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L’Africa e la zavorra del debito che mette a rischio la ripresa post-Covid-19

La questione del debito sarà uno dei fattori che determineranno la strada dello sviluppo africano. E l’Italia, con la presidenza di turno del G20, intende portarla sul tavolo dei grandi del mondo perché affrontare i nodi del debito del continente significa risolvere il futuro del mondo.

La questione del debito sarà uno dei fattori che definiranno la strada dello sviluppo africano. Un fattore determinante, a causa del maggiore indebitamento sperimentato nell’anno del Covid-19 e del contemporaneo calo dei prezzi di commodities e materie prime sui mercati internazionali. A sottolinearlo sono diversi autorevoli osservatori, a certificarlo è stata la Banca africana di sviluppo (Afdb). “Per evitare che si tratti di un altro decennio perso e per costruire economie resilienti dobbiamo affrontare le sfide del debito e della finanza per lo sviluppo in partnership con la comunità internazionale” ha scritto il presidente di Afdb Akinwumi Adesina. Il responsabile della principale istituzione finanziaria africana ha espresso questo suo pensiero all’interno dell’edizione 2021 dell’African Economic Outlook, il rapporto che ogni anno fa il punto sulla salute economica del continente e sulle sue prospettive. Che tale questione sia di significativa importanza e necessiti contemporaneamente di risposte immediate, è un fatto che in Italia ha trovato porte spalancate. In un contesto di mobilitazione internazionale a sostegno dei Paesi africani nella gestione della pandemia e data l’importanza della cooperazione bilaterale sul piano sanitario nell’ambito del Partenariato italiano con l’Africa, il dossier del debito troverà spazio nell’agenda multilaterale dell’Italia in un anno di particolare rilevanza come questo che vede il nostro Paese alla presidenza di turno del G20.

La Presidenza italiana del G20 sul tema “People, Planet and Prosperity” conta infatti di prestare particolare attenzione all’alleggerimento del debito, soprattutto a beneficio dei Paesi africani, ai quali sarà dedicata una colazione di lavoro nel corso della riunione ministeriale in programma a Matera il 28 e 29 giugno. A Matera saranno invitati Algeria, Marocco Tunisia e Niger oltre che i ministri degli Esteri di Repubblica democratica del Congo e Rwanda, Presidenti di turno rispettivamente dell’Unione Africana e del Nepad, il Programma dell’Unione Africa per lo sviluppo socio-economico del continente.

Akinwumi Adesina, presidente della Banca africana di sviluppo (Afdb)

Tornando all’African Economic Outlook, le previsioni in esso contenute ipotizzano per il 2021 un ritorno alla crescita economica con una media del 3,4%. A crescere di più secondo i dati della Afdb dovrebbero essere Marocco, Tunisia e Mauritius, grazie soprattutto a una prevista ripresa dei flussi turistici. Per questi tre Paesi la stima di crescita è del 6,2%. Intorno al 3 per cento sarà la crescita di Paesi come Algeria, Nigeria e Angola, le cui economie dipendono fortemente dall’esportazione di idrocarburi; stessa soglia dovrebbe raggiungere la locomotiva sudafricana. Paesi con economie più diversificate come Etiopia e Costa d’Avorio viaggeranno intorno al 4 per cento.

Le preoccupazioni riguardano invece la tenuta dei bilanci pubblici a fronte di un peso del debito che è nel frattempo cresciuto in maniera significativa. A livello continentale il rapporto medio debito/Pil è aumentato da dieci a 15 punti percentuali, con alcuni Paesi più esposti di altri. E torniamo al debito e ad Adesina. “Potrebbero profilarsi gravi sfide per il debito, e insolvenze disordinate e lunghe risoluzioni potrebbero diventare un grosso ostacolo al progresso dell’Africa verso la prosperità”, ha scritto ancora il presidente dell’Afdb sottolineando come occorra trovare strade di collaborazione anche con i creditori privati, accanto alla comunità internazionale.

I perché di queste preoccupazioni stanno nei numeri poi snocciolati nel rapporto. Nel breve periodo, ovvero tra uno e due anni, il rapporto debito/Pil in Africa passerà dal 60 (nel 2019) al 70%. Questo aumento del peso del debito, a fronte di economie più deboli a causa del Covid-19, ha già portato a dicembre 2020 almeno sei Paesi in una situazione di “debt distress” e altri 14 nel limbo dei Paesi ad alto rischio di “debt distress”. In altre parole, metà del continente è in estrema difficoltà. A questo occorre aggiungere che sta cambiando anche la geografia dei creditori. Non c’è più soltanto il Club di Parigi, ma ci sono altri attori di cui bisogna tener conto. Creato nel 1956, il Club di Parigi è un gruppo informale di organizzazioni finanziarie di 22 Paesi tra i più ricchi del mondo, che procede ad una rinegoziazione del debito pubblico bilaterale dei Paesi del Sud del mondo. Ma, come emerge dal rapporto di Afdb, ormai ci sono altri attori di peso di cui tener conto a partire innanzitutto dalla Cina. Molti dei Paesi in “debt distress” o ad alto rischio sono fortemente esposti proprio rispetto a Pechino: Gibuti (57%), Angola (49%), Repubblica del Congo (45%), Camerun (32%), Etiopia (32%), Kenya (27%), Zambia (26%). In tutti questi casi, i prestiti concessi sono collegati a collaterali che rappresentano asset importanti e che in questo modo rischiano di passare di mano. Collaterali – cioè asset dati in garanzia del prestito – che possono essere risorse naturali e future rimesse, o ancora l’uso di infrastrutture.

Nel rapporto viene appunto sottolineato che, proprio per il quadro che si è consolidato negli ultimi anni, sarebbe aleatorio non tener conto di creditori di entrambi i fronti (membri del Club di Parigi e non) per qualunque significativa ristrutturazione del debito; allo stesso tempo, viene evidenziato come, a causa del “limitato coordinamento” tra i due gruppi, non sono ancora chiare le modalità con cui poter procedere.
Appare quindi evidente come le implicazioni globali della pandemia rendano irrealistico pensare di poter superare la crisi con un approccio locale. Un approccio globale rispetto alla pandemia e ai suoi effetti economici in Africa così come nel resto del mondo è la condizione necessaria per la ripresa dell’economia internazionale. Gli appuntamenti in programma quest’anno con il G20 presentano quindi l’occasione di ribadire la centralità dei temi della governance globale e del multilateralismo quale strumento chiave per superare questa fase contingente e consentire all’Africa di riposizionarsi lungo un percorso di sviluppo resiliente e sostenibile.

 

Biografia
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.
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