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“Perché la migrazione diventi una vera scelta”, intervista ad Alessandra Piermattei

Agricoltura, educazione e sostegno al settore privato, ma anche un impegno trasversale per l’empowerment femminile e la promozione della donna. Questo è il tradizionale perimetro di azione della Cooperazione italiana in Senegal.

In senso più ampio, educazione e informazione sono tra gli elementi centrali del programma sulle migrazioni irregolari denominato “Choisir en toute connaissance”. Infatti, la scelta di sostenere iniziative come quella di Foo Jem, le pillole radiofoniche che raccontano storie di successo di giovani senegalesi ‘riusciti’ in patria, mostra come l’obiettivo principale non sia tanto quello di incoraggiare le persone a non partire, quanto quello di fornire le informazioni necessarie affinché ognuno possa fare la scelta migliore, in tutta coscienza e responsabilità. A sottolineare questo punto saliente del Programma sulle migrazioni irregolari è Alessandra Piermattei, titolare della sede Aics di Dakar.

Alessandra, cosa significa creare consapevolezza nella scelta o meno di emigrare? E quali sono le azioni messe a punto dall’ufficio Aics da lei guidato?

Abbiamo adottato un approccio che pensiamo possa avere un buon impatto: non invitiamo a rinunciare a un progetto migratorio perché questa è una scelta, perché tutti hanno la libertà di circolazione o di cambiare. La questione è che probabilmente in pochi guardano alle potenzialità del Paese prima di partire, perché c’è il mito del migrante che si arricchisce quando va in Europa o comunque all’estero. Il nostro è un invito a valutare la possibilità di investire in un’attività anche all’interno del Senegal. Questo è un Paese dinamico, lanciato verso il futuro, che ha tante potenzialità. Noi invitiamo quindi le persone a non rinunciare ai propri sogni, alle proprie capacità e professionalità. Dobbiamo fare in modo che la migrazione diventi una vera scelta, e che ovviamente sia regolare perché non si combatte la migrazione tout court ma la migrazione irregolare.

Come è nata la collaborazione con l’associazione Africulturban, insieme al rapper Matador, molto conosciuto nel Paese?

Obiettivo di questo progetto era la creazione di un programma radiofonico che puntasse appunto su questo approccio consapevole alla migrazione. Africulturban è un’associazione che si prefigge di valorizzare la cultura locale e di sostenere quei ragazzi che decidono di investire nel Paese, fornendo loro formazione, possibilità di scambio e un sostegno alle attività che intendono realizzare. Loro ci hanno aiutato nei contenuti di questo programma, che non a caso si chiama “Foo Jem”, cioè “Dove vai’”, a voler intendere che prima di partire devi sapere dove vai. L’associazione ci ha messo in contatto con i ragazzi che hanno realizzato tredici pillole radio che poi sono state mandate in onda in una delle principali radio del Paese e devo dire che è stato sorprendente scoprire come ragazzi di massimo trenta-trentacinque anni abbiano deciso di lasciare situazioni stabili in Europa o negli Stati Uniti per investire nel loro Paese o abbiano deciso di non partire per costruire qualcosa qua. Penso che questo sia stato un grosso successo per i nostri progetti perché ha contribuito a far emergere un Senegal che non è molto conosciuto da noi ma forse nemmeno in Senegal.

Oltre a questo programma, altri ambiti di intervento in Senegal sono educazione, agricoltura e sostegno al settore privato.

Il settore agricolo è oggetto di diverse iniziative, la più grande delle quali è il Papsen, che dispone di 30 milioni di euro sotto due forme di finanziamento, a credito e a dono, e punta al miglioramento dell’agricoltura sia in senso comunitario, quindi favorendo il passaggio da un’agricoltura familiare a un’agricoltura più strutturata, sia attraverso la promozione dell’agribusiness, un settore molto importante per il Senegal.
Per l’educazione ci siamo concentrati soprattutto sulle ragazze, in particolare sull’inclusione delle bambine, che spesso rimangono fuori dal circuito scolastico, mentre sulla parte gender abbiamo importanti iniziative che mirano alla crescita economica e sociale delle donne, cioè l’elemento di traino delle società africane e senegalesi; quindi una serie di servizi in favore delle donne, per la protezione dei loro diritti e perché loro possano avere le stesse opportunità degli uomini anche nel contesto lavorativo e sociale.
Una parte significativa di fondi è stata dedicata alla promozione del settore privato, soprattutto delle piccole e medie imprese, c’è stata un’iniziativa – conclusasi un paio di anni fa – interessante perché è cresciuta insieme alla situazione economica e politica del Senegal e sempre più valorizza quella che è la diaspora per lo sviluppo del Paese; a breve sarà avviata una seconda fase della medesima iniziativa. Quindi non solo Pmi – sulle quali come sappiamo abbiamo anche esperienza da esportare – ma anche iniziative per convogliare le risorse di senegalesi che ormai vivono in Italia ma che vorrebbero contribuire alla crescita del Paese di origine.

Visto da chi sta in Senegal, l’impatto della diaspora è davvero importante? Può essere valorizzato di più?

Credo che sia importantissimo. Proprio in termini di quantità di fondi, il contributo dei senegalesi all’estero è maggiore dell’aiuto della Cooperazione italiana. Il grande problema è come canalizzare gli investimenti, mancano ancora le modalità per far fruttare appieno tali risorse. Ci si concentra a inviare i soldi in patria e magari costruire case; occorrerebbero invece strutture forti che possano dare consigli su come effettuare gli investimenti e mettere in relazione il senegalese residente in Italia che vuole investire nel suo Paese con una struttura che sappia guidarlo nell’acquisto di un terreno, nel sostegno a una cooperativa agricola o a una piccola impresa, piuttosto che innalzare la grande casa per la famiglia che non porta però significativi benefici sul lungo periodo. Quindi i nostri interventi si stanno canalizzando sempre più su questo, cioè sulla creazione di legame tra domanda e offerta anche in collaborazione con il ministero degli Esteri locale, che ha elaborato una sua strategia per i senegalesi all’estero. Un percorso seguito più in generale dalla Cooperazione italiana come dimostra il sostegno al primo Summit nazionale delle Diaspore.

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