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Cornelius Williams: torniamo a proteggere i bambini

Intervista con il Direttore del programma Unicef per la protezione dell’infanzia. "Il Covid ha esacerbato violenza, sfruttamento e abusi sui minori. Bisogna agire adesso".

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, in sigla Unicef, è l’agenzia delle Nazioni Unite che ha lo scopo di tutelare i bambini. Oggi i minori sono vittime dirette e indirette della pandemia di Covid-19, colpiti dagli effetti della crisi economica, delle restrizioni, dei lockdown e dalla riduzione di risorse e progetti ad essi dedicati. Ma sono anche vittime di guerre e di altre forme di violenza, fenomeni che non accennano ad arrestarsi. Per fare il punto sulle sfide da affrontare, per garantire ad ogni bambino il rispetto dei suoi diritti, Oltremare ha incontrato Cornelius Williams, Direttore del programma Unicef per la protezione dell’infanzia, in occasione della sua partecipazione alla Conferenza organizzata dalla Commissione vaticana Covid-19-19 “Eradicating Child Labour, building a better future” che si terrà a Roma il 19 novembre 2021, tra l’altro, alla vigilia della Giornata mondiale dell’infanzia. Cornelius ha oltre 25 anni di esperienza nella gestione di programmi di protezione dell’infanzia nell’Africa occidentale, orientale e meridionale, con Unicefe Save the Children. In qualità di difensore dei diritti dei minori, ha partecipato a programmi di advocacy per il rispetto dei diritti dei minori, che hanno permesso di incentivare la protezione dei bambini dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali in contesti umanitari, di ridurre il reclutamento e l’uso di bambini da parte di forze e gruppi armati, nonché di garantire la registrazione dei bambini alla nascita e il loro accesso ad un’assistenza sociale di qualità e altri servizi.

Cornelius Williams

Mr. Williams, il futuro dei bambini risiede negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite. Su quali in particolare state lavorando come Unicef nell’ambito della protezione dell’infanzia?

Entro il 2030 dobbiamo mettere in atto una serie di SDG, senza i quali non possiamo garantire protezione a tutti bambini. La tutela della salute mentale e il benessere dei minori soprattutto in concomitanza della pandemia da Covid-19 (SDG 3.4); l’eliminazione di tutte le forme di violenza contro donne e ragazze (SDG 5.2); eliminazione di tutte le pratiche nocive, come il matrimonio forzato e combinato delle bambine, e le mutilazioni genitali femminili, tema quest’ultimo su cui l’Italia è molto impegnata (SDG 5.3); porre fine al lavoro minorile, compreso il reclutamento e l’uso di bambini soldato (SGD 8.7); eliminare l’abuso, lo sfruttamento, il traffico e tutte le forme di violenza e tortura contro i bambini (SDG 16.2); assicurare accesso alla giustizia per i ragazzi in conflitto con la legge (SDG 16.3); fornire un’identità legale a tutti, inclusa la registrazione alla nascita, anche al fine di prevenire la separazione familiare (SDG 16.9). Queste le priorità per la protezione dell’infanzia.

Una sfida grandiosa per un’organizzazione come Unicef. Quali sono gli ostacoli?

C’è un deficit in termini di risorse. Siamo lontani dagli impegni assunti dai paesi più ricchi in termini di percentuale dell’Rnl (reddito nazionale lordo) da destinare agli Aiuti Pubblici allo Sviluppo (Aps). Unicef ha chiesto più risorse ai suoi partner del settore pubblico, ma il Covid ha reso le cose molto più complicate. Temo, quindi, che sarà difficile convincere i governi a dare priorità ad alcuni di questi problemi, nonostante alcuni di essi siano oggi esacerbati proprio a causa del Covid.

Che tipi di interventi servono?

Innanzitutto abbiamo bisogno di conoscere la portata dei fenomeni. Sappiamo, ad esempio, che il numero di bambini vittime di sfruttamento sul lavoro è salito a160 milioni con un aumento di ben 8,4 milioni negli ultimi quattro anni. E che, in tutto il mondo, oggi ci sono circa 650 milioni di ragazze e donne che si sono sposate da bambine, di cui circa la metà in Bangladesh, Brasile, Etiopia, India e Nigeria. Ma abbiamo bisogno di informazioni più precise: Unicef collabora con gli uffici statistici nazionali, per assicurarsi che vengano svolti censimenti e indagini statistiche per comprendere più chiaramente e in dettaglio i fenomeni a livello locale e per intervenire puntualmente, indirizzando al meglio le nostre risorse.

Per quanto riguarda gli SDGs abbiamo lavorato ad alcuni piani diu intervento. Abbiamo avviato programmi per migliorare l’accesso all’istruzione, e per modificare le norme relative all’infanzia nelle legislazioni nazionali, come ad esempio fermare lo sfruttamento minorile. Coinvolgiamo i governi dove questi fenomeni sono più acuti e diffusi. Ci sono poi gruppi di lavoro su problematiche specifiche come le mutilazioni genitali femminili e il fenomeno dei matrimoni precoci. Sui matrimoni è fondamentale, ad esempio, lavorare sulla loro registrazione per monitorare l’età delle spose. Se non registriamo ogni bambina o ragazza, ne perdiamo traccia, è facile che finiscano vittime di violenza o di tratta. Servono partnership pubblico-private anche per mettere in azione le giuste tecnologie di registrazione dei matrimoni. Ma soprattutto servono leggi.

Il Covid, lo anticipava anche lei prima, ha avuto impatti tremendi sui bambini, in ogni parte del mondo, Paesi sviluppati o in via di sviluppo. Che fenomeni sono emersi dall’osservatorio Unicef?

La pandemia ha impattato un’intera generazione. Prima del 2020 gli indicatori Onu di Sviluppo Sostenibile – sebbene non alla velocità desiderata – miglioravano costantemente. Poi, da un giorno all’altro, i ragazzi e le ragazze non sono più andati a scuola, relegati in casa. Repentinamente, si sono fatti sentire gli effetti della crisi economica, che ha colpito soprattutto i più deboli. Molti servizi essenziali per i bambini più vulnerabili ed esposti ad abusi e sfruttamento sono stati soppressi. Non si tratta solo di una crisi sanitaria, ma di una crisi per la protezione dell’infanzia, meno visibile solo per il numero relativamente basso di minori ospedalizzati. E una delle conseguenze di questa crisi è un aumento vertiginoso di problemi legati alla salute mentale, i cui effetti non sono ancora completamente emersi. C’è da sperare che il lockdown non continui anche nel 2022. Vedremo gli effetti sulla salute mentale dei bambini per molti anni a venire, si tratta di un problema a lungo termine. Inoltre, molte bambine e bambini hanno subito violenza e abusi. Sono un esempio i casi di violenza domestica che hanno avuto un’impennata, così come tutti i casi di violenza nei confronti dei minori, anche se molti non vengono riportati: quando le scuole sono chiuse manca la figura dell’insegnante come intermediario per aiutare i bambini a denunciare i casi di abuso e violenza. Sappiamo anche che sono in aumento i casi di abusi online perl’apprendimento a distanza e il maggiore uso del computer. Ci aspettiamo anche un aumento di tutti quei fenomeni legati all’aumento della povertà, come il lavoro minorile e i matrimoni precoci. Per quanto riguarda questi ultimi, per esempio, abbiamo calcolato che, a causa della pandemia, entro il 2030 potrebbero aver luogo dieci milioni di matrimoni in più rispetto alle stime pre-Cocvid Queste stime sono fatte anche sulla base dell’esperienze con epidemie pregresse come quella di ebola.

Quale è il profilo delle bambine e bambini più esposti?

Coloro che vivono in famiglie con storie di abusi, in situazioni di estrema povertà e mancanza di tutela sul lavoro minorile, coloro che non hanno cure famigliari, che spesso sono in accoglienza residenziale, coloro che sono sfollati dalla guerra, i bambini migranti in una situazione di irregolarità, i bambini che chiedono asilo, i bambini con disabilità, i bambini in prigione, coloro che vivono nelle strade. Ad esempio, in Nigeria, abbiamo visto disperdersi migliaia di bambini “taleb”, coloro che studiano nelle scuole coraniche, improvvisamente chiuse. Rimasti senza dimora, abbiamo dovuto elaborare un piano con il governo per riportarli a casa.
C’è poi il tema delle minoranze, come ad esempio gli afro-caraibici in America Latina, bambini che erano già esclusi e ora si trovano ancora più emarginati.

Sono aumentate le violenze domestiche, è questo dovuto all’interruzione dei servizio sociali e di educazione..

Sappiamo che tre bambini su quattro di età compresa tra i due e i quattro anni hanno ricevuto una disciplina violenta da parte dei genitori e dei tutori primari. Il Covid ha esacerbato queste pratiche, con i genitori esasperati dal continuo variare della situazione, lockdown, riaperture, ecc.
Inoltre si sono ridotti i servizi di assistenza: dall’interruzione dell’assistenza fornita dai servizi sociali, al calo delle visite domiciliari degli operatori giudiziari. Inoltre ben 65 Paesi hanno interrotto il servizio di registrazione civile. Questa dinamica ha causato un aumento dei nuovi nati che non hanno il certificato di nascita, quindi maggiormente vulnerabili in quanto invisibili. Non solo: anche in tanti campi profughi i servizi sono stati interrotti. In Grecia, durante il lockdown, nei campi di accoglienza, molti bambini per giorni non hanno potuto incontrare gli operatori sociali. In 40 Paesi i servizi giudiziari sono collassati completamente a causa del Covid e i minori rischiano di rimanere in carcere per lunghi periodi in attesa di un equo processo.

Già prima della pandemia era in rapido aumento lo sfruttamento sessuale di minori. Il lockdown e il boom di servizi erotici online stanno accelerando questi fenomeni?

Se non riusciamo a mettere in piedi misure di protezione sociale per mitigare lo stress economico che grava sulle famiglie, si rischia un aumento di tutti quei fenomeni legati all’aumento della povertà come il lavoro minorile e lo sfruttamento sessuale. Allo stesso tempo si registra un aumento degli abusi e degli episodi di bullismo online, così come della circolazione di materiale pedopornografico. Per quanto riguarda il traffico di minori, la chiusura dei confini di molti Paesi costringe i bambini e gli adolescenti ad affrontare tratte più pericolose, diventando così più facilmente preda dei trafficanti.

La priorità per il futuro?

I bambini che vivono in paesi fragili o in conflitto come Siria, Yemen, Somalia, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Colombia, Myanmar, i minori Rohingya in Bangladesh e ovviamente l’Afghanistan.

 

Biografia
Emanuele Bompan
Giornalista ambientale e geografo. Si occupa di economia circolare, cambiamenti climatici, green-economy, politica americana. E’ Direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecologia e Oltremare. Ha scritto l’Atlante geopolitico dell’Acqua (2019),Water Grabbing – le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo (2018) “Che cosa è l’economia circolare” (2017). Ha vinto per quattro volte l’European Journalism Center  IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship, una volta la Google DNI Initiative ed è stato nominato Giornalista per la Terra nel 2015.

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