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Costruiamo insieme la strategia globale contro i matrimoni precoci

L’intervento per Oltremare di Carla Garlatti, Garante per l’infanzia e l’adolescenza, dopo le Linee guida sui minori definite dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).

Con l’approvazione della legge n. 69, la cosiddetta “Codice rosso”, il 25 luglio 2019 l’Italia ha compiuto uno storico passo in avanti nella lotta ai matrimoni forzati e precoci. È stato introdotto con l’articolo 558 bis del codice penale il reato di costrizione o induzione al matrimonio, che prevede circostanze aggravanti nel caso in cui il fatto sia commesso ai danni di un minore di 18 anni con ulteriore aumento di pena se la vittima ha meno di 14 anni. La norma sanziona non solo gli illeciti consumati nel territorio nazionale ma pure quelli commessi all’estero da parte o nei confronti di cittadini o stranieri, purché residenti nel nostro Paese.

Si tratta di una previsione straordinaria e ad ampio raggio per tutelare diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sanciti dalla Convenzione di New York del 1989. Si va dalle conseguenze derivanti da violenze e sfruttamento, alle lesioni all’armonico sviluppo di bambine e ragazze. Costoro non perdono solo istruzione, salute e opportunità di vita, ma soprattutto il bene prezioso dell’infanzia. L’introduzione del reato nel codice penale italiano realizza obiettivi già fissati dalla Convenzione di Istanbul del 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica ratificata dall’Italia nel 2013.

Carla Garlatti

Eppure non possiamo dire che, da sola, l’azione repressiva sia sufficiente: entrano in gioco fattori culturali e sociali, l’appartenenza religiosa e anche il grado di istruzione delle famiglie di origine. Un luogo di prevenzione fondamentale è rappresentato dalla scuola. Il personale scolastico e i coetanei possono essere persone di cui fidarsi e alle quali confidare il disagio di dover affrontare un matrimonio forzato, se non altro a causa della giovane età del minorenne. Perché ciò avvenga è necessario però che siano svolte attività finalizzate all’inclusione e all’integrazione, anche delle famiglie. Allo stesso tempo devono essere previsti percorsi di autodeterminazione per i ragazzi, con educazione alle relazioni e all’affettività. L’investimento in istruzione dei minorenni è fondamentale.

Non si deve ritenere che il fenomeno sia circoscritto o riservato ai figli di genitori di origine straniera, originari di alcune particolari zone del mondo. I matrimoni precoci sono infatti un’esperienza vissuta da ragazzine che vivono in condizioni di marginalità e, spesso, la scelta è apparentemente “volontaria”. Ci sono ricerche condotte nelle periferie della Capitale che testimoniano come le nozze prima della maggiore età siano state registrate in numero significativo anche nei campi nomadi. Un cambio di status, questo, che si consegue attraverso il matrimonio con un “grande” e che fa pensare alle minorenni di avere protezione e sicurezza, senza preoccuparsi se ciò comporta la perdita dell’infanzia o dell’adolescenza. Va per questo prestata attenzione all’abbandono scolastico e assicurato l’intervento attivo dei servizi sociali affinché la meta del matrimonio precoce non sia percepita come rassicurante e protettiva rispetto al conseguimento di un titolo di studio.

Poi bisogna intervenire sul piano internazionale. In tale direzione va l’azione definita dall’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo (Aics) nelle “Linee guida sui minori” di aprile scorso. Queste richiedono da un lato una strategia globale per la messa al bando dei matrimoni precoci, dall’altro il sostegno alle famiglie e alle comunità per contrastarli. Senza le iniziative previste dall’Aics di welfare, attività di sensibilizzazione, servizi sociali, scolarizzazione e per un’istruzione adeguata alle adolescenti nei paesi di origine questa pratica illegale non potrà mai davvero essere eliminata.

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