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Il Partenariato per la conoscenza di fronte alla tematica ‘wash’

Acqua, salute e igiene nel contesto della giornata mondiale dell’acqua in un partenariato tra l’Agenzia italiana per al cooperazione allo sviluppo (Aics) e le maggiori università italiane.

Un uomo privato del cibo può sopravvivere sino a circa trenta giorni, privo di acqua non più di tre. Può bastare questo dato per sottolineare l’importanza che l’acqua ha nelle nostre vite, dato poi drammaticamente corroborato dai 3,57 milioni di persone morte nel 2019 per malattie legate all’acqua, l’equivalente di un Jumbo jet che si schianta ogni ora; la maggior parte di questi morti (2,2 milioni/anno) sono bambini. Ben 844 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita, l’equivalente della popolazione combinata di Stati Uniti, Brasile Giappone, Germania, Francia e Italia . Le persone senza accesso ad un sistema di fognature sono 5.113.371.000, esattamente i due terzi della popolazione mondiale . Il consumo pro-capite di acqua (impronta idrica o water footprint) è un ennesimo impietoso marcatore delle differenze fra Paesi ricchi e poveri: a fronte di una media mondiale di 1240 m3/anno/persona, si va dai 552 m3 del Congo RD ai 2.303 m3 dell’Italia ed ai 2.842 m3 degli USA (fig. 1) .

Fig.1

Ove ciò non bastasse, si consideri come i 592 bacini idrici condivisi fra più stati (transboudary aquifers, fig. 2) possano in modo temibile costituire una futura causa di conflitti fra Paesi confinanti che condividono lo stesso bacino. I fiumi della Mesopotamia di biblica memoria, Tigri ed Eufrate, entrano oggi in Iraq da Turchia, Siria ed Iran con un terzo del volume di un tempo, a causa di infrastrutture dall’impatto ambientale devastante, di un utilizzo dissennato di questa risorsa per scopi agricoli ed industriali, ed infine del cambiamento climatico .
Anche per il Nilo le variazioni climatiche e gli investimenti nel settore idroelettrico ed irriguo pongono sfide per l’utilizzo delle risorse idriche in Etiopia, Sudan ed Egitto, in un’area geopoliticamente sensibile.

Fig. 2

Tanto basta per giustificare ampiamente la scelta delle Nazioni Unite di porre il problema Wash (Water, Sanitation and Good Hygiene) fra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ed in modo altrettanto fondato la scelta dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) di dedicare a questa tematica una delle 4 piattaforme ideate alla base del progetto Pfk (Partnership for Knowledge). Lanciato nel 2019, il Pfk è una “iniziativa… che mira ad offrire un’opportunità capace di cambiare la vita a ricercatori, pubblici amministratori, imprenditori sociali e giovani leaders impegnati a sviluppare le proprie abilità professionali ed accademiche, rafforzare le proprie capacità, ampliare la propria rete sociale, ‘fare la differenza’ nei Paesi di origine e – last but not least – sperimentare la cultura italiana”.

L’offerta di borse di studio è stata suddivisa in quattro aree tematiche: Sviluppo rurale; Sanità e Wash; Energia, ambiente e sviluppo industriale; Patrimonio culturale. L’iniziativa ha avuto un grande riscontro a livello mondiale ed ha consentito di selezionare 63 studenti di Laurea Magistrale e 31 di Dottorato di Ricerca provenienti da Afghanistan, Albania, Cuba, Egitto, El Salvador, Eritrea, Etiopia, Giordania, Israele, Kenya, Libano, Mozambico, Myanmar, Pakistan, Palestina, Sudan, Tunisia. Il gruppo di lavoro sulla Cooperazione internazionale della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) ha accolto con grande favore l’iniziativa ed ha gestito la risposta di 23 atenei, coordinati rispettivamente dalle Università di Firenze, Pavia, Milano Politecnico e Roma “Sapienza”.

Gli studenti e dottorandi della piattaforma Sanità e Wash, ospitati presso le Università di Brescia, Parma, Pavia, Torino e Trieste, stanno frequentando con significativo profitto corsi che vanno da Molecular Biology and Genetics a Translational Medicine, da Neuroscience a Earth Sciences and Fluid Dynamics, da Technology for Health a Economics Finance and International Integration. Ad onta delle gravi limitazioni imposte dalla pandemia nella realizzazione di eventi comuni, resi possibili solo nei primissimi mesi, si è cercato di stimolare nei nostri studenti un senso di comune appartenenza ad un progetto di grande significato non solo per il loro futuro professionale, ma soprattutto per il loro Paese. I riscontri emersi nel corso delle numerose riunioni via web hanno confermato come l’esperienza che stanno vivendo possa davvero “fare la differenza” una volta rientrati nei loro Paesi, ed hanno testimoniato come quanto insieme perseguito da Aics e dalle Università italiane sia un’iniziativa di sicura efficacia, purché inserita in un quadro più ampio di collaborazione strategica, sinergica e sostenibile fra i diversi attori della cooperazione accademica internazionale.

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