Politecnico di Milano, Arsène Hema è tornato a Ouagadougou dove ha creato un’impresa e dove collabora a progetti di cooperazione con la Fondazione Aurora. E lì c’è anche Aics, che non ha lasciato il Paese nel suo momento più difficile

Creare lavoro per dare risposte concrete in un momento in cui il Burkina Faso è immerso in un pericoloso limbo di insicurezza e instabilità. Questa la missione che si è dato Arsène Hema e che di volta in volta viene applicata a seconda del campo di azione, perché se c’è qualcosa che a Hema non manca è proprio una poliedricità di interessi e una compresenza di impegni e ambiti in cui questo obiettivo può essere continuamente ricercato. Formatosi in Costa d’Avorio e in Italia, dove ha studiato al Politecnico di Milano, Arsène Hema è tornato in Burkina Faso, Paese di origine dei genitori, per fare formazione, per fare impresa e per fare cooperazione con un sogno: “Dare il mio contributo allo sviluppo di questo Paese”. Simbolo di quella diaspora africana che decide di tornare indietro, Hema ha fondato la società di servizi di telecomunicazione InViis, si è dedicato con la Fondazione Aurora al progetto Puits de Jacob per la realizzazione di pozzi nella regione delle Cascate, insegna metodologia di sviluppo applicativo all’università di Ouagadougou.

In tutti i casi l’obiettivo è quello di azioni di impatto che si possono capire meglio se si conosce la città. Per esempio, a Ouagadougou si può essere costretti a fare tanti chilometri (con dispendio di tempo e soldi) per pagare una bolletta o prendere un appuntamento. I servizi messi a disposizione da Hema rendono invece possibile, tramite soluzioni innovative, la prenotazione di un appuntamento via telemedicina evitando code e camminate o pagare online un biglietto per i trasporti.

“Il punto – gli fa eco Marta Sachy, direttrice di Fondazione Aurora, ente del terzo settore impegnato a sostenere gli imprenditori africani e business ad alto impatto sociale – è proprio quello di realizzare, e da parte nostra appoggiare, modelli a forte potenzialità di impatto sociale che siano al tempo stesso sostenibili e che sappiano d’Africa”. Parlando a margine di Italia Africa Business Week, sia Hema che Sachy hanno concordato su questi aspetti ovvero sulla capacità dell’Africa e dei suoi giovani in particolare di costruire un futuro vero e sostenibile perché fondato su know-how ed esigenze locali.

Arsene Hema e Marta Sachy a Iabw 2022

Arsène Hema e Marta Sachy a Iabw 2022

Un approccio che acquisisce ancor più valore in Burkina Faso, in un Paese cioè dove a fronte di forze centrifughe presenti soprattutto nel nord e nell’est, ci sono altre forze che al di là delle reazioni militari stanno cercando di dare risposte altre. “Il problema reale è la povertà – dice sicuro Hema – e se vogliamo lottare contro questa situazione servono investimenti, dobbiamo creare lavoro, dare più opportunità ai giovani”. Una ricetta semplice eppure tanto complessa. “Per molto tempo parti intere del Burkina Faso sono state dimenticate, tutto si è concentrato a Ouagadougou e Bobo Dioulasso. Questo abbandono ha aperto la strada a gruppi armati e ha spinto tanti giovani a cadere nella trappola dei loro messaggi”. Secondo Hema, adesso non ci può essere soltanto una risposta militare: “La risposta più importante è quella che può arrivare dal basso, dalla stessa popolazione e dal lavoro che riusciremo a creare”.

Un Paese in crisi

Gli ultimi anni del Burkina Faso sono stati segnati da un aumento della violenza militante e della criminalità organizzata. I gruppi militanti, in particolare quelli legati ad al-Qaeda e all’Isis, hanno intensificato gli attacchi contro le forze di sicurezza e le comunità civili, causando migliaia di vittime e sfollati. La violenza ha colpito principalmente le regioni settentrionali e orientali, ma ha anche interessato le aree più popolate del sud, compresa la capitale Ouagadougou.

Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), 1,7 milioni di persone sono state costrette alla fuga in quella che si è trasformata in una delle crisi a più rapida crescita a livello globale.

Dal gennaio 2021, più di 17.500 persone sono fuggite nei Paesi vicini (Niger, Mali, Benin e Costa d’Avorio) e il numero totale di rifugiati e richiedenti asilo burkinabè è quasi raddoppiato in soli sei mesi. Data l’entità dei bisogni umanitari, l’Unhcr ha aumentato gli interventi, tra cui il monitoraggio della protezione e il sostegno alle autorità per la registrazione e la fornitura di documenti civili. Anche la prevenzione e la risposta alla violenza di genere sono state rafforzate, insieme alle attività nei settori dell’accoglienza, dell’istruzione e dell’ambiente.

Una donna beneficiaria cammina nel luogo di distribuzione dove ha ricevuto una razione di SuperCereal, una farina infantile fortificata, utilizzata per prevenire la malnutrizione tra i bambini dai 6 ai 23 mesi. Crediti: WFP/Esther Ouoba

Una donna beneficiaria cammina nel luogo di distribuzione dove ha ricevuto una razione di SuperCereal, una farina infantile fortificata, utilizzata per prevenire la malnutrizione tra i bambini dai 6 ai 23 mesi. Crediti: WFP/Esther Ouoba

I problemi sul piano della sicurezza hanno avuto contraccolpi su quello della stabilità politica. In un anno ci sono stati due pronunciamenti militari, l’ultimo risalente allo scorso settembre. Secondo gli analisti di Armed Conflict Location & Event Data Project (Acled, organizzazione che raccoglie dati in tempo reale su fatti di violenza e proteste che insorgono a livello globale), nel 2022 il Burkina Faso ha scalzato il vicino Mali come epicentro della violenza di miliziani e gruppi islamisti.

Il valore della cooperazione

Nonostante questa forte instabilità e questo permanente stato di insicurezza, la Cooperazione italiana ha continuato ad operare in Burkina Faso e l’Italia ha anzi rafforzato la sua presenza negli ultimi anni con l’apertura di un’ambasciata. Una presenza coincisa con una convergenza di crisi con cui il Burkina si è dovuto misurare in un contesto di forte crescita demografica: violenze intercomunitarie, conflitto armato, povertà, disuguaglianze, insicurezza alimentare e cambiamenti climatici.

Sull’insieme di queste sfide, la Cooperazione italiana è attiva da più anni, attraverso il finanziamento e l’assistenza tecnica a varie iniziative di sviluppo e di emergenza, così come attraverso l’implementazione di programmi di cooperazione delegata finanziati dall’Unione Europea.

Particolarmente rilevanti sono gli interventi di assistenza umanitaria a beneficio delle popolazioni più vulnerabili nelle aree colpite dalla violenza e dall’instabilità. Dal 2019, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo sostiene le azioni del Programma Alimentare Mondiale (Wfp), di Unhcr e delle organizzazioni della società civile partner, che aiutano le comunità del Sahel, del Centre Nord e di altre regioni sensibili attraverso la distribuzione di viveri, voucher e kit di emergenza. Ugualmente importanti sono le attività di Cash4Work e l’implementazione di attività di “early recovery”, come la creazione di orti cittadini, per permettere alle persone colpite dalla crisi di raggiungere un determinato livello di autonomia economica e poter sfuggire alla trappola della dipendenza dagli aiuti, fenomeno particolarmente accentuato nelle realtà di emergenza.

Altrettanto importanti sono gli interventi di sviluppo volti alla creazione di percorsi formativi, impiego e opportunità imprenditoriali per i giovani e le giovani burkinabé in varie regioni del Paese. Il progetto promosso “Imprese Sociali Innovative”, finanziato da Aics e implementato da Mani Tese, ha rafforzato la strutturazione di oltre 20 micro e piccole imprese, rendendo possibile la crescita di queste ultime, l’espansione verso nuovi mercati all’interno del Paese e la creazione di nuovi posti di lavoro. Il sostegno all’imprenditoria locale è il focus anche di alcuni interventi sul canale multilaterale, come il progetto “Gioventù, Impiego, Migrazione” implementato dall’Organizzazione Internazionale della Migrazione (Oim), che ha sostenuto oltre 700 start-up nel Centro Est del Paese e nelle regioni attigue. In entrambi i casi, l’obiettivo è contribuire a creare occupazione e rispondere in questo modo alle esigenze di una popolazione giovane e in crescita, e creare alternative valide e concrete al percorso della migrazione irregolare. Perché, come sottolineano anche Arsène Hema e la Fondazione Aurora, la risposta vera a queste esigenze è battere la povertà.

Biografia
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.
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