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Africa: non solo slum, se le città diventano motore di sviluppo

È sulle città che il futuro dell’Africa sarà costruito. La crescita della popolazione sta accompagnando una contemporanea crescita del tasso di urbanizzazione ponendo sfide urgenti che vanno affrontate da subito.

È sulle città che l’Africa, ma per molti versi anche il resto del pianeta, si gioca il proprio futuro, come ci ricorda l’Agenda 2030 con l’SDG 11. L’immagine di un’Africa rurale, fatta di
villaggi, capanne e strade in terra battuta, sarà sempre più sostituita da un’Africa epicentro dell’urbanizzazione globale.

Già nel 2017 l’Africa urbana ha fatto segnare un primo dato significativo: dall’anno scorso, infatti, il continente ha più abitanti urbani dell’Europa.
Secondo i numeri delle Nazioni Unite, nel 2017 in Africa 569 milioni di persone vivevano in città, a fronte dei 553 milioni dell’Europa e dei 533 milioni di America Latina e Caraibi. Una tendenza già velocissima che nei prossimi anni subirà un’ulteriore accelerazione poiché si stima che in Africa il tasso di urbanizzazione arriverà nel 2030 al 50%, per sfiorare il 60% nel 2050.
Entro lo stesso anno, la popolazione del continente africano sarà la più grande e la più giovane del mondo. Il numero dei giovani in Africa sarà dieci volte maggiore rispetto al numero dei giovani nell’Unione Europea.

Per l’Africa questo processo di urbanizzazione galoppante porta al tempo stesso grandi opportunità e grandi sfide. Secondo uno studio realizzato dalla Banca Africana di Sviluppo (AfDB), dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) e dal Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) l’urbanizzazione del continente può diventare un traino eccezionale per consentire quella “trasformazione strutturale” in grado di rendere solido e stabile lo sviluppo delle condizioni di vita locali.

Perché ciò accada e il fenomeno delle città africane si trasformi così in un catalizzatore di energie positive, è fondamentale analizzare e affrontare in maniera decisa sia gli aspetti
infrastrutturali sia gli aspetti socio-politici, perseguiti in un contesto dotato di una complessiva sostenibilità. Confrontando i dati sulla crescita demografica con quelli sulla popolazione urbana di molte città dell’Africa, appare evidente l’urgenza di ripensare il ruolo e il senso dei modelli di urbanizzazione in atto.

Garantire la sostenibilità sociale e ambientale nello sviluppo delle città africane è forse uno dei nodi centrali per far sì che l’urbanizzazione possa trasformarsi in quella forza positiva di cambiamento e miglioramento a cui tutti guardano. L’eccezionale rapidità dei tassi di urbanizzazione, infatti, comporta un’altrettanto rapida risposta in materia di sviluppo economico, sociale ed ambientale.

Per rispondere alle sfide poste all’Africa “le politiche del continente devono concentrarsi sulla creazione di lavori produttivi e di beni e servizi pubblici per la crescente popolazione urbana” suggerisce il rapporto della Banca Africana, come presupposto per il benessere sociale collettivo.

Tra le priorità individuate vi è quella di maggiori investimenti nelle infrastrutture urbane, che non sono riuscite a tenere il passo con la crescita delle città. Un terzo delle esigenze infrastrutturali dei Paesi in via di sviluppo riguarda le aree urbane. Nel continente gli investimenti urbani necessari sono stimati in 30 miliardi di dollari l’anno, di cui 20 miliardi in Africa subsahariana. In cima alla lista figura l’urgenza di un mercato di abitazioni a basso costo. Negli ultimi anni, infatti, il settore delle costruzioni ha saturato o quasi il mercato abitativo rivolto alle classi medie e medio-alte, tralasciando gli altri comparti. Lo sviluppo di strumenti finanziari, prestiti e mutui in grado di consentire l’acquisto di un’abitazione dignitosa anche alle classi più basse, è la chiave di volta per invertire la tendenza del settore edilizio – come dimostrato da alcuni esperimenti in diversi Paesi del continente (Etiopia, Kenya, Ghana) destinati ai dipendenti dell’amministrazione pubblica – e per contenere, di conseguenza, l’ulteriore espansione degli agglomerati informali. Secondo l’ultimo rapporto di Un-Habitat, nel 2014 il 56% della popolazione urbana in Africa subsahariana viveva in uno slum. Esempi positivi di gestione del fenomeno possono essere trovati in Marocco o Tunisia o nelle Mauritius, dove l’89% della popolazione è proprietaria di abitazione.

Altro aspetto fondamentale è la realizzazione di sistemi di trasporti pubblici capaci di promuovere la mobilità urbana e periurbana garantendo l’inclusione sociale. Lo sviluppo di infrastrutture viarie e di collegamento con quella vasta realtà periurbana definita nei cosiddetti “corridoi urbani” consentirebbe di incentivare la caratteristica peculiare del rapporto città-campagna registrata in Africa e di gestire in maniera più corretta la diffusione della città africana al di fuori del suo cuore urbano più classico. Negli ultimi anni molti Paesi africani hanno cominciato a dedicare attenzione alla questione dei trasporti di massa urbani e periurbani, come nel caso dell’Etiopia (con la metropolitana di superficie di Addis Abeba) o del Ghana (che si è dato l’obiettivo di posare 1200 km di ferrovie per collegare aree urbane e rurali). L’Africa si sta urbanizzando velocemente soprattutto grazie alla crescita di città e centri abitati di medie dimensioni (50.000 – 500.000 abitanti). Proprio quel continuum di aree rurali, villaggi, paesi e città strettamente interconnessi tra di loro porta con sé promesse di sviluppo e crescita per entrambi i ‘poli’ dell’asse campagna-città. Oggi l’82% della popolazione del continente vive in questa zona mista urbano-rurale. Le ‘città intermedie’ rappresentano il 55% di tutte le aree urbane africane. Una nuova pianificazione dello sviluppo delle città intermedie e dei corridoi urbani può consentire di rispondere alle sfide che il processo di urbanizzazione porta con sé. L’interesse di molti governi africani per lo sviluppo di linee ferroviarie e metropolitane che colleghino le aree periferiche ai centri urbani, ad esempio, mira ad alleggerire la pressione dei nuovi arrivi sui margini delle città, limitando il moltiplicarsi di insediamenti informali e improvvisati. Queste particolari arterie della mobilità rendono al tempo stesso le aree rurali sempre più attraenti anche da un punto di vista economico, godendo dei benefici di un’economia di concentrazione tipica delle città, ma mantenendo al contempo i vantaggi dei costi più bassi di una ‘periferia’.

Tra le priorità sono inoltre incluse le infrastrutture energetiche e quelle idriche e sanitarie. Queste ultime appaiono ancora più urgenti alla luce delle minacce che i cambiamenti climatici pongono sul continente e dell’impatto diretto che hanno sulla salute e sulle condizioni di vita dei cittadini. Le conseguenze in ambito sanitario dell’esposizione al cosiddetto “doppio carico dell’inquinamento atmosferico” – espressione con la quale si intende l’impatto sulla salute dell’inquinamento atmosferico (Aap) e dell’inquinamento atmosferico domestico non risolto (Hap) – stanno assumendo sempre maggiore importanza. Uno sviluppo urbano sostenibile dal punto di vista ambientale dovrebbe puntare a interventi politici con una visione ‘ecocompatibile’, un’architettura più attenta all’ambiente e l’installazione di sistemi sostenibili per la gestione delle acque e dei consumi energetici, che ancora si basano su carbone e legno per uso domestico. Interessanti a riguardo le sperimentazioni in corso in varie zone del continente (Senegal e Kenya) per l’uso del gas (naturale e liquido) in ambito domestico o il sempre maggior riferimento alle energie rinnovabili e ai sistemi off the grid per rispondere alle necessità energetiche di ambiti sia urbani che rurali. Investimenti in misure di “greening” e una gestione strategica dello smaltimento dei rifiuti (anche attraverso la creazione di impianti che consentano di produrre energia) rappresentano altri due punti chiave nella gestione del sistema urbano. Registra una progressione costante la fornitura di servizi idrici e sanitari in molti contesti urbani del continente. Esempi di crescita notevole (+40%) sono arrivati da alcuni dei Paesi che partivano da dati molto bassi (Guinea, Mali, Niger), ma più in generale miglioramenti costanti e importanti si sono registrati anche in Angola, Capo Verde, Repubblica Centrafricana, Mauritania e Tanzania. L’Angola, in particolare, rappresenta un caso interessante sia per gli investimenti infrastrutturali effettuati nel campo della fornitura di servizi idrici e sanitari sia per la decentralizzazione di questi servizi operata da strutture commerciali autonome o provinciali con l’assistenza del governo centrale.

Va infine evidenziato il ruolo che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) potranno giocare nell’identificare risposte alle molte questioni aperte, consentendo alle città africane di effettuare quei “leapfrogging” già registrati in altri settori. Il potenziale innovativo di questo particolare concetto di ‘Smart City’ è già visibile in molte città del continente con applicazioni pratiche che vanno dalla pianificazione infrastrutturale a quella della mobilità, alla fornitura di energia prepagata anche negli slum. Ma le innovazioni tecnologiche aprono nuovi spazi anche nei servizi alla popolazione atti a garantire maggiore informazione, partecipazione e condivisione delle decisioni prese dalle autorità per trasformare le città africane in laboratori di cittadinanza. Basti pensare a ‘conTEXT’, il servizio di raccolta dati e informazioni su uno slum di Kigali condotto attraverso una piattaforma di scambio via sms tra l’amministrazione cittadina e gli abitanti della borgata dove è in corso il progetto pilota.

Solo se accompagnate da offerte di lavoro produttive, dalla fornitura di beni e servizi pubblici, da una maggiore e migliore pianificazione dei collegamenti con le zone rurali o con quelle produttive, le nuove città africane possono diventare vero e proprio motore di sviluppo, laboratori di governance e cittadinanza, stimolando formazione, innovazione e cultura in un contesto di crescita socio-economica.

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