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Inversione di tendenza, la povertà estrema torna a correre

Nel rapporto Poverty and Shared prosperity 2020: Reversals of Fortune, la Banca Mondiale rivede le previsioni sulla riduzione della povertà estrema. Nel 2020, per la prima volta in due decenni, i poveri aumenteranno per tre cause: conflitti, cambiamenti climatici e Covid-19

Il dato è sconfortante e la tempesta, purtroppo, sembra perfetta: per la prima volta dal 1998, il 2020 vedrà salire la linea della povertà estrema globale, dell’1,2% nel migliore dei due scenari proposti e dell’1,5% nel peggiore. A evidenziare dati e proporre previsioni è un recente rapporto di Banca Mondiale, Poverty and Shared prosperity 2020: Reversals of Fortune, che tiene conto anche degli effetti economici che la pandemia di covid-19 sta avendo e continuerà ad avere sul fronte economico oltre che sanitario. Anzi, leggendo le previsioni, a meno di cambi di rotta, la tendenza a peggiorare proseguirà anche nel 2021, con i poveri che aumenteranno ancora dell’1,4% nella previsione più ottimistica e dell’1,9% in quella più pessimistica.
Percentuali dietro cui si nascondono milioni di persone, concentrati in aree che già adesso sono tra le meno sviluppate al mondo. E i successi faticosamente messi a segno negli ultimi due decenni saranno rimessi in discussione.

Cambiando parametro, passando cioè dagli incrementi percentuali ai valori assoluti, la Banca Mondiale prevede che entro la fine del 2020 nell’estrema povertà cadranno tra 88 e 115 milioni di persone, a cui se ne aggiungeranno altre 23/35 milioni nel corso del 2021. In un biennio, quindi, la forbice dell’estrema povertà si allargherà includendo tra 110 e 150 milioni di persone.
Una situazione che vedrà Africa subsahariana ma anche Nord Africa, Medio Oriente e alcune regioni dell’Asia al centro di una “tempesta perfetta”, come sembra emergere da questo rapporto realizzato da un gruppo di ricercatori guidato da Samuel Freije-Rodríguez e Michael Woolcock.

Nell’intervista rilasciata a Oltremare e che si può leggere CLICCANDO QUI, Samuel Freije-Rodríguez parla di tempesta perfetta perché si sta verificando la concomitanza di tre eventi previsti e prevedibili che di fatto si aggravano a vicenda: conflitti armati, cambiamenti climatici e covid. Le tre C, come le chiama Freije-Rodríguez, sono i fattori che stanno lavorando a scapito del benessere collettivo globale, che stanno segnando questo 2020 e che segneranno i prossimi anni. Eppure non vengono dal nulla, perché anche la pandemia era stata ipotizzata negli anni scorsi. Questi tre fattori hanno semplicemente reso più complesso un percorso – quello riconducibile all’Agenda 2030 – che già negli ultimi anni era diventato difficoltoso: se fino al 2019 erano già tanti gli ostacoli, con il 2020 la strada si è fatta decisamente più ardua come sottolinea anche il Goalkeepers Report pubblicato dalla Gates Foundation.

Un progetto di Aics e Unido in Somalia ©Unido

Nelle sue raccomandazioni, tuttavia, la Banca Mondiale non scarta l’ipotesi che si possa tagliare con successo il traguardo del 2030: per farlo occorrerà più che mai il ricorso agli strumenti della cooperazione internazionale perché, citando ancora Freije-Rodríguez, a fronte di problematiche globali servono risposte coordinate nelle quali la cooperazione internazionale dovrà avere un ruolo centrale.  Mai come adesso la cooperazione internazionale e la collaborazione tra gli Stati, al di là delle latitudini, dei confini e delle rispettive ricchezze, è necessaria per rispondere a sfide dal cui esito dipenderà il mondo come lo conosceremo nei prossimi anni. Sfide pesanti che nel 2020 e nel 2021 vedranno arretrare i tassi di prosperità e allo stesso tempo aumentare le ineguaglianze e le fragilità istituzionali, come ha sottolineato David Malpass, presidente di Banca Mondiale.

Ma appunto niente nasce dal nulla. La crisi attuale, si sottolinea a più riprese in questo studio di 200 pagine, è figlia di quanto avvenuto negli ultimi anni: i conflitti che hanno segnato la storia recente del Nord Africa e del Medio Oriente (si pensi a Siria, Yemen e Libia) hanno avuto ripercussioni sul ritmo di riduzione della povertà, facendo registrare rallentamenti a partire dal 2013: così, se la povertà estrema era scesa a una media dell’1% all’anno tra il 1990 e il 2013, tra il 2013 e il 2015 si era passati allo 0,6% e nel periodo 2015-2017 il calo si era assottigliato ancora di più. Una decelerazione che ora, anche a causa della pandemia, potrebbe allontanare ulteriormente l’obiettivo di avere meno del 3% della popolazione globale in uno stato di povertà estrema entro il 2030. Benché le zone rurali continueranno a pagare un prezzo più alto rispetto alle aree urbane, tuttavia anche queste ultime vedranno aumentare poveri e disoccupati: i nuovi poveri andranno ad affollare zone e città che già oggi vivono nell’indigenza e che spesso non hanno mezzi sufficienti per garantire vite dignitose. Sarà, dunque, quanto mai importante garantire servizi sanitari e sicurezza alimentare, fattore quest’ultimo che esigerà un aumento della produttività agricola anche per rispondere al contemporaneo incremento della popolazione mondiale. D’altra parte, il Premio Nobel per la pace dato quest’anno al Programma alimentare mondiale indica chiaramente come sulla sicurezza alimentare occorra costruire il mondo che verrà domani, perché se simili fragilità colpiscono direttamente chi (più degli altri) sta subendo gli effetti di cambiamenti climatici, covid e conflitti armati, in un mondo globalizzato dove la pandemia ha ricordato che non esistono confini, sono nodi che, in definitiva, riguardano tutti.

 

Biografia
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.
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