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Da Roma a Carbis Bay, quelle “lezioni” indispensabili per curare la salute globale

Nelle “dichiarazioni” approvate al G20 e al G7 sono fissati principi da tradurre in azioni concrete. Per superare l’emergenza e costruire un futuro sostenibile.

Intervenire subito, nell’emergenza, e però anche saper alzare lo sguardo per immaginare e costruire il futuro sulla base delle lessons learned, le “lezioni apprese”. Imperativi rilanciati da Roma alla Cornovaglia, dal G20 al G7, e che saranno riferimento e guida a settembre in occasione della ministeriale Salute a presidenza italiana in programma il 5 e 6 settembre. E non ci sono solo gli appuntamenti istituzionali. Salute globale oltre l’emergenza è il titolo di un documento appena pubblicato da esponenti della società civile insieme con esperti del mondo accademico e operatori di cooperazione. Durante un incontro online a più voci ne parla anche l’ambasciatore Davide La Cecilia, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza. Nel suo intervento torna il concetto di resilienza, mentre l’orizzonte abbraccia il lungo periodo. “Il Global Health Summit che l’Italia ha ospitato il 21 maggio è stata la tappa di un percorso che proseguirà sotto il segno del multilateralismo e della cooperazione” la premessa. “Con la Dichiarazione di Roma c’è stato un chiaro segnale politico rispetto all’impegno della comunità internazionale nel breve, medio e lungo termine su come rafforzare la resilienza dei sistemi per prepararsi al meglio alle crisi sanitarie che purtroppo potrebbero esserci nel futuro”.

Una vaccinazione anti-Covid-19 in Nigeria © Oms

Una prospettiva, questa, centrale durante le riunioni del G7 in Cornovaglia tra l’11 e il 13 giugno. Nella Dichiarazione di Carbis Bay i capi di Stato e di governo hanno definito “cruciale” la capacità di risposta a future pandemie nell’arco di cento giorni. L’ottica è nazionale e globale, nella convinzione che No one is safe until everybody is safe, “nessuno è al sicuro finché non sono al sicuro tutti”. E che molto ci sia da fare lo indicano i numeri citati dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres: nei Paesi a basso reddito sono stati somministrati finora appena lo 0,3 per cento delle dosi dei vaccini anti-Covid-19 distribuite a livello mondiale, mentre i governi più ricchi ne hanno ottenute l’80 per cento. La Cecilia riferisce che l’Italia ha triplicato il proprio impegno in favore del meccanismo multilaterale Covax, portandolo “fino a 300 milioni”; rispetto alla moratoria dei diritti di proprietà intellettuale per la produzione dei farmaci, invece, la presidenza di Roma del G20 punterebbe su “una sospensione di carattere circoscritto e limitato nel tempo a condizione che non si perdano gli incentivi all’innovazione”. Nel conto vanno tenute poi le donazioni di alcuni governi e pure gli impegni delle multinazionali farmaceutiche, in particolare per la distribuzione a prezzi di costo di un miliardo e 300 milioni di dosi.

© Oms

Al di là dell’emergenza resta la salute globale, come sottolineano gli autori del documento che partecipano all’incontro online. Secondo Stefania Burbo, esponente del Network italiano salute globale e chair della rete internazionale Civil 20, “l’attuale emergenza sanitaria richiede con urgenza strategie di breve termine per accelerare la produzione e la distribuzione di test, farmaci e vaccini contro il Covid-19, ma servono altresì riforme di carattere strutturale dei sistemi sanitari a livello globale”. La tesi è che sia necessario “porre attenzione alle persone colpite in maniera sproporzionata dalla pandemia, che ha acuito condizioni di discriminazione e vulnerabilità preesistenti, come nel caso di donne e ragazze, gruppi vulnerabili e comunità emarginate”. Di One Health parla Valentina Mangano, parassitologa e vicedirettrice del Centro interdisciplinare scienze per la pace (Cisp) presso l’Università di Pisa. “Bisogna riconoscere che la salute globale è una sola, quella fisica e psichica, quella ambientale, animale e umana, quella individuale e delle comunità” il richiamo. “Queste dimensioni sono interdipendenti su diversi piani: organico, ecologico e politico”. Guarda verso sud, Roberta Rughetti, dell’ong Amref Health Africa. “Nel continente a oggi ci sono un totale di cinque milioni di contagi e un numero inferiore di decessi rispetto ad altre aree del mondo”, sottolinea, “ma bisogna considerare la forte sottostima dei casi e dei decessi per Covid-19 e gli effetti di quello che è ancora in corso”.


L’incontro è l‘occasione per guardare oltre, cominciando dai prossimi appuntamenti nei quali l’Italia avrà la possibilità di dettare l’agenda. Secondo Maria Grazia Panunzi, presidente di Aidos, l’Associazione italiana donne per lo sviluppo, c’è una dimensione di genere che anche durante la pandemia del nuovo coronavirus non è stata indagata e compresa appieno. La prossima ministeriale del G20, questo il suo appello, “deve assumere un forte impegno a favore della salute delle donne e delle ragazze, in particolare per i diritti sessuali e riproduttivi e per il contrasto alla violenza”.

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