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Il Paese delle Aquile e la cooperazione di ritorno

L’Albania non dimentica l’impegno della cooperazione italiana e dell’Aics nei momenti più drammatici della sua storia, e ricambia nella lotta al Covid-19 inviando medici e infermieri.

La solidarietà da chi, nel passato, ha ricevuto solidarietà. Una storia esemplare di come la cooperazione internazionale per l’Italia, della quale l’Aics è stata e continua ad essere uno dei perni, è un investimento e non una spesa. E’ il caso dell’Albania. C’è memoria, c’è riconoscenza, c’è condivisione in questa cooperazione di ritorno ai tempi del coronavirus. Una storia che ha inizio il 28 marzo scorso.

“Non siamo privi di memoria: non possiamo non dimostrare all’Italia che l’Albania e gli albanesi non abbandonano mai un proprio amico in difficoltà. Oggi siamo tutti italiani, e l’Italia deve vincere e vincerà questa guerra anche per noi, per l’Europa e il mondo intero”, ha ribadito il premier Edi Rama, salutando all’aeroporto di Tirana la squadra di 30 medici e infermieri albanesi partiti per l’Italia in aiuto ai colleghi impegnati nella lotta al coronavirus nelle regioni del Nord. “E’ vero – ha aggiunto – che tutti sono rinchiusi nelle frontiere, e paesi ricchissimi hanno voltato le spalle agli altri. Ma forse è perché noi non siamo ricchi, e neanche privi di memoria, non possiamo permetterci di non dimostrare all’Italia che l’Albania e gli albanesi non l’abbandonano”. Quella del premier albanese è stata una lezione anche nei confronti di coloro che in Italia, soltanto qualche mese fa, avevano da ridire perché la nostra Protezione Civile aveva inviato aiuti per il terribile terremoto che aveva colpito il Paese sul mar Adriatico nel novembre del 2019. “Il premier Conte è stato il primo leader internazionale a telefonarmi e offrirmi tutta la sua disponibilità ad aiutarci”- aveva affermato Rama in quel drammatico frangente, aggiungendo che “l’Italia è la più naturale vicina e una grande sorella” con “una lunga, incredibile storia di continuo sostegno all’Albania”. “Sono rimasto toccato – aveva rimarcato allora Rama, visitando una tendopoli allestita a Durazzo per i senzatetto – anche dai media italiani che mi hanno contattato non per chiedermi interviste ma per chiedere come potevano esserci d’aiuto”.

Ed ora l’Albania fa qualcosa che va oltre i numeri. “So che a qualcuno in Albania sembrerà strano che 30 medici e infermieri della nostra piccola armata in tenuta bianca partano oggi per la linea del fuoco – ha detto Rama – So che 30 medici e infermieri non rovesceranno il rapporto tra la forza micidiale del nemico invisibile e le forze in tenuta bianca che lo stanno combattendo sulla linea del fuoco dall’altra parte del mare. Ma so che anche laggiù è casa nostra, da quando l’Italia e le nostre sorelle ed i nostri fratelli ci hanno salvati, ospitati e adottati in casa loro quando l’Albania bruciava di dolori immensi. Italia e Albania stanno combattendo lo stesso nemico invisibile, le risorse umane e logistiche di questa guerra non sono illimitate – ha continuato il capo del governo di Tirana – ma noi non possiamo tenerle in riserva in attesa che siano chiamate, mentre in Italia, dove si stanno curando negli ospedali anche feriti di guerra albanesi, hanno un enorme bisogno di aiuto”.

Solidarietà, cooperazione: valori ed esperienze concrete che uniscono soprattutto in tempi di crisi, non solo pandemica, come quelli che stiamo vivendo. “Voglio ringraziare il premier Edi Rama, il governo e il popolo albanese per la solidarietà che ci stanno dimostrando”, ha affermato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio accogliendo la delegazione a Fiumicino. “La solidarietà che l’Albania dimostra è un valore comune che ha fatto nascere l’Unione europea e che sta ricordando a tanti Paesi dell’Ue in questo momento”, ha aggiunto il titolare della Farnesina.

“L’Italia ha dato e ricevuto solidarietà dagli Stati Uniti alla Francia alla Germania. Ma fra tutti vorrei sottolineare quello dell’Albania, un gesto forte da un Paese a cui abbiamo dato tanto in passato”, gli fa eco il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola. “Ho avuto la fortuna di aprire a nome del governo i negoziati con l’Albania, candidata ad entrare nell’Unione europea. Una delle parole più citate nei trattati è solidarietà e credo che l’Albania abbia dimostrato di avere un gran cuore”, ha aggiunto. Un cuore, certo, ma anche una visione che accomuna il Paese delle Aquile al nostro.

Un riconoscimenti bipartisan. “Grazie al popolo albanese e al suo governo: inviando medici e infermieri hanno dimostrato una sensibilità e una generosità che non dimenticheremo”. ha sottolineato il segretario della Lega Matteo Salvini, nel corso di una telefonata al primo ministro albanese.

“Ecco che in un clima di diffidenza verso l’altro e di terrore, dove ogni giorno si contano centinaia di vittime e migliaia di nuovi contagiati dal virus, la “normalità” fa la differenza e la differenza la fa un piccolo paese, economicamente tra i più poveri d’Europa, ma non povero di spirito”, scrive Arbër Agalliu su albanianews.it. “L’Albania stessa sta attraversando un momento difficile, sta combattendo la sua battaglia contro un nemico invisibile e vile, ma nel suo piccolo ha deciso comunque di aiutare l’Italia. Non c’è un vero perché, è tutto un processo ed un percorso del popolo albanese che andrebbe spiegato. Ho deciso di chiedere l’opinione di chi mi sta intorno, genitori, amici e parenti albanesi e le risposte sono state sbalorditive. Eccone alcune: Andava fatto, è giusto così, l’Italia aveva più bisogno di noi. – Il buon vicino si vede nel momento del bisogno.
– Ci lega una storia con l’Italia, una storia centenaria, chi lo doveva fare la Grecia?
– Sono stati i primi ad aiutarci nel momento del bisogno, quando c’è stato il terremoto.
– Ci hanno accolti quando non avevamo il pane da mangiare.
– È nel nostro DNA, siamo sempre stati bisognosi d’aiuto, sappiamo che significa.
– Noi siamo un paese povero, non abbiamo soldi, ma troviamo il modo di aiutare sempre.
– Un mese fa la Von Der Leyen ha dichiarato 1,15 miliardi di euro di aiuti all’Albania dai paesi donatori, quale miglior modo per ringraziarli se non adesso.
– Un gesto che ci punta i riflettori dei media mondiali addosso e fa vedere chi siamo.
– l’avremmo fatto per qualsiasi paese, non solo per l’Italia.
– Prima gli arbëreshë, poi gli sbarchi degli anni Novanta, l’Italia ci ha sempre aperto le porte
– Siamo la 21-esima regione d’Italia, abbiamo tutti un parente in Italia o un amico italiano.
– Fatti e non parole, non solo vicinanza sui social, questo abbiamo fatto.
– Un merito va anche a chi ha deciso di inviare quest’equipe medica, una mossa oltre che ammirevole anche astuta. Il premier si è garantito un ritorno d’immagine ed ha guadagnato consensi fuori e dentro il paese.
– Da noi il vicino è sempre stato visto come un familiare e nel momento del bisogno ti apre la porta.
– Ieri lo hanno fatto gli italiani, adesso tocca a noi.
Ecco, non so se mi sono spiegato – conclude Agalliu – questo sono gli albanesi, un popolo pronto a metterci la faccia, a dare una mano nel momento del bisogno, a condividere quel poco che ha senza pensarci due volte”.

Il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi di Maio (Twitter)

“A volte chi non ha nulla è quello che ti tende la mano“, così Kledi Kadiu, il ballerino lanciato da Amici di Maria De Filippi, ha commentato orgoglioso la scelta della sua Albania di mandare medici in Italia per aiutare nella lotta al coronavirus. E all’Adnkronos, dopo che il discorso del premier albanese Edi Rama ha commosso il nostro Paese, Kledi ha detto di essere “fiero e orgoglioso del suo Paese”. “In fondo, con grande generosità, stiamo restituendo quello che l’Italia ha dato all’Albania, accogliendoci, offrendoci un futuro. È quello che è accaduto anche a me. Ripensando alla diretta del primo ministro, Edi Rama, mi viene la pelle d’oca. Le sue parole sono state commoventi. Ho messo il suo discorso sui social. Quei momenti sono diventati virali.In molti mi hanno ringraziato“.
Secondo monsignor Ottavio Vitale, da quasi 30 anni vescovo in Albania, l’iniziativa annunciata dal premier albanese Rama è qualcosa di più di un semplice gesto di condivisione tra due Paesi vicini. Si tratta di un gesto che rappresenta un monito per l’Europa, che in questo momento di difficoltà generale non riesce a trovare una posizione comune per affrontare l’emergenza Covid-19. “Gli interessi generali – ha detto il presule – devono prevalere su quelli locali”.

Colpisce alla luce di questa solidarietà di ritorno, riaccendere i riflettori sulla quantità e la qualità dei progetti sviluppati dalla cooperazione italiana in questi anni in Albania; progetti dei quali l’attivissima sede dell’ Aics di Tirana è stata vettore insostituibile. Dall’agricoltura all’istruzione, dalla sanità allo sviluppo di una imprenditorialità locale, sostegno ad aziende beneficiarie della linea di credito del Programma italo-albanese per lo sviluppo delle Pmi in Albania (Prodaps), finanziato dalla Cooperazione italiana con un credito d’aiuto di circa 44 milioni di euro. Il programma sostiene i progetti d’investimento di aziende albanesi favorendo il loro accesso al credito mediante una linea di credito agevolato e un fondo di garanzia gestiti dal ministero dello Sviluppo economico albanese. Ad oggi, il programma ha facilitato la realizzazione di 109 progetti di investimento nelle aziende albanesi, che hanno reso possibile la creazione di circa 1.500 nuovi posti di lavoro. Progetti realizzati, tanti, e altri in via di realizzazione. Con una visione, propria del “sistema Italia” della cooperazione internazionale, che va oltre l’emergenza. E’ la diplomazia del fare. Quella di cui l’Italia può andare orgogliosa. L’Albania lo testimonia. In un dare-avere virtuoso. Questa è la cooperazione di ritorno.

 

Biografia
Umberto De Giovannangeli
Inviato speciale de l’Unità, segue da trentanni gli avvenimenti, le storie e le cronache del Medio Oriente. Ha collaborato con Huffington Post e attualmente con la rivista di geopolitica Limes, Il Riformista, Globalist e Ytali. E autore di saggi sul conflitto israelo-palestinese, sulle Primavere arabe e il radicalismo jihadista.
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