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Pannelli fotovoltaici

Le sfide dell’energia e la rivoluzione possibile delle comunità energetiche

Da una parte i Paesi ricchi, con le loro priorità in materia energetica. Dall’altra parte l’Africa, che paga l’inquinamento prodotto da altri e ha la necessità di creare accessi all’energia a una popolazione di milioni di persone che oggi quell’accesso non ha

Sembrano parlare due lingue diverse l’Africa e il cosiddetto nord del mondo. Una sensazione molto concreta e visibile a vari livelli che emerge però in tutta la sua complessità quando si parla di energia.

Fino a un anno fa, c’era la parte più ricca del mondo che spingeva lungo il solco della sostenibilità e quindi verso un uso più massiccio di fonti energetiche pulite. L’Africa concordava, ma provava ad avanzare dei distinguo. Nel continente sanno benissimo che la strada da imboccare con decisione è quella delle rinnovabili, sui tempi però manca l’intesa, perché se nel nord si ragiona sulla transizione energetica, sul passaggio cioè da un’energia inquinante a una pulita, in Africa la priorità è fornire energia a chi ancora energia non ne ha. Benché la situazione sia migliorata nel corso degli anni (secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, dopo un picco di 613 milioni di persone senza elettricità nel 2013, si è scesi a circa 572 milioni nel 2019, con Kenya, Senegal, Rwanda, Ghana ed Etiopia particolarmente attivi), la situazione resta difficile in tanti Paesi della regione subsahariana.

Dallo scorso febbraio, poi, è cresciuta l’impressione che una delle due parti in gioco, il “nord del mondo”, sia inciampata sulle sue stesse parole, creando ancora più confusione. La guerra in Ucraina e la paura dei Paesi occidentali di “perdere” energia non ha messo in soffitta il tema della sostenibilità e quindi della promozione delle rinnovabili. Anzi. Sul breve termine, tuttavia, ha riaperto all’uso delle fonti di energia convenzionali, carbone compreso. Questo riposizionamento dettato dalla necessità, e le azioni che ne sono seguite, sono state lette da diversi osservatori africani come un’ennesima prova di “ipocrisia”.

Tante variabili

L’Africa, che sul fronte energetico rappresenta un enorme potenziale ancora da utilizzare, si ritrova a dover fare i conti con molte variabili, a volte contrastanti. In che modo, si legge nel numero di novembre di Africa e Affari, equilibrare necessità interne e pressioni dei mercati internazionali, sia in termine di produzione che in termini politici? Come far convivere il processo di industrializzazione e le azioni di contrasto alla minaccia climatica? Come evitare di diventare un campo di battaglia, politico-economico-militare, nel braccio di ferro tra le grandi potenze mondiali per un riallineamento degli assetti globali?

Nel suo Africa Energy Outlook 2022, l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) delinea le prospettive energetiche continentali concentrandosi su sfide e priorità. L’elemento messo chiaramente in evidenza è il ruolo dell’Africa in un contesto globale energetico in evoluzione.

“L’odierna crisi energetica globale – si legge nel rapporto – ha sottolineato l’urgenza di accelerare il reperimento di fonti energetiche più economiche e più pulite, e posto in luce anche i vantaggi che se ne possono ricavare. L’invasione russa dell’Ucraina ha fatto salire alle stelle i prezzi di cibo, energia e altre materie prime, aumentando le tensioni sulle economie africane già duramente colpite dalla pandemia di covid-19. Queste crisi sovrapposte stanno colpendo i sistemi energetici locali e producendo conseguenze come l’inversione della tendenza positiva nel miglioramento dell’accesso energetico, con il 4% in più di persone che vivono senza elettricità nel 2021 rispetto al 2019. Stanno anche crescendo le difficoltà finanziarie per l’erogazione dei servizi pubblici, situazione che comporta maggiori rischi di blackout e razionamenti”. A questo, si sommano gli effetti negativi indotti dai cambiamenti climatici, che in Africa, in particolare, si stanno traducendo in stress idrico, riduzione della produzione alimentare, aumento degli eventi meteorologici estremi e minore crescita economica, tutti fattori che alimentano la migrazione di massa e l’instabilità regionale.

Il rapporto dell’Iea rimarca quindi l’importanza di puntare sulle energie verdi e di non cedere alla tentazione di approfittare del momento di attenzione agli idrocarburi. Secondo l’Iea, è possibile arrivare all’accesso universale ai moderni servizi energetici in Africa entro il 2030 garantendo al tempo stesso la piena attuazione di tutti gli impegni africani sul clima. Realizzare questi obiettivi, precisano gli autori, è un’impresa formidabile all’interno della quale i Paesi africani devono assumere un ruolo guida con strategie e politiche chiare, mentre le istituzioni internazionali devono rafforzare il loro impegno per aumentare significativamente i livelli di sostegno. E la parola sostegno vuol dire finanziamento anche a strade nuove e finora poco percorse.

La strada delle comunità energetiche

Una di queste strade porta a un “concetto” relativamente nuovo che è quello delle comunità energetiche. Come sottolinea Lorenzo Di Berardino, co-founder e ceo di Apio – una innovativa energy platform provider con basi nelle Marche e in Abruzzo – nel giro di pochi anni si è passati da modelli centralizzati di produzione energetica a micro centrali o micro stazioni di produzione. “Una comunità energetica – spiega Di Berardino – è definita come un insieme di utenti che condividono una certa zona geografica e che insieme si autorganizzano e si aggregano per raggiungere lo scopo di produrre quanto più possibile l’energia di cui la stessa comunità ha bisogno. Quindi lo scopo ultimo della comunità energetica è massimizzare l’autoconsumo, inteso come l’energia che ciascun membro della comunità è in grado di produrre e di mettere a fattor comune della comunità”.

Questo è un modello che funziona dove è presente una rete che deve essere anche resiliente. Inoltre, per governare questo tipo di interazione così flessibile e smart ci deve essere un livello elevato di digitalizzazione della rete. In altre parole, la rete non deve solo essere presente ma deve anche essere digitale. “Tuttavia si può prendere un derivato di questo modello, in off-grid, perché venga replicato in Africa”.

A credere alle potenzialità delle comunità energetiche in Africa è Roberto Vigotti, segretario generale di Res4Africa Foundation. “Quando si parla di accesso all’energia – sottolinea Vigotti – molti confondono e pensano solo alle abitazioni rurali lontane dalla rete. In realtà abbiamo un problema enorme di zone urbane e periurbane dove in effetti la comunità energetica potrebbe essere il veicolo per aiutare l’elettrificazione”. Vigotti sottolinea come in molti contesti urbani africani, zone sviluppate energeticamente convivano a pochi metri di distanza con baraccopoli prive di servizi. “Allo stesso tempo – dice ancora – sappiamo quali sono i trend demografici del continente africano e quali quelli legati all’urbanizzazione, con un crescente numero di città e megacittà. Allora è importante proporre la comunità energetica come una modalità per servire un gruppo dedicato di utenti con un sistema misto tra utility locale e operatori anche europei. Investire in questo è importante, la comunità energetica è un concetto che va approfondito, anche alla luce di un momento di crisi energetica come quello attuale, perché permette di aprire strade nuove”.

Andando oltre, Christian Bartolomeo, responsabile tecnico per le comunità energetiche della cooperativa ènostra ed esperto di livello nazionale su questa materia, parla di “rivoluzione”. Per Bartolomeo le comunità energetiche possono essere una concreta e democratica risposta per combattere la povertà energetica: “Tuttavia mancano ancora decreti attuativi e regole tecniche chiare; così come, almeno in Italia, c’è un eccesso di burocrazia che di fatto rende complesso l’avvio di nuovi progetti”. Il messaggio per l’Africa è chiaro: le comunità energetiche possono rappresentare un’occasione a patto che si intervenga sulle norme e allo stesso tempo si creino i presupposti tecnologici necessari, soprattutto nelle città e nei contesti urbani a rapida crescita.

Biografia
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.

 

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