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Diaspore, in crescita il coinvolgimento nella cooperazione

Nel 2014 le diaspore sono state riconosciute come soggetti di cooperazione e da allora è cresciuto il loro coinvolgimento nei progetti internazionali di sviluppo. A queste realtà è stato dedicato ora anche un bando, per una maggiore professionalizzazione e rappresentenza

Ponti tra due mondi, fili inscindibili, circoli virtuosi. Sono tanti gli attributi associati storicamente alle diaspore, ma come è cambiato negli ultimi dieci anni il loro ruolo in Italia? La popolazione straniera residente a inizio 2023 ha toccato i 5 milioni e 50.000 persone: l’8,6% del totale (Istat 2022), 700.000 in più di dieci anni prima. Le diaspore però non sono formate solo da cittadini stranieri, ma anche da persone figlie o discendenti di migranti. Negli ultimi 15 anni, nonostante una legge stringente sulla cittadinanza, circa 1,3 milioni di stranieri hanno acquisito il passaporto italiano (Eurostat, 2020). Un significativo, e ancora in corso, mutamento nella società italiana che è stato recepito dalla politica e dalla cooperazione.

La capacità delle diaspore di rendersi connettori e generatori di reti sociali, economiche e culturali è stata infatti formalmente riconosciuta da quasi dieci anni dalla legge che disciplina la Cooperazione italiana: la 125 del 2014. “La legge ha fornito lo spazio e noi stiamo lavorando per far sì che lo spazio sia occupato dalle diaspore, anche a livello di rappresentanza politica”, dice Cleophas Adrien Dioma, presidente dell’associazione Le Réseau, nata a Parma nel 2000 e tra le più attive nella promozione del ruolo di queste comunità all’interno della vita pubblica italiana. Le Réseau è tra gli organizzatori di Italia Africa Business Week, Ottobre Africano, Progetto diaspore, e del Roma Africa Film Festival, tutti eventi e iniziative che offrono spazio alle diaspore in Italia.

Secondo Dioma — che parla da un osservatorio privilegiato — negli ultimi dieci in particolare, è cresciuta la consapevolezza delle diaspore sull’importanza che possono avere nella cooperazione allo sviluppo. Le associazioni diasporiche sono molto più attive e presenti, soprattutto nei territori, anche al di fuori delle grandi città. Per citare solo un dato: nel 2021 sono state contate circa 1.149 associazioni con background migratorio formalmente costituite dicono gli ultimi dati del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: 569 in più rispetto alla precedente mappatura.

Il cammino delle diaspore in Italia per diventare stakeholder significativi, è però ancora lungo ed è strettamente legato agli esiti del progetto “Draft the future! Towards a diaspora forum in Italy”, finanziato e coordinato dalla Direzione generale per la cooperazione allo Sviluppo (Dgcs) del ministero degli Esteri e dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), e implementato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) insieme a Le Réseau. L’obiettivo finale del progetto, attraverso incontri come il Summit Nazionale delle Diaspore e iniziative di formazione mirata per le associazioni è la costituzione di un Forum Nazionale delle Diaspore.

Come parte di questo percorso la cooperazione allo sviluppo vuole fornire “più leadership alle associazioni delle comunità di origine straniera e ai loro Paesi di provenienza”, ha detto Emilio Ciarlo, responsabile delle relazioni esterne e della comunicazione dell’Agenzia, in occasione del Forum delle diaspore di inizio febbraio. Per questo Aics punta ad avere tra le dieci e le 15 organizzazioni della società civile (Osc) iscritte al proprio elenco di partner per i propri progetti nei prossimi mesi. Ad aprire la strada è stata la torinese Soomaaliya Onlus, la prima a iscriversi nel dicembre del 2021.

Diaspore più partecipi, tramite la cooperazione o altri canali, fanno bene sia alle imprese italiane — che possono trovare punti di appoggio per rivolgersi ai mercati africani — sia a quelle create dalla diaspora stessa, generando un circolo virtuoso che coinvolge più nazioni, dicono report ed esperti. Oltre alle rimesse dirette ci sono le rimesse sociali, che comprendono le competenze, la formazione, le idee e l’esperienza professionale acquisite nel Paese di origine e poi in quello di destinazione che possono essere reinvestite per lo sviluppo del primo. “Ci sono molti imprenditori della diaspora che hanno acquisito competenze ed esperienze nelle aziende italiane e vogliono trasportare quell’esperienza e quelle skills nei Paesi di provenienza”, testimonia Dioma. Un altro pezzo del percorso che renderà più centrali le diaspora in Africa come in Italia.

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