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Insieme, più forti. Il G20 dall’Italia all’Indonesia

L’architettura sanitaria globale e la ripresa dell’economia. Ma anche l’Afghanistan e il Sud del mondo, che adesso vuole contare. Ecco le carte di Giacarta.

Recover together, recover stronger: è lo slogan scelto dall’Indonesia per la sua presidenza del G20, assunta a inizio mese al termine dell’anno “italiano”. Se è partecipata, la ripresa è più solida, il messaggio è questo. Interpretato da subito anche in continuità con l’esperienza italiana. Il 30 e 31 ottobre a Roma il primo ministro Mario Draghi aveva accolto il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat. E all’Africa, come alle altre regioni in via di sviluppo del mondo, dall’America Latina fino alle isole del Pacifico, guarda la nuova presidenza dell’Indonesia. Il punto è in evidenza in un articolo del quotidiano Jakarta Post, che chiarisce sin dal titolo come stiano le cose: “L’Indonesia invita Paesi non membri perché il G20 sia inclusivo”.

Il primo incontro si è tenuto il 7 e l’8 dicembre, in formato ibrido. Con i ministri degli Esteri e del Coordinamento degli affari economici dell’Indonesia, Retno Marsudi e Airlangga Hartarto, c’erano 38 delegati in rappresentanza di 19 governi del G20 con l’aggiunta “su invito” di esponenti di nove altri Paesi e di dieci organizzazioni internazionali. Ventitré i dirigenti giunti a Giacarta, solo una parte di quelli che dovrebbero tornare sull’isola di Bali per la chiusura dei capi di Stato e di governo fissata al 30 e 31 ottobre 2022.
Fin qui il protocollo e i numeri. Poi c’è la sostanza, a partire dall’eredità dell’ultimo anno di lavoro. Di “passi avanti” ha detto di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite l’ambasciatore Luigi Mattiolo, lo sherpa italiano, che ha aggiunto: “Anche se alcuni non sono stati i balzi giganteschi che alcuni di noi speravano, sono tutti passi nella giusta direzione che il G20 ha preso collettivamente”. In primo piano, nel suo discorso, il multilateralismo come unica scelta possibile per affrontare le “sfide globali” e la continuità dell’impegno di Roma come parte della “trojka” a sostegno della presidenza indonesiana: “Manterremo la salute, il cambiamento climatico e la lotta contro le disuguaglianze al centro della nostra posizione nel G20”.

Multilateralismo vorrà dire, come sempre, anche confronto tra agende non coincidenti. Uno scenario probabile sull’Afghanistan, Paese al centro di un vertice straordinario voluto da Draghi lo scorso 12 ottobre e per forza di cose in primo piano anche per l’Indonesia, lo Stato a maggioranza musulmana più popoloso al mondo, forse in grado di proposte agli ex guerriglieri talebani tornati al potere a Kabul, per un loro riconoscimento o anche solo per la gestione degli aiuti umanitari alla popolazione.

Posizioni divergenti potrebbero segnare anche il dossier “architettura sanitaria globale”, il primo dei tre pilastri scelti per il G20 dal presidente indonesiano, Joko Widodo, insieme con “transizione energetica sostenibile” e “trasformazione digitale”. Il capo di Stato ha promesso che l’obiettivo, in tempi di pandemia, sarà costruire “un mondo più giusto”. Un’ambizione, questa, ripresa durante l’incontro dell’8 dicembre. “Una pandemia prolungata sconvolgerà la vita delle persone e interromperà anche la ripresa economica” ha detto il ministro Airlangga, menzionando le restrizioni introdotte per la variante omicron del Covid-19. Nel suo discorso è stato centrale l’impegno contro il gap vaccinale, vale a dire le disparità nella protezione dal virus tra le regioni più ricche e più povere del mondo. L’Indonesia è stata da subito al fianco di Sudafrica e India nel chiedere una sospensione dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini, in modo da favorire un aumento della produzione delle dosi, una maggiore equità a livello globale e di conseguenza un’azione di contrasto efficace anche contro il manifestarsi delle varianti. La riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto/Omc) che a inizio dicembre avrebbe dovuto esprimersi sul punto è stata rinviata sullo sfondo dei contrasti che vedono l’Unione Europea, Germania in testa, su posizioni opposte rispetto a quelle di oltre cento Paesi. Sul punto Giacarta la sua scelta l’ha chiarita. “Vogliamo che l’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico, in particolare l’Indonesia, diventi un hub per la produzione di vaccini a base di Mrna” ha detto Airlannga. “Crediamo che tutti i Paesi con una popolazione di almeno cento milioni di persone dovrebbero avere almeno un centro per la produzione di vaccini”.

 

Biografia
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Rai, Radio Vaticana e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
www.vincenzogiardina.org
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