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Hiv, malaria e tubercolosi: il Fondo Globale cerca di recuperare il tempo perduto con il sostegno dell’Italia

Dopo due anni segnati dal Covid-19 e alla vigilia del settimo ciclo di rifinanziamento, Francesco Moschetta, responsabile della politica sui contesti operativi difficili del Global Fund – Fondo Globale per la lotta all’Aids, la tubercolosi e la malaria, ha tracciato a colloquio con Oltremare un bilancio dell’azione del Fondo, illustrando però anche le sfide e le prospettive future

La pandemia di Covid-19 ha messo a dura prova i sistemi sanitari già fragili di molti Paesi, ma in questo modo ha evidenziato la necessità di un approccio più onnicomprensivo alla salute, oltre che di maggiori finanziamenti. Lo sostiene Francesco Moschetta, responsabile della politica sui contesti operativi difficili del Global Fund – Fondo Globale per la lotta all’Aids, la tubercolosi e la malaria, un partenariato che si occupa di reperire e investire fondi per sostenere la lotta contro le epidemie nei Paesi eleggibili di finanziamento, in collaborazione con governi, societa’ civile, settore privato, partner tecnici e comunita’ affette dalle tre malattie. “Se non si lavora sulla resilienza dei sistemi di salute e non si crea una visione più olistica della salute stessa, con la prossima pandemia saremo ancor più in difficolta” afferma Moschetta parlando con Oltremare. Ora però, prospetta, serviranno più finanziamenti al Fondo, con sede a Ginevra, per recuperare nel prossimo ciclo programmatico il terreno peso durante gli ultimi due anni.

“Prima dell’arrivo della pandemia sono stati fatti progressi enormi nella lotta alle tre malattie – racconta – come ad esempio la riduzione della trasmissione dell’Hiv grazie a campagne di prevenzione e di sensibilizzazione e a un più ampio accesso al trattamento, con il sostegno del Fondo Globale”. In diversi Paesi africani il Fondo ha anche fatto un lavoro di empowerment sui soggetti della società civile che rappresentano popolazioni a rischio e spesso discriminate, come gli omosessuali, i lavoratori e le lavoratrici del sesso, le persone transgender, le persone che fanno uso di droghe o la popolazione carceraria. “Finanziamo e supportiamo il funzionamento e la crescita di queste associazioni che svolgono un ruolo cruciale nella lotta all’Hiv, per la loro capacita’ di raggiungere le fasce piu’ a rischio con vari tipi di intervento, come campagne di informazione e sensibilizzazione su salute sessuale e riproduttiva e accompagnamento ai servizi sanitari” racconta Moschetta.

Di questi risultati ha beneficiato anche la lotta alla tubercolosi, malattia “che colpisce spesso persone che vivono con l’Hiv e che hanno un sistema immunitario debole”, spiega Moschetta. Anche contro la malaria – la malattia che uccide di più in Africa – il Fondo Globale “ha finanziato la distribuzione di zanzariere e la profilassi nelle donne incinte e nei bambini sotto i cinque anni, le due categorie più a rischio, in modo da ridurre la mortalità” e ha inoltre contribuito a migliorare l’accesso alle cure per gli adulti.

Con il Covid, il Fondo Globale è però stato costretto a cambiare approccio. “Fin dall’inizio della pandemia, 2020, il Fondo Globale ha utilizzato la sua flessibilità per aiutare i Paesi a rispondere alla prima ondata”, consentendo loro di utilizzare risparmi e riprogrammare i fondi per adattare rapidamente i programmi contro l’Hiv, la tubercolosi e la malaria alla nuova situazione. Inoltre, ad oggi il Fondo ha mobilizzato oltre 4,3 miliardi di dollari aggiuntivi per consentire ai Paesi di acquistare test, strumenti diagnostici e medicinali – incluso l’ossigeno – per il Covid-19, dotare gli operatori sanitari di dispositivi di protezione individuale, e rafforzare elementi cruciali dei sistemi sanitari, quali catene di approvvigionamento dei farmaci e reti di laboratori.

“Normalmente – prosegue Moschetta – le agenzie di sviluppo, di fronte a una crisi o a un’emergenza sospendono i propri interventi, in attesa degli sviluppi della situazione. Il Fondo Globale non sospende la sua azione, ma si adatta. Noi siamo un’istituzione finanziaria di sviluppo che cerca di occuparsi delle persone a prescindere dal contesto, e continua a farlo anche in situazioni di crisi. Al bisogno, cambiamo il modo di eseguire i programmi e di interagire con gli attori del Paese”. Grazie a questa flessibilità, negli ultimi anni e in diversi contesti di crisi il Fondo ha lavorato con diverse organizzazioni e agenzie umanitarie, come l’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). “Il Fondo”, afferma Moschetta, “lavora perche’ possano beneficiare delle risorse allocate anche le popolazioni rifugiate e non solamente quelle autoctone. Abbiamo avuto ottimi risultati, ad esempio, in Uganda, dove c’è una presenza importante di rifugiati dal Sud Sudan e dall’Etiopia, o in Ciad, che accoglie rifugiati dal Sudan (Darfur) e dalla Repubblica Democratica del Congo”.

Un altro punto di forza del Fondo, testimonia l’esperto italiano, è stato quello di riuscire a mobilitare fondi di altri partner tramite le proprie campagne contro le epidemie. “L’idea è valorizzare il nostro contributo facendo leva anche su altri”. Il Covid però ha impedito a molti Paesi di implementare i programmi di contrasto a Hiv, tubercolosi e malaria come previsto. “C’è stato un rallentamento incredibile sulle attività e un aumento di casi. Alcune campagne di distribuzione delle zanzariere trattate con insetticidi per la prevenzione della malaria, ad esempio, non hanno avuto luogo o sono state ritardate a causa dei lockdown” precisa Moschetta.

Per recuperare il tempo perso “bisogna da un lato avere più fondi a disposizione, dall’altro investire sui sistemi sanitari, per i quali i laboratori sono uno dei punti chiave”. Un settore importante da finanziare in futuro sarà anche “la salute comunitaria, intesa come reti locali di operatori di comunita’ impiegati in attivita’ di prevenzione e comunicazione, ma anche per il trattamento, se necessario”, spiega Moschetta.

Dal 2014, Il Fondo Globale ha poi a disposizione un meccanismo per reagire più velocemente in situazioni di emergenza. “L’obiettivo originale era assicurare che non ci fossero interruzioni di stock per il trattamento dell’Hiv e il trattamento della tubercolosi. Poi il meccanismo “è stato esteso e, ad oggi, sono stati investiti e utilizzati 76 milioni di dollari aggiuntivi, principalmente per coprire i bisogni sanitari di popolazioni rifugiate, evitando un impatto negativo sulsistema sanitario del paese che li accoglie”. Questi fondi stanno garantendo, tra gli altri, anche la continuita’ del trattamento per i rifugiati ucraini affetti da Hiv o tuberculosi ospitati in Moldavia a seguito del conflitto. 

Per finanziare la lotta contro Hiv, tubercolosi e malaria e rafforzare i sistemi sanitari dei Paesi, inclusi quelli in stato di crisi o emergenza, il Fondo Globale ha ora l’obiettivo di raccogliere 18 miliardi di dollari per il ciclo programmatico 2024-2026. Nell’ultimo ciclo di finanziamento, l’Italia si è già impegnata a donare 161 milioni di euro, con un incremento del 15% rispetto al ciclo precedente. Il nostro Paese è fortemente impegnato con il Fondo Globale fin dalla sua costituzione e ha ospitato la prima conferenza di rifinanziamento del 2005. Con oltre 1,1 miliardi di euro versati dall’inizio delle attività nel 2002, l’Italia è attualmente il nono maggior donatore pubblico dopo Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Germania, Giappone, Commissione Europea, Canada e Svezia.

Anche le organizzazioni della società civile italiana e dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi del Fondo: il finanziamento diretto di “iniziative sinergiche” con le attività del Fondo Globale è uno dei meccanismi con cui ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo sostengono l’azione del Fondo in 17 Paesi africani, spiega Francesca Fiorino, dirigente dell’Ufficio IV – Sviluppo Umano di Aics. Due specifici accordi triennali, siglati tra il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Fondo Globale, il primo nel 2017 e il secondo nel 2019, stabiliscono infatti che l’Italia, attraverso il Technical Support Spending, possa utilizzare il 5% del proprio contributo al Fondo Globale per il finanziamento diretto di “iniziative sinergiche” proposte e realizzate da Organizzazioni della Società Civile, enti pubblici e università, selezionati con appositi bandi. L’iniziativa del 5%, in questo modo, promuove la collaborazione e la partnership tra diversi attori del Sistema Italia, per rafforzare la “coerenza” dell’azione di cooperazione. Tra il 2017 e il 2021 sono stati approvati 29 progetti, che hanno coinvolto 16 soggetti esecutori tra Osc e Istituti ricerca e Università, per un importo complessivo di più di 11 milioni di euro.

L’importanza dell’azione del Fondo è sintetizzata così alla fine da Moschetta: “Ogni dollaro investito dal Fondo Globale porta 31 dollari di risparmio in termini economico-sanitari”. Inoltre, è stato calcolato che se verranno raccolti i 18 miliardi che il Fondo chiede, “altri 59 miliardi di dollari saranno messi a disposizione direttamente dai Paesi beneficiari chiamati a rispettare le condizioni di co-finanziamento stabilite dal Fondo per accedere ai suoi finanziamenti”. Il lavoro dell’organizzazione “è una leva e finora sta funzionando proprio perché i Paesi hanno mantenuto al 90-95% le promesse di co-investimento fatte”.

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