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Stefano Feltri, ex direttore di Domani

Stefano Feltri a Oltremare: “Con meno risorse servono altri modi per attirare l’attenzione dei lettori”

Oltremare ha incontrato Feltri nel suo ultimo mese da direttore del quotidiano Domani per la consueta riflessione sull’informazione dedicata al Sud del mondo: dalle risorse contenute per gli inviati nei contesti di crisi alla necessità di stimolare l’interesse dei lettori. Con un finale propositivo che guarda a podcast e Tik Tok

Dopo La Repubblica, Avvenire e Messaggero, nel quarto appuntamento con La parola ai direttori Oltremare ha incontrato Stefano Feltri nel suo ultimo mese della sua direzione del quotidiano Domani. Per cambiare la narrazione di un Sud nel mondo che sale altrimenti alla ribalta solo nelle emergenze o nei casi di cronaca nera si è parlato di strategie e dell’approccio giornalistico più efficace, ma anche di criticità: prima fra tutte la carenza di risorse.  

“I giornali hanno risorse sempre più contenute, non possono mandare inviati, non possono avere corrispondenti, faticano a comprare pezzi da agenzie o freelance che hanno altre spese di viaggio”, ha spiegato Feltri. “Questo ovviamente impoverisce enormemente la possibilità di pubblicare questo tipo di articoli e di coprire queste aree a meno che non ci sia un picco di attenzione dovuta a una catastrofe come per esempio quelle avvenute recentemente in Siria o in Turchia. Il problema è che quel tipo di copertura però diventa una copertura tutta emozionale, senza alcuna componente analitica”. E ci sono  solo pochi modi per arginare questo problema. “Uno è quello di usare gli esperti e quindi di andare direttamente all’analisi, cosa che noi cerchiamo di fare spesso con politologi, giuristi, economisti, analisti di vario genere che ci offrono chiavi interpretative che la semplice somma dei dettagli della cronaca non permetterebbe di avere. L’altra è di vincolarsi con appuntamenti più o meno fissi per cercare di creare una fidelizzazione del pubblico nel tempo”.

Una delle ragioni per cui queste cose non si fanno è “che non c’è la domanda”, secondo Feltri, “perché a nessuno interessa veramente cosa succede in Paesi che non ha mai sentito nominare e quindi bisogna prima assuefare, avvicinare e spiegare al lettore quei luoghi e fargli capire perché sono importanti in modo che poi piano piano si appassioni a queste tematiche”. Ovviamente, ammette, “è più facile quando si fa su mezzi di comunicazione veramente ‘di massa’ come per esempio i telegiornali della sera, mentre è più difficile quando si fa come goccia che scava la pietra un lettore alla volta nei mezzi informativi di nicchia come ormai sono tutti quotidiani stampati”. 

Toccando poi il tema della decolonizzazione della cooperazione in Africa e di come diffondere nell’opinione pubblica un approccio più aperto in cui “for Africa” faccia spazio a “with Africa”, Feltri ha riconosciuto l’importanza del tema ma, ha sottolineato “mi sembra che noi siamo parecchi step indietro. Per arrivare a questo grado di sottigliezza nell’analisi e nell’approccio bisogna prima avere un interesse, un focus e una strategia. Ecco, ne è un esempio un po’ il piano Mattei in cui, a modo suo, il governo Meloni vuole fare la stessa cosa”. Cioè, spiega Feltri, “invece di andare nei Paesi del Sud del mondo e prendere quello che ci serve, andiamo lì e gestiamo insieme a loro, un po’ come faceva Mattei. In realtà, appena si va oltre la superficie dello slogan, si capisce che l’assenza di una strategia chiara rende questo approccio italiano, un ‘colonialismo mascherato’, come ho già avuto modo di scrivere…. Diciamo quindi che, in assenza di una grande strategia complessiva e di una lista di obiettivi chiari, il tema se fare una cosa ‘for Africa’ oppure ‘with Africa’ è molto secondario, perché dipende prima di tutto da che cosa si vuole fare”.  

Infine sul ruolo della comunicazione da parte degli attori di cooperazione a supporto del mondo dell’informazione Feltri ha precisato di conoscere poco il mondo della cooperazione allo sviluppo, ma ha sottolineato che “soggetti molto attivi, con reti di contatti, conoscenze e logistica in Paesi difficili da raggiungere, in cui i freelance o i giornalisti faticano ad arrivare da soli, sono una risorsa preziosa, specie in un’epoca in cui  non ci sono più i grandi corrispondenti che girano il mondo e raccontano quello che in maniera impressionistica hanno visto. Quindi la cooperazione può essere molto utile come supporto a un’informazione priva di risorse e parcellizzata. Ma può anche essere un supporto in termini economico-finanziari attraverso bandi o progetti che garantiscano quella continuità di offerta che il mercato non riesce a garantire”. 

Feltri ha concluso lanciando una proposta innovativa che merita certamente attenzione: “In questo momento per esempio invece che fare i long form sterminati che leggono in dieci, se fossi io dall’altra parte finanzierei un progetto di copertura di news africane o mediorientali su Tik Tok o podcast molto agili e brillanti. Fare cose con fondi pubblici che sappiamo chiaramente non avere mercato è un po’ uno spreco di risorse”. 

Biografia
Stefano Feltri

Classe 1984, nasce a Modena e si laurea alla Bocconi in economia. Lavora al Riformista, il Fatto Quotidiano,  (sezione economica) a Rai Radio 3 (Prima pagina). A La7 collabora con Lilli Gruber a Otto e mezzo. Da maggio 2020 ad aprile  2023 è direttore responsabile del quotidiano Domani, edito da Carlo De Benedetti. A marzo è uscito il suo ultimo libro Inflazione. Cos’è, da dove viene e come ne usciremo (Ed UTET). Continua a leggere la biografia.
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