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Africa, la rivoluzione della mobilità elettrica

L'Etiopia ha stupito il mondo annunciando a gennaio il divieto dell'importazione di veicoli a combustione, ma anche in diversi altri Paesi del continente l'elettrico si sta facendo strada, tra auto, boda boda e autobus

L’Etiopia si appresta a diventare il primo Paese al mondo a vietare l’importazione di tutte le auto con motore a combustione interna, sia nuove che usate. Il 29 gennaio la nazione dell’Africa orientale ha annunciato che non importerà più auto non elettriche, nel tentativo di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e di ripulire l’aria delle sue città, in primis l’inquinatissima Addis Abeba.

Più della metà dei 6 miliardi di dollari che l’Etiopia ha speso l’anno scorso per le importazioni di petrolio è stata destinata all’uso di veicoli e il Paese fatica ad accedere a tassi di cambio favorevoli. L’Etiopia ha limitatissime riserve di greggio, mentre il 97% dell’energia elettrica è prodotta da fonti rinnovabili, in particolare da idroelettrico. Tutte ragioni fondamentali, alla base della decisione drastica voluta da Alemu Sime, ministro dei Trasporti e della Logistica etiope. “Lavoriamo per ridurre l’inquinamento atmosferico legato al trasporto ecologico” ha detto “perciò è stata presa la decisione che nessun veicolo automobilistico potrà essere importato se non è elettrico”.

Intanto il governo prosegue con il suo piano d’installazione di infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici e l’implementazione di esenzioni fiscali per le auto elettriche sull’imposta sul valore aggiunto e sulle accise per i consumi elettrici. Il Paese, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), ha un piano per raggiungere l’accesso universale all’energia entro il 2025, con l’obiettivo di rifornire il 35% della popolazione con soluzioni off-grid (fuori rete), e al contempo diversificando il suo mix di generazione installata, dominata dall’idroelettrico (con le megadighe sull’Omo e la Grand Reinassance) a favore di solare, eolico e geotermico.

Un salto generazionale

Il caso etiope è emblematico di una rivoluzione che sta lentamente attraversando l’Africa, soprattutto nelle economie più dinamiche. Se da un lato il continente africano ha riserve fondamentali di minerali chiave per la transizione verso l’elettrico, dall’altro guarda sempre con più interesse alla diffusione e alla produzione di questi veicoli, che sta avendo un vero boom in tanti Paesi, come Kenya, Nigeria, Marocco, Sudafrica, Ruanda, Senegal. Il settore dei trasporti in Africa pesa per oltre il 31% delle emissioni di gas serra (e richiede ingenti sussidi per sostenere il costo dei carburanti) ed è responsabile di circa 1,1 milioni di morti per la pessima qualità dell’aria: dunque intervenire per decarbonizzare nella fase nascente della diffusione dei trasporti privati potrebbe avere un grande impatto sulla salute delle persone e sull’economia. Secondo un’analisi di Mordor Intelligence il mercato dei veicoli elettrici in Africa è stato valutato a 11,94 miliardi di dollari nel 2021 e si prevede che raggiungerà i 21,39 miliardi di dollari entro il 2027, registrando un tasso di crescita annuale composto del 10,2% durante il periodo di previsione.

L’introduzione di veicoli a quattro o più ruote elettrici per il momento rimane limitata, mentre cresce vertiginosamente quello dei veicoli a due o tre ruote. Il Sudafrica è l’attuale mercato leader per i veicoli elettrici in Africa, con 1.000 unità vendute nel 2023, seguito dalla Nigeria con alcune centinaia di veicoli e Marocco, quest’ultimo un importante produttore in grado già di costruire 40mila veicoli l’anno e un’infrastruttura elettrica tra le più stabili del continente.

Moto, tricicli, biciclette

La fetta più rilevante dell’elettrificazione dei trasporti del continente africano è legata a moto e tricicli elettrici, soprattutto usati come taxi o come primo veicolo privato di famiglia. Un esempio di questo trend sono i boda boda elettrici a Nairobi che si stanno diffondendo a vista d’occhio. “Le moto elettriche sono più silenziose, molto più efficienti e fanno bene all’ambiente”, ha dichiarato in un’intervista con il Nyt Jesse Forrester, fondatore di Mazi Mobility, che ha 60 boda-boda sulle strade di Nairobi. “In Kenya è in atto una rivoluzione silenziosa che guida questa trasformazione per il futuro”. Oggi nel Paese africano ci sono ben 1.500 boda boda elettrici, un numero importante ma contenuto se si considera la stima di quasi 1,5 milioni di boda boda a gasolio. Ma il tasso di sostituzione è in crescita a tre cifre. Al punto che il presidente del Kenya, William Ruto, ha posto l’obiettivo di vedere 200.000 motociclette elettriche in circolazione in tutto il Paese entro il 2025.

La micromobilità elettrica secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) è prioritaria in questa transizione verso perché rappresenta la modalità di trasporto in più rapida crescita in molti Paesi a basso e medio reddito. Per questo Unep sta sostenendo direttamente progetti di veicoli elettrici a due e tre ruote in nove Paesi africani: Etiopia, Marocco, Kenya, Ruanda, Uganda, Madagascar, Sierra Leone, Tanzania e Togo. A livello regionale, il Programma ha istituito quattro piattaforme di supporto e investimento per creare comunità di pratica, helpdesk e sostenere nuovi mercati della mobilità elettrica.

Infrastruttura di ricarica

Il punto debole dell’elettrificazione della mobilità sono le reti instabili, l’approvvigionamento (in Sud Africa ad esempio il carbone è ancora la prima fonte per generare elettricità) e la rete di ricarica. Il Marocco dispone attualmente di circa 1.000 stazioni di ricarica, la maggior parte delle quali si trova nei capolouoghi. Per spingere la vendita dei suoi veicoli il governo ha annunciato l’installazione di 2.500 nuove stazioni di ricarica entro il 2026, con un’iniziativa è sostenuta da Apime, l’associazione professionale intersettoriale per la mobilità elettrica.

Non mancano però soluzioni innovative per aggirare i problemi con la rete elettrica. Zero Carbon Charge, un’azienda sudafricana, sta lavorando per costruire le prime stazioni di ricarica ultra-veloce completamente off-grid nel proprio Paese. A inizio gennaio Zero Carbon Charge ha firmato un memorandum d’intesa con il produttore cinese di sistemi di accumulo di energia Shanghai Magic Power Tech Co. e con Greencore Energy Solutions, per costruire e importare i primi sistemi integrati ultraveloci del suo genere per 120 stazioni di ricarica con rinnovabili 100% off-grid, attualmente in fase di implementazione in tutto il Sudafrica. Le stazioni, alimentate da eolico o fotovoltaico saranno operative già dalla fine dell’anno. Un modello che se replicato potrebbe cambiare completamente gli scenari energetici del Paese legati alla mobilità, specie se prenderà sempre più piede una filiera di costruzione e distribuzione made-in-Africa.

La rivoluzione dei bus elettrici

Nel 2023 vari Paesi del continente hanno assistito a una significativa penetrazione dei bus elettrici nel settore del trasporto. Numerose città africane hanno adottato veicoli a emissioni zero, spinti dall’accessibilità economica e dalla necessità d ridurre l’inquinamento atmosferico. In Rwanda, il comune di Kigali, in collaborazione con l’azienda kenyota BasiGo, ha pianificato l’acquisto di 200 autobus elettrici da 70 passeggeri con autonomia di 300 chilometri, con punti di ricarica installati nel quartiere Kicukiro di Kigali. Nairobi ha pianificato di ottenere almeno 100 autobus da BasiGo nei prossimi anni. BasiGo, fornitore di soluzioni per autobus elettrici leader in Africa, ha iniziato la sua avventura importando bus prodotti dalla cinese Byd. Oggi ha piani di assemblare migliaia di bus direttamente in Kenya già entro il 2025. Gli autobus saranno consegnati attraverso l’innovativo modello di finanziamento Pay-As-You-Drive di BasiGo, che consente agli operatori di autobus di acquistare autobus elettrici senza sostenere gli elevati costi iniziali. Un modello che altri stati membri dell’Unione Africana stanno valutando con attenzione, soprattutto coloro che cercano, più che di contenere le loro (ridotte) emissioni, di ridurre la dipendenza dall’import di carburanti, sfruttando solare, eolico o idroelettrico.

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. È Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019), Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018), Che cosa è l’economia circolare (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.
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