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Massimo Martinelli, direttore Messaggero

Martinelli (Il Messaggero): “Ai lettori raccontiamo storie di umanità”

Continua l’appuntamento con i direttori delle testate giornalistiche italiane per parlare dell’informazione dedicata al Sud del mondo. Dopo Marco Tarquinio e Maurizio Molinari Oltremare ha incontrato Massimo Martinelli, direttore del Messaggero

“Come comunicare i nodi dello sviluppo globale? Raccontando le singole storie umane, partendo da un nome, da un’espressione del volto, da una voce…” All’ultimo piano della redazione di via del Tritone, il direttore Massimo Martinelli ha lo sguardo assorto. Incorniciata sulla parete alle sue spalle c’è una prima del Messaggero con il titolo Atto di guerra. Manhattan brucia nello scatto a tutta pagina, l’11 settembre 2001. Nel sottotitolo si informava di “migliaia di morti” ma nelle pagine interne del giornale prendevano già forma le piccole storie: quelle delle vittime e dei soccorritori, con i volti ingrigiti dalla polvere, i drammi, le vite spezzate. “Ed è dalle storie che bisogna partire” ripete ora Martinelli, 60 anni, una carriera nella giudiziaria prima di diventare responsabile della cronaca di Roma e poi vicedirettore al Messaggero, giornale storico della capitale, fondato nel 1878.

Nell’intervista con Oltremare si parla di prospettive locali che incrociano temi globali. Accade ogni giorno, al Messaggero, quando ci sono le “grandi storie”. “Il nostro metro di giudizio non riguarda il singolo Paese ma il contenuto” dice Martinelli. “Negli Esteri preferiamo dedicare più spazio alle storie umane e familiari, magari di sopruso, ingiustizia o persecuzione, e meno invece alla politica locale”.

Anche rispetto ai fatti internazionali, lo sforzo è “intercettare il gusto del lettore medio”: non partendo dalla grande geopolitica ma dalle donne e dagli uomini, anche italiani, in modo sempre peculiare e differente tra loro ambasciatori del Paese nel mondo. “Penso”, sottolinea Martinelli, “alle tante realtà del volontariato, che per noi cronisti rappresentano esse stesse fonti di informazione: il convoglio di volontari italiani che porta aiuti umanitari in Ucraina diventa occasione per raccontare storie e per far conoscere realtà viste in prima persona”.

È trascorso poco più di un anno dall’offensiva russa del 24 febbraio 2022. “Appena possibile mandammo giornalisti a bordo di camion che partivano da Roma e viaggiavano per giorni attraverso Paesi e frontiere con tutta una serie di soste obbligate” ricorda il direttore. Che allarga lo sguardo: “Anche nel cuore dell’Africa volontari, operatori di cooperazione o responsabili di organizzazioni come la Croce Rossa o Medici senza frontiere diventano fonte di informazione e allo stesso tempo storie essi stessi: sono italiani impegnati nel mondo, che si mettono a disposizione”. Con un valore aggiunto per il cronista: “Il loro punto di vista è meno inquinato dalla politica ed è intriso di passionalità e suggestioni”.

Il resto è il lavoro quotidiano da reporter, fondato sull’incrocio e la verifica costante delle fonti. “Ricordo quando inviammo i giornalisti a bordo di un C-130 dell’aeronautica militare nell’Indonesia sconvolta dallo tsunami” dice Martinelli. “Erano gli ultimi giorni del 2004 e anche allora usammo i resoconti dei volontari delle associazioni, come poi accade regolarmente nelle situazioni di crisi o di guerra”.

I conflitti, appunto, purtroppo spesso una delle occasioni per informare sul “Sud globale”. “Dalla Libia alla Iraq e all’Afghanistan”, sottolinea il direttore, tornando agli strumenti del mestiere, “ci sono fonti interne delle ambasciate o di intelligence, con funzionari che possono informare su cosa accade, magari nei casi di rapimenti o di attentati”.
L’assunto è che non si può essere ovunque nel mondo e che ci sono diversi modi per raccontare, anche se nell’emergenza non si ha un corrispondente o un inviato sul posto. “Purché resti valida”, sottolinea ancora Martinelli, “la vecchia regola dell’incrocio e della verifica delle fonti”.

Il punto d’arrivo sono comunque le storie. Da far riemergere magari dalle macerie del terremoto in Turchia e in Siria e da far arrivare al lettore. “Un grande fenomeno non si può raccontare solo con i numeri”, sottolinea Martinelli: “Ci vogliono le persone, con i volti ingrigiti dalla polvere, lo sguardo degli occhi, a volte i sorrisi”.

 

Biografia
Massimo Martinelli
È direttore responsabile del Messaggero dal 2020. Romano, 60 anni, è da sempre nella redazione del quotidiano romano dove ha ricoperto il ruolo di responsabile della cronaca giudiziaria prima e successivamente quello di responsabile della cronaca di Roma fino alla nomina a vicedirettore avvenuta nel 2016. Con Il Messaggero aveva cominciato a collaborare nel 1986, subito dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza. Nel 1988 era stato assunto come redattore, diventando giornalista professionista nel 1990. Si è occupato da subito dei più importanti casi di cronaca giudiziaria, dalle Brigate Rosse alle stragi palermitane del ‘92, da Tangentopoli fino alle ultime inchieste politico-finanziarie. Tra i riconoscimenti ricevuti il premio “Personalità europea dell’Anno”, patrocinato dal Comune di Roma, e quello “Giornalismo d’inchiesta”, nell’ambito della rassegna letteraria Grangiallo organizzata a Castelbrando, in provincia di Treviso.
Massimo Martinelli, Il Messaggero
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