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I giovani e la biodiversità in Pakistan: un’intervista (doppia) da Milano, guardando alla COP26

Zainab Waheeb e Taimoor Siddiqui, appena adolescenti, sono in prima fila nella sensibilizzazione di istituzioni e coetanei sulle tematiche dell’ambiente. Con questo spirito e questa missione hanno rappresentato il Pakistan al Youth4Climate PreCOP26 svoltosi a Milano dal 28 al 30 settembre 2021.

Avete appena partecipato al convegno Youth4Climate, a Milano: come potreste descrivere in poche parole questa esperienza?

Zainab: Illuminante, avvincente e arricchente! Ero uno dei delegati più giovani (16 anni NdR) al Youth4Climate. Una responsabilità altrettanto importante, affrontare la difficile situazione di milioni di persone colpite più duramente dai cambiamenti climatici. L’interazione inter e intra culturale, unita all’apprendimento ad essa collegato, ne fa sicuramente una delle più grandi pietre miliari della mia vita.

Zaineeb Waheeb e il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani

Taimoor: Questo viaggio è stato meraviglioso. Ho già partecipato a eventi simili come quello nel Regno Unito nel 2019, ma questa occasione è stata più professionale e interattivo in quanto abbiamo incontrato persone provenienti da ogni Paese del mondo.

Qual è stato il vostro contributo a questo incontro?

Z: Nel quarto gruppo di lavoro, i delegati hanno discusso dei metodi migliori per rendere la società più consapevole delle sfide del clima. Ho contribuito con le mie idee trasformative degli attuali sistemi educativi globali, per garantire un’adeguata formazione sul clima per ogni individuo. Eravamo d’accordo e in disaccordo su come l’alfabetizzazione climatica dovesse essere integrata in tutte le materie rilevanti a tutti i livelli di istruzione, e le mie idee ruotavano attorno a quella di incentrare sul clima gli extra-curriculari come i corsi di arte, musica e le varie competizioni artistiche e sportive

T: “Abbiamo avuto un ruolo fondamentale nella messa a punto della dichiarazione finale. Ho avuto modo sia di avanzare suggerimenti nel mio gruppo tematico (Youth Driven Ambition) sulla scorta di quanto ho potuto analizzare in seno alla mia comunità di origine nella provincia del Sindh, sia di moderare due sottosessioni. Inoltre, ho presentato la versione pakistana della lettera globale per i giovani lanciata dal British Council, da presentare alla COP26.”

Cosa vi siete detti con i giovani della altre parti del mondo che avete conosciuto?

Z: Sono rimasta affascinata dal modo in cui ogni delegato portava con se una sfaccettatura diversa dello stesso tema centrale del clima così come lo sperimentava nelle proprie comunità. Ogni delegato aveva idee e orientamenti unici, ma tutti ruotavano attorno alla stessa questione centrale di interesse comune. Le conversazioni, tuttavia, oltre a riguardare principalmente il clima, riguardavano anche la condivisione di arti e culture e lo scambio di souvenir! Ho anche parlato di quanto sia pacifico il Pakistan, e ho ribadito i sacrifici fatti per raggiungere questa pace, che rendono questa terra sicura per i negoziati internazionali e lo sport, invitando anche molti dignitari in Pakistan!”

T: Un vero piacere incontrarci in modo fraterno. Questo ha reso quello di Milano un summit unico e differente. Abbiamo condiviso i progetti che stiamo portando avanti nelle nostre rispettive comunità. Talvolta si e’ parlato della situazione geopolitica e strategica dell’Asia meridionale, ma anche della collaborazione internazionale tra le organizzazioni che operano a livello locale e nazionale.”

Secondo te Taimoor, cosa può fare il Pakistan per proteggere la biodiversità?

T: Se si vuole, si puo’ fare, io dico sempre. A mio avviso, per una politica forte e ferma ci vuole tempo. Il nostro primo ministro, Imran Khan, è acuto e sensibile nell’affrontare la questione del cambiamento climatico e della messa in opera delle azioni di mitigazione. Secondo noi, il ministero del Cambiamento climatico deve perseguire una “Politica di non clemenza”. Il Pakistan è benedetto da un grande ecosistema di biodiversita’ che deve essere protetto ad ogni costo. Inoltre, a livello locale, va introdotto un sistema di educazione climatica trasformativa in cui i cittadini comuni possano essere istruiti sull’importanza della biodiversità e su come possono svolgere il loro ruolo per conservarla e mitigare il cambiamento climatico.”

L’attivista Greta Thunberg, che avete avuto modo di incontrare, si è rivolta ai politici e ha rimproverato loro la tendenza a parlare più che al fare fatti, al perdersi nel ‘bla bla bla’. Cosa ne pensate?

Z: I governanti hanno un approccio simbolico nei confronti del cambiamento climatico e lo trattano come una questione politica, quando in realtà, deve essere trattato come un problema per la sicurezza umana. L’Onu ha recentemente approvato una risoluzione che vuole fare dell’ambiente sicuro un diritto umano, ma spesso ciò che le Nazioni Unite dicono o fanno ha scarso impatto sulle politiche effettive che i Paesi adottano. Dopo 30 anni di bla bla bla, mi dispiacerebbe che conferenze come Youth4Climate e COP26 cadessero nel dimenticatoio appena passato l’entusiasmo, sempre tiepido. E per me, la chiave per prevenire questa dinamica è che le misure di responsabilità per i Paesi siano all’altezza delle loro promesse passate, e che queste siano prioritarie rispetto all’ impegnarsi in nuove promesse.

T: Il lavoro dei COP e di altre importanti conferenze consiste nel redigere un documento di posizione finale e indurre i loro firmatari a rispettarlo. Ma la preoccupazione principale qui è la differenza tra il Nord e il Sud del mondo. Alcuni firmatari della COP provengono da Paesi sviluppati e altri da Paesi in via di sviluppo e sottosviluppati. Poiché esiste già una distribuzione iniqua dei finanziamenti per il clima, la maggior parte dei Paesi non è in grado di rispettarla. Se ci fosse una distribuzione equa della ricchezza, non ci sarebbe timore di diversione politica. Un politico pensa sempre da cento prospettive perché guida un’intera nazione in maniera unitaria.”

Taimoor Siddiqui durante i lavori della youth4climate

La stampa vi chiama attivisti: è questa la parola giusta per descrivere il vostro impegno?

Z: “Attivista è chiunque sia appassionato/a di un determinato problema e sostenga la causa che abbraccia nella lettera e nello spirito. Non è necessario avere un milione di follower sui social media o innumerevoli inviti a più dibattiti per essere un attivista. Un attivista per il clima, ad esempio, può, a seconda della propria capacità individuale, piantare alberi come lo ha fatto di recente la Cooperazione italiana insieme al nostro governo in Pakistan, insieme ai giovani del Paese. Senza una massiccia copertura mediatica. Questo mi sembra un attivismo valido. Un attivista di genere o di educazione potrebbe forse aiutare una ragazza a frequentare la scuola e questa sarebbe una forma di impegno del tutto legittima. Quindi, credo che non sia necessario stabilire determinati criteri per diventare un attivista.”

T: Beh, le parole non possono definire i nostri impegni, ma la nostra azione sì. Siamo attivisti, mobilitatori, leader giovanili o qualsiasi altra cosa. Lavoriamo con determinazione e approccio disinteressato per portare un cambiamento sostenibile nelle nostre comunità e società.”

Cosa cercate di raggiungere con le vostre attività?

Z: “Sento il bisogno di educare con urgenza le masse sulla sfida climatica, affinché anche loro la considerino una minaccia da non sottovalutare, ne comprendano le dinamiche, cerchino di contribuire e facciano pressione sui responsabili politici affinché affrontino quella che considero la morte incombente, dato le statistiche terrificani. Vorrei inoltre che le persone alle quali ci rivolgiamo riconoscano il ruolo importante che l’imboschimento può svolgere nella prevenzione e nella mitigazione dei cambiamenti climatici, almeno quando si tratta di responsabilità individuale.”

T: “C’è bisogno ad oggi di avere delle comunità sostenibili e resilienti, che siano abbastanza sensibilizzate da comprendere l’obiettivo dell’attivismo climatico, del cambiamento climatico e della mitigazione. Comunità che si prendono cura del proprio ambiente, della biodiversità, del processo di conservazione degli spazi verdi e che abbiano coscienza climatica. So che chiedo molto, ma ho sempre puntato in alto e la natura mi ha sostenuto. Credo che “Se vuoi, puoi farcela”

Taimadoor, a tuo parere, com’è la situazione relativa alla biodiversità nella tua regione di provenienza?

T: “Arrivo da Hyderabad che è senza dubbio vulnerabile. Faccio un esempio. Negli anni passati, c’era un numero elevato di passeri domestici. Ora questi passeri domestici stanno sparendo in modo significativo: è difficile trovarne uno poggiato sugli alberi a cantare. Questo è un indice importante dell’andamento della biodiversità nella regione”.

Il vostro impegno come può essere sostenuto dalle istituzioni?

Z: “A volte basta un semplice incoraggiamento, riconoscimento e apprezzamento per un attivista. Ma purtroppo le nostre istituzioni non riescono a fornire nemmeno questo. Quando ho visto altri delegati di Youth4Climate ricevere supporto dai loro governi, in termini di guida diplomatica dai ministeri degli Esteri del loro Paese, ordini del giorno per la conferenza forniti dalle loro ambasciate, come in Italia, e speciali riconoscimenti e ruoli di leadership in tutte le iniziative giovanili e legate al clima dei loro governi nazionali, ho ripensato al silenzio totale che ho vissuto dal mio governo per i quattro mesi che hanno portato alla conferenza, e non ho potuto fare a meno di sentire che le nostre istituzioni non erano a conoscenza dell’evento stesso, per non parlare dei delegati selezionati per questo. Immagino con piacere un Pakistan in cui le ambizioni dei suoi giovani delegati ufficiali non affoghino nel rumore e nel grido della politica, della fame e dell’economia”.

T:” Credo che la collaborazione progressiva sia la chiave per la sostenibilità di qualsiasi impresa. Da sei anni sto portando avanti il ​​mio progetto per sensibilizzare le masse sull’educazione al clima. Durante questo viaggio sono stato supportato da alcune organizzazioni tra cui anche la Cooperazione italiana e l’ambasciata d’Italia in Pakistan. Tuttavia, in questo momento non vedo l’ora di avere una collaborazione adeguata da parte dell’istituzione sotto forma di finanziamento e supporto basati su progetti, al fine di continuare il mio attivismo in modo corretto e progressivo. Ora voglio ampliare la portata del mio progetto da Hyderabad a Karachi, poi fino al Sindh. E infine a livello pachistano. Ancora una volta, so che sto chiedendo molto, ma la mia determinazione a raggiungere i miei obiettivi è sempre rimasta alta e conto di raggiungere i traguardi che desidero.

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